In Parlamento / Politica
Meloni faccia a faccia coi leader per riformare lo Stato
Di Giampiero Cinelli
«Gli scenari sono presidenzialismo, semipresidenzialismo e premierato». Questa la principale cornice che Giorgia Meloni illustra ai media nel primo giorno di colloqui a Montecitorio con i partiti di opposizione per le riforme istituzionali. «Il sistema presidenziale, che voi conoscete – spiega la leader di Fratelli D’Italia – è un presidenzialismo in senso stretto con elezione diretta del presidente della Repubblica, che è anche capo del governo. Poi Il semipresidenzialismo sul modello francese, quindi elezione diretta del presidente della Repubblica che nomina un capo del Governo, oppure c’è l’opzione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio che in questo caso mantiene in capo al Parlamento l’elezione del presidente della Repubblica, che mantiene il suo ruolo di personalità super-partes e di contrappeso».
A tu per tu con Conte
La prima delegazione con cui se ne discute è quella del M5S, rilevante tra i gruppi d’opposizione, che tramite Giuseppe Conte si dichiara non chiusa al dialogo, ma che pone alcune questioni alla Premier: «Abbiamo detto al governo che ci sembra una assoluta contraddizione perseguire un progetto di autonomia regionale differenziata spinta che svuota le funzioni di governo a favore delle Regioni e poi rafforzare i poteri e le prerogative del governo centrale». Conte sottolinea: «Abbiamo condiviso una diagnosi su alcune criticità, riconosciamo queste criticità a partire dal problema dell’instabilità degli esecutivi, ma non è emersa una condivisione” sulle soluzioni». L’ex premier fa sapere che i grillini si sono «dichiarati anche disponibili, per quanto riguarda il metodo, a un dialogo su una commissione parlamentare costituita ad hoc. E anzi raccomandiamo questo percorso, per un motivo semplice. Le commissioni Affari costituzionali sono già oberate da tantissimo lavoro e se si vuole procedere a discutere di queste prospettive è assolutamente raccomandabile costituire una commissione che possa, con continuità e costanza, dedicarsi a questa prospettiva. Adesso aspettiamo aggiornamenti da parte del Governo, al quale abbiamo dato 11 proposte specifiche dirette, ad esempio, a evitare cambi di casacca, e a promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini attraverso il rafforzamento degli istituti referendari propositivi».
Meloni e il Terzo Polo
«Per adesso Meloni ha detto che nel programma hanno messo il presidenzialismo ma che è disponibile ad ascoltare per fare un lavoro più ampio possibile. C’è una disponibilità ad ascoltare e a discutere», dice Carlo Calenda a rappresentanza del Terzo Polo. L’ex ministro mette in chiaro: «Se si parla di riforme istituzionali, per noi si parla di federalismo senza accelerate. Noi non faremo alcun Aventino, sarebbe illogico e incoerente farlo. Credo che sia importante che le opposizioni abbiano un loro dialogo, ci sentiremo con le altre opposizioni per condividere le idee».
Primo faccia a faccia con Schlein
Il principale partito d’opposizione, il Pd guidato ora da Elly Schlein, appare piuttosto disallineato nel colloquio con Giorgia Meloni. Sembra chiara la distanza da un’idea di Stato ben diversa da quella che conosciamo oggi. «Non è una priorità del Paese. Bene rafforzare la rappresentanza e la stabilità – dichiara alla stampa Schlein – magari riformando la legge elettorale, senza liste bloccate, con la sfiducia costruttiva, ma non a scapito dei “pesi e dei contrappesi”, del parlamento e soprattutto ai danni del presidente della Repubblica. Non siamo per ridimensionare il ruolo del presidente della Repubblica verso un modello di un uomo o un donna sola al comando». Poi rimarcando: «La forma parlamentare va migliorata, non superata. Non crediamo si possa affrontare una discussione così rilevante a compartimenti stagni. Abbiamo esposto questo tema con forza all’esecutivo: non possiamo dire che fino a qui il confronto ci sia stato, mentre procedono con forzature su autonomia differenziata e – pare – anche sulla riforma degli enti locali». A giudicare dalle dichiarazioni della nuova segretaria, un forte ostacolo per il governo verso un processo di riforma potrebbe essere proprio il Partito Democratico. Ad ogni modo riformare la Repubblica è sempre stato faticoso per gli esecutivi, che negli anni passati si sono dovuti scontrare con le differenti sensibilità, gli interessi e anche, non di meno, col consenso popolare e “la simpatia” che suscitavano negli elettori.