Innovazione

Moda sostenibile: la nuova tecnologia della tintura senza acqua

12
Gennaio 2024
Di Ilaria Donatio

Secondo l’Agenzia Europea per l’ambiente, il settore tessile è responsabile del 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei processi di tintura e finitura a cui i prodotti sono sottoposti. Per non parlare del lavaggio di capi sintetici che rilascia, ogni anno, 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari. Il settore è il secondo più grande inquinatore al mondo, dopo il petrolio.

Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo.

Sul banco degli imputati la fast fashion (letteralmente “moda veloce”) ha portato a un forte aumento della quantità di indumenti prodotti, utilizzati e poi scartati: 150-180 miliardi di capi di abbigliamento all’anno, circa 50 pezzi a testa in media all’anno. Troppi: indumenti di scarsa qualità a prezzi bassi.

Esiste, dunque, un’exit strategy: poter scegliere un tessuto di buona fattura, che magari duri il più a lungo possibile e non sia destinato a essere scartato velocemente, appare un orizzonte plausibile.

D’altra parte, già Diana Vreeland – giornalista Usa, considerata un’icona di stile negli Anni ‘70 – diceva che “Un vestito nuovo non conta nulla. Conta la vita che conduci mentre lo indossi”. E attraversata dalla pandemia, vessata dall’inflazione e depressa dalla perdita del potere d’acquisto dei consumatori, quella degli ultimi tempi, come vita, non è andata granché bene.

Quale soluzione, dunque? Innanzi tutto, aprire nuove frontiere per la sostenibilità dei processi produttivi nel campo della moda. Come sta già facendo Keeling, un giovanissimo marchio di abbigliamento da uomo ispirato al mare, progettato a Firenze e appartenente al gruppo internazionale Sealand International (che a sua volta è dentro Hercules Holding) e che ha aperto la strada a una tecnologia all’avanguardia per risparmiare acqua ed energia elettrica.

Sealand International, l’azienda a cui fa capo, genera ricavi per 150 milioni di dollari, con una filiera che conta circa 300 dipendenti. E ha scommesso su Keeling mettendo in campo investimenti di circa 3 milioni all’anno sull’innovazione del prodotto e sulla comunicazione. Oltre che in Italia, il brand è già presente in molti Paesi dell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti. 

Al cuore della nuova tecnologia, una tintura senz’acqua: “Clean Color”, ideata da un ingegnere cinoamericano e coperta da un brevetto internazionale, registrato in tutto il mondo da Pacific Technology, anch’essa azienda di Hercules Holding, gruppo emiratino con sedi, oltre che in Italia, negli Emirati Arabi (dove si trova il quartier generale), a Hong Kong e negli Usa.

Si tratta di un sistema innovativo che permette la tintura dei tessuti con un risparmio di acqua superiore al 95% rispetto alle tecniche tradizionali e la riduzione dei consumi di energia elettrica pari al 92%: questo comporta l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica del 64%.

“Il futuro non è bellezza e moda!”, ha dichiarato David Arkless, patron di Keeling: “Il futuro è bellezza e moda che ci aiutino a salvare tutti! Sapevate che le persone che indossano ‘costumi da bagno’ sul pianeta, sono più numerose rispetto a quelle che scelgono qualsiasi altro vestito? La missione di Keeling è quella di rendere costumi da bagno sostenibili e belli!”

Già un secolo fa, la grande stilista Coco Chanel – che da piccola aveva conosciuto la miseria in un orfanotrofio – insegnava che la moda non era mai fine a se stessa: “La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti”, diceva, “la moda è nel cielo, nella strada, la moda ha a che fare con le idee, il modo in cui viviamo, quello che ci succede attorno”. 

La moda che non è sostenibile non ha futuro.

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