Innovazione

La Maker Faire accende il tema delle competenze innovative. Tagliavanti: sono il nostro punto debole

13
Ottobre 2021
Di Alessandro Caruso

«Era nata nove anni fa come una fiera di smanettoni, adesso è diventata un evento di cartello del settore innovazione», Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di Commercio di Roma, sintetizza così la Maker Faire, che si è conclusa domenica scorsa nella Capitale. Una rassegna che racconta, in sostanza, la vita del futuro e che proprio per questo riscuote attenzione e genera curiosità da parte del pubblico, ma anche delle imprese, piccole e grandi, e delle istituzioni. E il motivo è anche dovuto alla grande domanda di competenze innovative necessarie alla transizione digitale.Il prossimo anno sarà la decima edizione e la Camera di Commercio, organizzatrice e promotrice della fiera, pensa a qualcosa in grande: «La logica della nostra fiera è “più siamo e meglio stiamo”. Vogliamo coinvolgere sempre più player pubblici e privati. C’è spazio per tutti in questo evento che deve diventare l’asse portante delle strategie del futuro».

Presidente, come è andata questa edizione?

«Siamo molto soddisfatti. Abbiamo chiuso con oltre 21mila presenze, mentre sulle partecipazioni online dobbiamo ancora quantificare. Ma tra social e canali istituzionali abbiamo visto un grande traffico. Sono numeri importanti che dimostrano una grande sensibilità del pubblico e degli stakeholder nei confronti dei temi dell’innovazione».

Chi è il pubblico della Maker Faire?

«È un mondo che deve essere messo a sistema perché ha un enorme potenziale di crescita. Ma bisogna essere coraggiosi e visionari. Come Ernesto Nathan, il sindaco di Roma dei primi del Novecento che concepì il distretto industriale dell’Ostiense, dove è stata ospitata oggi la Maker Faire. Sembra un segno del destino. All’epoca qui fu creato il quadrante energetico, che era fondamentale per lo sviluppo della metropoli di allora. Oggi hanno ospitato noi, che portiamo avanti la ricerca sulle tecnologie per costruire il futuro».

A proposito, tra poco Roma avrà un nuovo sindaco. Cosa chiedete per favorire lo sviluppo di questo settore?

«Di non governare Roma come se fosse un condominio. Il nuovo sindaco, con la sua amministrazione, dovrà porsi una domanda: come vivranno le future generazioni? Per immaginare la risposta dovranno coinvolgere e sostenere la comunità degli innovatori».

 Che valore ha il mercato dell’innovazione?

«Per dirlo dobbiamo misurare l’aumento di produttività, perché l’innovazione si diffonde a macchia d’olio in ogni impresa, anche piccola, dove dalle attrezzature fino al rapporto con i clienti vengono innestati dei metodi innovativi e tecnologici. Ha una definizione molto estesa. Ma la produttività in Italia non cresce da oltre 20 anni, proprio per un rapporto deficitario con l’innovazione. Nell’ultimo anno però qualcosa sta cambiando, ho notato dei dati interessanti sull’export. Sono fiducioso che tra un anno con gli effetti del Pnrr avremo degli effetti confortanti».

Sicuramente la formazione di maggiori competenze digitali aiuterebbe.

«Questo è un tema cruciale. Basta fare un esempio: la nostra Camera di Commercio monitora l’andamento del mercato del lavoro a Roma e ci sono oltre 240mila offerte di lavoro. Ma sappiamo che oltre un terzo di queste resterà insoddisfatto per la mancanza di competenze specifiche. È un problema vero, che rivela il fallimento del nostro sistema formativo. Mi riferisco agli Istituti tecnici e professionali, che in Italia da anni non riescono a lavorare come dovrebbero. E non mi meraviglia che il Presidente Mario Draghi tempo fa li abbia inseriti nel mirino delle strategie del Governo sulle politiche dell’istruzione».

Adesso c’è la grande opportunità del Pnrr. Cosa auspicate?

«Un sostegno alle neoimprese innovative. Solo a Roma ogni anno ne nascono 50mila, ma sono deboli. Queste attività vanno sostenute in termini economici, fiscali, legislativi e formativi. Sono una risorsa strategica per la costruzione di quell’ecosistema digitale che è ancora fragile in Italia».

È d’accordo sulla considerazione che per innovare in modo definitivo il paese bisogna iniziare con l’innovare la Pubblica amministrazione?

«Certamente. Anche se il Covid da questo punto di vista ha costretto anche il sistema paese ad adeguarsi ai processi digitali. Lo abbiamo visto nella gestione dei vaccini, nel green pass digitale, nell’assegnazione dei bonus. È un grande passo in avanti. Ma finora il ricorso al digitale e, in generale, alle soluzioni innovative, è stato una reazione di difesa di fronte a uno stato di necessità. Ora è il momento di andare all’attacco. Il Fondo monetario internazionale ha dimostrato di avere molta fiducia sulla nostra economia. Non deludiamoli».

Il prossimo anno ci sarà la decima edizione della Maker Faire. Sarà un compleanno importante. Cosa avete in mente?

«Questo evento anni fa non aveva la stessa rilevanza. Sta crescendo. Era nato in un ufficio della Camera di Commercio come una rassegna dedicata agli smanettoni, poi negli anni si sono aggiunte le università, le imprese, le grandi multinazionali e le istituzioni. Adesso è una rassegna di cartello per l’intero settore dell’innovazione. Per il prossimo anno facciamo un appello a tutte le realtà che vorranno sostenere la produzione della fiera: la nostra intenzione è quella di costruire un evento di portata internazionale dedicato all’innovazione e non vogliamo custodire gelosamente questo format. Facciamo community».

Photo Credits: Maker Faire Rome