In Parlamento
Pnrr, il Senato discute il decreto per l’attuazione. Si corre per le risorse
Di Giuliana Mastri
La partita del Pnrr l’Italia non la vuole perdere. Il Senato ha discusso il decreto legge sull’attuazione del Pnrr, che va a ristrutturare la governance amministrativa del piano. Il decreto deve avere il via libera definitivo entro il 25 aprile. Il 13 Aprile l’assemblea di Palazzo Madama tornerà a riunirsi per il seguito del dibattito e la prevedibile approvazione per poi passare la palla alla Camera.
Le novità
A differenza di adesso, con il coordinamento sostanzialmente portato avanti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, si accenterà il controllo a Palazzo Chigi con l’obiettivo di snellire l’approvazione dei progetti. Non solo, il testo fa fronte anche alla necessità di personale necessario, estendendo i contratti degli addetti assunti nella Pubblica Amministrazione fino a due anni e dando la possibilità di stabilizzare alcune risorse umane strategiche per le competenze. Dal 2008 ad oggi il personale della Pa si è ridotto dell’8%, ecco perché il decreto permetterà anche al personale dirigenziale in pensione di assumere di nuovo un ruolo. Gli enti attuatori, inoltre, potranno nominare commissari straordinari se in difficoltà.
La ristrutturazione è stata oggetto di dibattito, perché il passaggio di consegne sembra a chi non sta al governo al contrario un elemento che rallenta iter impostati fin ora in altro modo.
Sempre in ragione di rendere più dinamico l’esercizio del Piano, ci sono le proroghe di 24 mesi per i certificati, i permessi e le autorizzazioni di gli interventi per la rete a banda ultra-larga. Legata al Pnrr anche la riforma della giustizia, i cui decreti attuativi, organici alla legge Cartabia, vengono rinviati a dicembre.
Sulle tecnologie per le rinnovabili gli interventi saranno esenti dalla valutazione di impatto ambientale e sul polo siderurgico di Piombino ci saranno 41 miliardi a disposizione tra il 2025 e il 2027. Il dissesto idrogeologico sarà invece contrastato con 8,4 miliardi.
In merito all’edilizia, spunta anche l’emendamento di Azione-Idv che fa rientrare nell’edilizia residenziale anche gli alloggi universitari, sbloccando investimenti che faranno nascere circa 60.000 posti letto per gli studenti.
L’obiettivo, le insidie
Le maggioranza delle forze politiche, presumibilmente anche il Terzo Polo, alla fine diranno sì. Una parte come sprone a se stessa, l’altra come speranza e sfida degli avversari. Nei banchi dell’opposizione infatti non tutti sono convinti che i soldi vadano presi tutti se non si è in grado di spenderli per gli investimenti, questa in effetti era la preoccupazione fatta trapelare dallo stesso ministro Fitto, ma oggi in Aula Massimo Garavaglia della Lega ha esortato a spendere tutti i soldi e bene, perché siccome ora il costo degli interessi aumenta, «il ritorno degli investimenti deve essere maggiore del suo prezzo» Perdere le risorse sarebbe poi per Garavaglia un grande vulnus a livello di immagine e credibilità. Sul tema delicato del bilancio del Pnrr è intervenuto anche Carlo Cottarelli del Pd, il quale ha ricordato come sia necessario finalizzare le modifiche al sistema giudiziario senza rinunciare ai finanziamenti, dato che, secondo il senatore, il loro costo sarebbe ad ogni modo agevolato rispetto a quello dei tradizionali finanziamenti sui mercati. Il debito che si genererebbe è dunque più desiderabile se messo a frutto con un processo di riforme.
La replica di Fitto
«Il decreto legge si inserisce in una visione» e non in una necessità occasionale, ha spiegato in replica il Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto, spiegando come il provvedimento vada a facilitare anche altre questioni amministrative in rapporto alle risorse comunitarie al di là del Pnrr, come gli incagli sulle risorse sui Fondi di Coesione, che nel Piano sono aggregati (Il Pnrr è associato ai Fondi nazionali di Sviluppo complementari, ai Fondi di Coesione e ai Fondi per la Politica Agricola comune). C’era da intervenire perché Bruxelles e la Corte dei Conti hanno evidenziato ritardi, solo il 34% delle risorse ricevute sono state spese.
Fitto ha rimarcato ai più critici che l’Unione delle province italiane e l’Associazione dei Comuni italiani avevano espresso un parere favorevole al decreto. Il ministro poi ha negato che il testo smantelli le Unità di missione. «Il Mef mantiene il ruolo di coordinamento, non stiamo smantellando – ha risposto – e la soppressione dell’Agenzia di Coesione con il trasferimento delle competenze è stata una scelta consapevole, del resto non stava avendo risultati». Sul rischio da lui paventato della non completa spesa delle risorse non si è nascosto, ritenendo che senza la modifica di alcuni capitoli di spesa, quanto descritto al 2026 può accadere ed è meglio dirlo prima per evitare la corsa ai colpevoli un domani. Per non perdere i progetti validi, Fitto ha proposto di trattenere i Fondi di Coesione che saranno rendicontati al 2029 e indirizzarli sul RePowerEu, il canale dedicato agli investimenti energetici.
Inoltre, a giudicare dalle parole del ministro, non è certo che le nuove norme di affidamento diretto sugli appalti possano sempre applicarsi agli appalti del Pnrr. Su questo Raffaele Fitto discuterà con i tecnici di Bruxelles.