Innovazione
“Città future”, il webinar di QN per comprendere l’innovazione nelle nostre città
Di Daniele Bernardi
Lo scorso 15 settembre, Quotidiano Nazionale, il gruppo editoriale che comprende La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, ha organizzato il webinar “L’innovazione come leva di crescita e inclusione” per comprendere meglio il fenomeno della transizione digitale e il digital divide che da essa consegue. La conferenza appartiene al ciclo di incontri “Città future”, per comprendere le smart cities e i fenomeni che vi intercorrono.
Le transizioni digitale ed ecologica sono ormai una realtà ma non per questo poco sofferte. Se infatti in un primo momento hanno riguardato principalmente grandi compagnie o scelte politiche di alcuni paesi, ormai riguardano tutti. In economia, ad esempio, è il turno ora delle piccole e medie imprese (PMI), le quali tuttavia si stanno trovando a cambiare tanto la propria gestione e organizzazione interna quanto le proprie relazioni con fornitori e clienti senza un’adeguata struttura alle spalle. Sono principalmente due i problemi che le PMI devono affrontare quando decidono di intraprendere le proprie transizioni: una complessa e pesante burocrazia e la mancanza di competenze tecniche.
Il webinar arriva in soccorso di queste imprese. Stefano Fasani, fondatore di Open-es, presenta infatti la propria piattaforma: l’obiettivo è accompagnare le aziende accrescendo le loro competenze e alleggerendo il loro carico burocratico. Se ognuno cercasse di risolvere da solo il problema della sostenibilità con i propri partner, spiega Fasani, si creerebbe paradossalmente un danno, bisogna creare una convergenza tra vari attori del tessuto imprenditoriale, finanziario, associativo e istituzionale. Le aziende possono accedere alla piattaforma in modo totalmente gratuito e sono già 7.500 le imprese che lo hanno fatto, di queste ben il 75% sono PMI.
Ma Open-es non è l’unico aiuto che la tecnologia può fornire alle imprese. Uno dei problemi più comuni per un’azienda, soprattutto nelle sue prime fasi di vita, consiste nella ricerca di capitali. Change Capital è la risposta a questo problema. Si tratta di una piattaforma online in cui, solo scrivendo il numero della propria partita IVA, l’algoritmo mostra quanta liquidità potrebbe ricevere l’azienda e tutte le possibili diverse soluzioni di finanziamento, comprese quelle a fondo perduto. Dalla piattaforma è poi possibile chiedere l’investimento direttamente, anche se Change Capital mette al servizio dei propri clienti anche un team di esperti e consulenti che guidano il cliente nella scelta della miglior soluzione di investimento. La formula preferita dalla società, spiega infatti Francesco Brami, CEO e Co-founder di Change Capital, è la cosiddetta «Human tech – ovvero – il giusto connubio tra la parte umana e quella tecnologica». Gli imprenditori vanno educati, informati di queste nuove soluzioni. È proprio qui che entra in gioco la parte umana, «noi spieghiamo al cliente i nostri prodotti e i benefici dei nostri prodotti» afferma Brami.
La parte sull’educazione degli imprenditori è molto importante. «Non c’è solo un digital divide delle tecnologie ma un digital divide delle conoscenze: se porto il 5G in ogni aerea d’Italia, posso anche ottenere effetti nulli se la popolazione non è formata alla dimensione di appartenere ad un ecosistema digitale». Sono queste le parole del Prof. Simone Ombuen durante la conferenza di Città future. Il concetto secondo Ombuen è che siamo pieni di stimoli conoscitivi e cognitivi oggigiorno ma manchiamo dei mezzi per recepire questi stimoli, per assimilarli. E in questo modo il bombardamento di informazioni diventa inutile. L’Italia è indietro da questo punto di vista: spiega sempre Brami che solo il 5% delle imprese italiana ha ad oggi preso contatto con prodotti Fintech (come la sua piattaforma). Si tratta tuttavia di numeri in crescita: la pandemia ha portato molte persone e aziende ad avviarsi verso una maggiore digitalizzazione dei processi interni.
Il passo essenziale ora sarà trasformare quello che è stato straordinario ed emergenziale in ordinario e normale, a partire dallo smart working, una pratica che ha visto e vede oggi molti dipendenti, dalla big company alla PMI, tutti in grado di lavorare da casa. A tal proposito, Paolo Barberis, fondatore di Nana bianca e Dada, ha affermato: «La soluzione è portare il cuore oltre l’ostacolo e arrivare alla digitalizzazione dei processi: che tutti al lavoro riusciamo ad utilizzare i mezzi digitali». Chissà che non sia presto realtà.