In Parlamento

IA, il rapporto su come utilizzarla in Parlamento

14
Febbraio 2024
Di Giampiero Cinelli

L’intelligenza artificiale può essere sia un rischio che un opportunità. Peraltro, è ingenuo pensare che la politica non se ne interessi anche ai fini della stessa attività pubblica. Ma questa deve essere al riparo dalle potenziali distorsioni e influenze in cui può essere coinvolto il decisore politico, qualora usufruisca della nuova potente tecnologia. Motivi sufficienti che hanno spinto la Camera a volerci vedere chiaro, incaricando, nell’aprile del 2023, il Comitato parlamentare di vigilanza sull’attività di documentazione, di svolgere un’attività conoscitiva e di approfondimento sui sistemi di IA. Un lavoro che ha portato alla stesura del Rapporto “L’Intelligenza artificiale a supporto del lavoro parlamentare” (scaricabile integralmente alla fine dell’articolo). Oggi a Montecitorio il documento è stato presentato. A introdurre l’incontro il presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana.

Le premesse di Fontana
Secondo Fontana l’IA deve essere «strumento e non sostituto», rimanendo «aperta, comprensibile, trasparente e partecipata». Il presidente ha notato come le differenti forze nel campo internazionale su questa tecnologia possano ulteriormente alterare i rapporti, motivo per cui ci vuole un quadro normativo che disciplini. La normativa europea è in dirittura d’arrivo e il tema è nell’agenda della presidenza italiana del G7; se ne parlerà anche al G7 dei parlamenti a Verona. Nella migliore ipotesi il «percorso normativo intrapreso anche dalla Camera valorizzerà il patrimonio legislativo e di dati», grazie a un dibattito costruttivo.

Ascani presenta il lavoro
La presidente del Comitato di vigilanza Anna Ascani ha affermato che la tecnologia va governata per la sicurezza dei dati e delle informazioni. «Né apocalittici né integrati ma consapevoli. Minimizzare i rischi e ottimizzare le possibilità». Ascani ha spiegato che la prima sezione del rapporto è una sintesi di quanto emerso a seguito dell’audizione degli esperti. Attraverso i sistemi di intelligenza artificiale LLM (Large Language Model) è stato poi ottenuto un sunto comprendente le convergenze e le divergenze nelle analisi dei tecnici. Il testo ha esaminato i profili etici e tecnologici dell’IA, le prassi nei vari parlamenti e in quello italiano nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. L’ultima parte riguarda i principi per l’utilizzo dell’IA a supporto del lavoro parlamentare.

Tali punti fermi da rispettare e predisporre, ha sottolineato la presidente, sono la trasparenza, la responsabilità umana, la formazione, la partecipazione pubblica, l’interesse pubblico, la gestione delle interferenze.

La Camera cerca progetti da adottare
Sulla scia del Rapporto, ha annunciato Anna Ascani, la Camera lancerà manifestazioni d’interesse per progetti riguardanti la documentazione e la comparazione documentale con intelligenza artificiale. Utili saranno anche potenziali strumenti di supporto ad atti di iniziativa parlamentare. Ma, appunto, «solo supporto». Dunque verrà lanciato un concorso di idee per il contributo dell’IA al rafforzamento della responsabilità e dell’inclusione. Il termine è il 31 maggio e i vincitori saranno annunciati a luglio. Grazie a loro il Parlamento avrà una base su cui progettare nuovi schemi legislativi.

Per Paolo Benanti, Consigliere di Papa Francesco e presidente della Commissione intelligenza artificiale per l’informazione, bisogna essere consci di dove si arriva quando qualcosa non ci serve prettamente a fare qualcosa, ma a cambiare il modo in cui la facciamo. Ad esempio in ambito giuridico, un IA potrebbe trovare la tendenza di un giudice a emettere un certo giudizio o scovare un vulnus nell’operato, ma qui rischieremmo di instaurare un pregiudizio ancora prima che gli eventi si sviluppino e a quel punto la macchina dovrebbe imparare che il contesto del passato non determina per forza il presente. Al di là delle criticità ci sono poi i benefici. Benanti ha fatto riferimento alla difficoltà dei Paesi Balcanici ad adattare i loro sistemi giuridici nell’integrazione europea. Quanto potrebbe essere facilitatrice l’IA in tal senso?

Rita Cucchiara, professoressa di ingegneria e informatica all’Università di Modena ha fatto notare la potenza dei meccanismi di deep face nel riconoscimento dei volti. Chiaramente un rischio per la sicurezza ma allo stesso tempo un modo di snellire le file negli aeroporti. Poi le osservazioni sui sistemi di IA che si occupano di documenti: facilitano quando ci si trova davanti a diverse etnie e a diversi sistemi legali. In relazione alla Camera, il loro utilizzo sarebbe di grande importanza nel classificare, trovare corrispondenze, isolare parti e arricchire le ricerche, non solo con approccio nozionistico ma anche di rielaborazione. Utilissimi sarebbero sommari, compendi e tutto ciò che è di supporto alle decisioni politiche. Ecco perché Cucchiara ha ritenuto che «Ogni nazione deve avere la sua IA». Non si può lasciare insomma che i modelli siano soltanto quelli resi disponibili dalle grandi aziende americane. Il nostro Paese è in grado di agire, ne ha le competenze e un’IA che si adatta alle varie culture è fruttuosa.

Gianluca Misuraca, dell’Università Politecnica di Madrid e Politecnico di Milano, ha esortato a farci carico della complessità, non pensando all’IA come un cervellone unico ma scomponendolo nei vari sistemi e pensandolo appositamente per migliorare il lavoro pubblico. La potenza dell’IA non deve spaventare e non bisogna pensare che la sua intelligenza possa effettivamente sovrastarci.



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