Innovazione

L’Europa e la sfida dell’intelligenza artificiale. Aziende e istituzioni a confronto

24
Luglio 2024
Di Giampiero Cinelli

L’Europa che verrà dovrà inevitabilmente confrontarsi con i passi da gigante della tecnologia, una tecnologia che oggi ancor di più, attraverso l’emergere dell’intelligenza artificiale generativa, cambierà forse radicalmente il modello produttivo ed anche la struttura sociale. Il Vecchio Continente al momento non riesce a competere nell’ambito con i giganti d’oltreoceano e con la Cina. Ma davvero bisogna preoccuparsi del gap? E stanti così le cose, com’è meglio comportarsi? Di questo si è discusso al Centro Studi Americani a Roma, nell’evento “L’Europa che verrà: quali prospettive per il Continente?”.

Meta avverte
Se si parla di intelligenza artificiale in Europa spunta il dibattito sul renderla etica e subito si pensa alle normative per regolarla (come ad esempio l’Ai Act) che sono state partorite da Bruxelles. Ma la questione è anche pratica perché i modelli continuano a essere sviluppati, specie dalle Big Tech americane, e i primi ad esserne interessati sono le imprese che operano in Europa, per i grandi potenziali vantaggi. E se la regolamentazione è troppo fitta si creano impedimenti. Lo ha confermato durante il dibattito Angelo Mazzetti, Responsabile Relazioni Istituzionali in Italia, Grecia, Malta e Cipro per Meta, annunciando che, per adesso, a causa del contesto regolatorio complesso e poco chiaro, Meta non rilascerà in Europa i nuovi modelli multimodali di intelligenza artificiale. Mazzetti ribadisce che per Meta il mercato europeo è di grande interesse e proprio per questo c’è bisogno di una semplificazione nelle circa 75 leggi anche scarsamente attuate. La divaricazione tra Pil pro capite Usa e Pil pro capite europeo si è formata negli anni proprio grazie al settore tecnologico, «pensate che addirittura il pil pro capite dello Stato più povero degli Usa ora è maggiore di quello pro capite francese», ha sottolineato Mazzetti, lasciando intendere che l’Europa deve assolutamente giocare la partita.

Cosa sta facendo l’Ue
L’europarlamentare del Pd Brando Benifei, relatore del Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale, in quanto membro della Commissione parlamentare Mercato Interno e Protezione dei Consumatori (Imco), si dice sicuro che il mercato unico europeo non verrà abbandonato dalle big tech e che bisogna solo superare alcuni ostacoli. Del resto il mercato europeo ora «si muove insieme» e quindi chi vuole starci dovrà adeguarsi. Il politico ha detto che a Bruxelles si sta lavorando ai codici etici per le intelligenze artificiali a rischio sistemico e che il criterio della trasparenza sarà fondamentale.

Come portare l’IA alla gente
Nella sala del Centro Studi sono stati ripresi i sondaggi riguardanti la percezione della gente sull’intelligenza artificiale, più del 60% degli italiani la teme e crede che possa sottrarre il lavoro. Rispetto all’uso che se ne fa nelle aziende esistono molte rilevazioni contrastanti. In alcuni segmenti di imprese più grandi si arriva anche a 2 su 3, ma nel mondo imprenditoriale di più basse dimensioni la forbice si allarga parecchio arrivando in alcuni sondaggi a 1 su 15. Ecco perché è bene innanzitutto che la cittadinanza sia supportata nel capire cosa ha davanti e aiutata a sviluppare un rapporto familiare con la nuova tecnologia, come ha suggerito Giorgio De Rita, Segretario generale del Censis.

Secondo la deputata Debora Bergamini non c’è nessuna nazione più adatta dell’Italia a legiferare sulla mediazione tra umano e macchina. Proprio per la tradizione del nostro Paese nei mestieri ma allo stesso tempo nella cultura antropocentrica. Bergamini si augura che si impari dagli errori fatti e ha reputato incoraggiante l’impegno attuale sul tema di Consiglio D’Europa e Ocse. Come esempio di compromesso lucido ha citato la linea per cui l’IA potrà aiutare nel lavoro giudiziario ma l’interpretazione finale spetta al giudice.

Gli approcci
Davvero è un problema la postura europea sull’IA e la scarsa presenza di aziende Tech nel territorio comunitario? Da un punto di vista di primato economico certamente sì, ad ogni modo i sistemi si devono rapportare alla velocità di ogni singola area mondiale e le diverse velocità hanno bisogno di trovare armonia tra loro. Anche di questa questione si è parlato, tenendo presente che l’Europa sull’implementazione dell’IA impatta poco, ma sa inquadrare la questione e riflette su come indirizzarla, mentre la Cina ad esempio è forse anche più lenta, sebbene costante nei suoi progetti vista la sua struttura decisionale. Gli Usa vanno più veloci, sebbene in modo un po’ altalenante, in base ai cambi di presidenza. Fino a Obama la legislazione europea e americana sulle nuove tecnologie digitali era simile, la distanza è iniziata con Trump. Tutto conduce alla faccenda su quanto bisogni lasciare libero lo sviluppo del mercato dell’IA per renderlo forte e intervenire in un secondo momento a regolamentare. In America l’approccio è questo a differenza degli Stati europei.

L’impegno dell’Acn
La giusta misura non può comunque tralasciare l’imperativo della sicurezza nazionale e continentale. Lo ha ricordato al Centro Studi Americani Massimo Marotti, Capo del Servizio Strategie e Cooperazione per l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn). Marotti ha fatto presente la stretta collaborazione tra italiani, francesi e tedeschi per la sicurezza dei Cloud, testimoniando la sintonia che c’è con l’equivalente agenzia americana, che ha le stesse competenze delle realtà Ue. Tra gli obiettivi principali c’è l’individuazione di un proficuo rapporto tra intelligenza artificiale e cyber security.

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