Innovazione
Neuralink, il primo chip nel cervello umano genera tanti punti interrogativi
Di Giampiero Cinelli
A dire il vero, di stimolare elettricamente il cervello per fini medici si parlava già da almeno due decenni. Ma quando a farlo è Elon Musk, la faccenda assume un altro sapore. Non lo si percepisce puramente come un passo avanti nel settore sanitario, i cui “trucchi” sono appannaggio degli esperti in camice bianco, ma come un avvenimento futuristico e dal sapore fantascientifico.
Aspettative alte
A veicolare queste sensazioni Musk ci mette parecchio del suo, parlando di potenzialità telepatiche e di potenziale fusione uomo-macchina. Nemmeno troppo strano alle sue latitudini, dove ricchissimi imprenditori dal background tecnologico persuadono loro stessi e gli altri di scenari transumanisti. Eppure secondo gli esperti la tecnologia sviluppata da Musk con la sua azienda Neuralink potrebbe essere la più avanzata rispetto agli altri prototipi. Soprattutto quando caldeggia la nascita di un microprocessore a servizio dell’attività personale nella sua interezza, che ha bisogno solo di leggere il pensiero.
Il microchip impiantato
L’eureka del magnate è arrivato in questi giorni, comunicando di aver impiantato il primo chip wireless nel cervello di un uomo con arti paralizzati. Esperimento che, a detta di Musk, ha permesso al paziente di raggiungere «picchi neuronali». La prova ha destato soddisfazione, tanto che il patron di Tesla è andato con la mente a Stephen Hawking, il grande scienziato tetraplegico, coinvolgendo il pubblico a pensare quante potenzialità potrebbero esserci a beneficio di un individuo come lui.
Come funziona
Il modello di Neuralink si basa su un impianto di 64 fili meno sottili di un capello che contengono chip, la rete va ad applicarsi sulle aree del cervello deputate al movimento. Parallelamente una macchina comunicherà (appunto senza cavi) con i chip impiantati facendo fede alla mappa neuronale impostata, la quale potrà aggiornarsi di volta in volta.
Andare oltre la cura
Se questo aiuterà le persone a svolgere movimenti che non riuscirebbero a fare sarà già un risultato straordinario, ma la chiave innovativa che Elon Musk propone riguarda le modalità di comunicazione tra il cervello e la macchina. Davvero si potrà comunicare e agire toccando il telefono o altri device? Quest’idea viene chiamata anche “internet delle cose”, ma serve a scopi molto più ordinari, spesso domestici. Metterla invece al servizio di una rivoluzione nel rapporto con gravi condizioni cliniche affascina, ma pone anche scetticismo.
I dubbi
L’autorizzazione del Food and Drug Administration, quella che per noi sarebbe l’Agenzia italiana o europea del Farmaco, è infatti arrivata dopo non poche difficoltà. Anche in seguito alle controversie sui test clinici su animali, che pare abbiano causato la morte di 1.500 bestie, tra cui pecore, scimmie e maiali. Le ricerche di Musk erano state discusse dalla affermata rivista scientifica Nature in alcuni articoli, in cui comunque si mette in chiaro che Neuralink non ha ancora fornito sufficienti prove a supporto dei suoi obiettivi (manca infatti una peer review, cioè la revisione di altri scienziati), né dato una esauriente descrizione dell’approccio tecnico perseguibile.
Le riflessioni di Nature
In un editoriale pubblicato su Nature nell’ottobre 2020, emergeva la necessità di riportare tutto su un piano realistico e più rigoroso prima di parlare di fusione con l’intelligenza artificiale o di effetti causati solo attraverso il pensiero. In un passaggio infatti si legge: «I sogni di Neuralink di fondere l’intelligenza artificiale con il cervello umano richiederanno enormi passi avanti nella neurobiologia, come l’identificazione dell’attività neurale collettiva alla base di specifici compiti cognitivi, la comprensione dei meccanismi della neuroplasticità, la decodifica efficiente di segnali stabili e la progettazione di impianti che riducano l’effetto del corpo estraneo. Nel frattempo, gli ingegneri continueranno a fare progressi, soprattutto attraverso un’attenta ricerca e sviluppo, e raramente attraverso invenzioni veramente originali o scoperte fondamentali. Anche se meno celebrati, i miglioramenti cumulativi possono rivelarsi un passo da gigante».
Non solo Neuralink
I primi risultati pare fossero già arrivati prima di Neuralink, che deve vedersela con diversi concorrenti. Un’indagine condotta un anno fa aveva individuato già 42 casi di impianti elettronici installati. Il primo caso noto risale al 2016 quando l’allora presidente Barack Obama, in visita al Medical Center dell’Università di Pittsburgh, scambiò un saluto con il pugno chiuso con Nathan Copeland, paziente tetraplegico. Ma la vera epifania nell’ambito dell’interfaccia cerebrale dovrebbe essere nel 2004, quando Blackrock Neurotech ha installato la prima di una serie di interfacce cervello-computer. Strumenti di questo tipo infatti sono già usati da molti malati, ma hanno funzioni limitate e specifiche.
Gli altri pionieri
Anche gli altri fanno passi avanti. l’École Polytechnique Fédérale de Lausanne in Svizzera, pare abbia consentito a un uomo paralizzato di camminare semplicemente pensando, grazie all’installazione nella colonna vertebrale e nel cervello di impianti elettronici, che potrebbero comunicare wireless con i piedi e le gambe. La scoperta è stata pubblicata proprio sulla rivista Nature nel maggio 2023.
Musk ha la fiducia degli esperti
Il prodotto di Musk però come detto ha le carte in regola nel futuro per battere tutti gli altri e già si mostra efficiente, con le capsule delle dimensioni di una moneta. Ulteriori accertamenti sono necessari sulla fattibilità di rimuovere un chip malfunzionante.
Speculazioni o rischi concreti?
Il campo interessa a tanti e anche altri magnati come Jeff Bezos vi stanno investendo. Per questo si sono sollevate peraltro questioni etiche e preoccupazioni, dovute ai possibili sviluppi disonesti che certe tecnologie permetterebbero. Non solo curare i malati ma anche plasmare a proprio piacimento le strutture cerebrali? Sembra un film distopico ma la prudenza, conoscendo l’animo umano, non è mai troppa.