Innovazione
Niente social per i minori di 15 anni, la proposta francese passa in Assemblea nazionale
Di Daniele Bernardi
Vietato l’accesso ai social network – tutti i social network – per i minori di 15 anni. Si tratta della nuova proposta di legge che è stata presentata in Francia dal deputato còrso Laurent Marcangeli del gruppo moderato Horizons.
Ad essere onesti limiti all’utilizzo delle piattaforme online sono già presenti, tanto nelle policies dei gestori quanto dei Governi: in Europa, ad esempio, la General Data Protection Regulation ha fissato il limite per aprire un account sui social network tra i 13 e i 16 anni – similmente in Italia. Ma non è sempre facile riuscire ad applicare queste regole: spesso agli utenti basta cliccare un semplice tasto per bypassare i controlli, senza che venga effettuata alcuna reale verifica. In Francia, infatti, un report del CNIL rileva che quasi 6 ragazzi su 10 tra gli 11 e i 12 anni sono presenti su almeno un social network e il primo contatto avviene per lo più verso gli 8 anni e mezzo di età.
Per rimediare, i parlamentari francesi hanno pensato questa volta a un sistema di multe a danno dei gestori delle piattaforme: al momento dell’iscrizione, infatti, per i minori di 15 anni sarà necessaria l’autorizzazione formale di genitori o tutori; qualora questo non avvenisse, il social avrà l’obbligo di bloccare il contatto, pena sanzione. Per controllare la liceità dell’iscrizione e la veridicità delle informazioni inserite, Meta, Twitter, TikTok and co. possono già utilizzare sistemi e tecniche certificate dall’Autorità di regolamento della comunicazione audiovisiva.
L’ammenda può ammontare fino all’1% del fatturato mondiale delle società, una cifra che sembra consistente ma difficilmente in vero riuscirà a smuovere le compagnie Big Tech e a spingerle ad adeguarsi ai nuovi standard, molto più probabile sarà che decidano semplicemente di pagare la multa.
Ma perché proprio 15 anni? Normalmente il limite è posto ai 16 – come riportato anche in precedenza nell’articolo – o 18 – gli anni della maggiore età. Tuttavia, in Francia è a 15 anni che i ragazzi passano dalle scuole medie a quelle superiori e – precisa Marcangeli – “coincide con la maturità sessuale”, inoltre, aggiunge: “corrisponde già all’età evocata nella legge Informatica e libertà” per cui i cittadini francesi – a decorrere dal loro quindicesimo anno di età – sono liberi di disporre come vogliono dei loro dati personali.
Nel mentre, lo scorso giovedì 2 marzo in Assemblea nazionale, 82 deputati contro 2 – praticamente all’unanimità – hanno approvato la legge vietando di possedere un account social senza autorizzazione genitoriale per tutti i minori di 15 anni. Ora la palla passa al Senato. Inoltre, nel corso del dibattito in aula, è stata votata anche l’approvazione di un emendamento che estende il divieto ai minori di 13 anni anche in presenza dell’autorizzazione dei genitori, tolte alcune “piattaforme etichettate”.
Lo scopo della legge – precisa il suo autore – “non è di introdurre una tassa anti-social”, anzi aggiunge: “oltre l’aspetto di pubblica sicurezza, l’introduzione di questa maggiore età digitale sarà anche un avanzamento concreto nel ridurre il cyber-bullismo tra i giovani”.
A dargli ragione è Divina Frau-Meigs, sociologa che, intervistata da Le Monde, ha spiegato: “In caso di trasgressione, questo limite permette di avviare un dialogo tra il minore e i suoi genitori, per segnalare che sta correndo un rischio. Questo ha una funzione educativa. Quando non c’è nulla, tutto è permesso”.
Sul caso è intervenuto poi anche il Ministro francese per la Transizione digitale Jean-Noël Barrot, che ha avvertito l’opinione pubblica dei pericoli connessi alla diffusione dei social media tra i minori: “Le prove scientifiche dei legami causali tra l’uso sfrenato dei social network e la salute mentale di bambini e adolescenti si stanno accumulando”.
La discussione è giunta anche in Italia dove un membro del Garante della Privacy – intervistato da Fanpage – ha affermato che si sta lavorando alla creazione di un sistema di verifica dell’età, senza che vengano raccolti altri dati personali: “Qui nessuno sta proponendo di identificare gli utenti con SPID o in altro modo all’atto dell’accesso a una piattaforma digitale. L’identità sarebbe, eventualmente, trattata esclusivamente ai fini dell’accertamento dell’età dalla ‘terza parte fidata’ per il tempo strettamente necessario”.
Il Governo ha in effetti già ripetutamente preso delle posizioni marcate in favore della tutela dei dati sensibili degli utenti: prima la proposta di consentire ai commercianti di rifiutare pagamenti con Pos al di sotto dei 60€, poi quella di abolire l’identità digitale SPID, non resta dunque che seguire questa nuova vicenda e scoprire insieme come andrà a finire.