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FOCUS INNOVAZIONE TECNOLOGICA#1. Intervista con Carabetta : «Guardiamo oltre il Pnrr»

16
Settembre 2022
Di Andrea Sivo

Si è parlato poco di innovazione tecnologica in questa campagna elettorale. The Watcher Post, a pochi giorni dal voto, ha battezzato una rubrica dedicata al tema: sei domande per capire le opinioni dei vari schieramenti e per analizzare cosa hanno in programma di fare per colmare i vari gap italiani. Iniziamo con Luca Carabetta (M5S), coordinatore per la transizione digitale del M5S e candidato in Piemonte nel collegio uninominale 3 (la cosiddetta cintura di Torino).

Lo sviluppo delle infrastrutture digitali fisse e mobili rappresenta uno dei grandi obiettivi del Pnrr italiano. Ritiene che il prossimo Governo debba “cambiare passo” sulla questione, prevedendo, ad esempio, invece di interventi normativi estemporanei, una “Legge Obiettivo” o una “Legge Annuale sulla Transizione Digitale” che consenta di definire a livello normativo, finanziario ed operativo la realizzazione delle infrastrutture, in particolare sul 5G?
«Pensare unicamente al Pnrr è estremamente limitante. Parliamo di importantissimi investimenti che, però, andranno completati non oltre il 2026. Abbiamo diversi gap da colmare con il resto d’Europa e non sarà di certo il Pnrr a superarli tutti. Bisogna lavorare ad ampio spettro e guardare ben oltre il 2026, pensando già oggi agli interventi necessari per far del nostro Paese un ecosistema attrattivo, accogliente e competitivo. Penso ad esempio alle semplificazioni necessarie per le imprese, specie in sede di costituzione e nei primi anni di vita, a un framework più snello per chi opera nel mercato dei capitali di rischio, al confluire del risparmio italiano nell’economia reale, a norme flessibili in grado di sbloccare le tante opportunità attorno a tecnologie avanzate non ancora inquadrabili nel nostro ordinamento così rigido. Sul tema telecomunicazioni molto ancora si può fare per agevolare gli operatori nella messa a terra del Pnrr ma conosciamo bene le criticità attuali che vanno dallo shortage di personale, alle barriere normative alle difficoltà rispetto al coprire aree a fallimento di mercato. È opportuna un’azione non solo normativa ma politica per superarle».

Luca Carabetta

Altra priorità per completare la transizione digitale dell’Italia è senza dubbio la piena e integrata digitalizzazione dei servizi pubblici. Ritiene sia possibile prevedere, all’interno della riforma del Codice degli Appalti,  oggi inclusa nei programmi di molti dei principali partiti politici, dei meccanismi finalizzati a premiare le imprese (in particolare quelle del settore dell’ICT) impegnate a sviluppare soluzioni innovative per le Pubbliche Amministrazioni italiane garantendo contemporaneamente elevati standard di sicurezza e affidabilità?
«Il vero rischio di un codice appalti rigido sul digitale è la dominazione di oligopoli che porterebbe – come successo in passato – al lock in tecnologico. Norme per la sana concorrenza servono essere intese come tutele per startup e pmi e sono più che mai necessarie. Aggiungo che come sistema Italia non abbiamo nulla da invidiare rispetto ad altri paesi europei e dovremmo tutelare il nostro tessuto di imprese innovative».

Come si dovrà muovere  il prossimo Governo, a vostro parere, per spingere maggiormente lo sviluppo  delle key enabling technologies, in modo da riuscire a colmare i gap che l’Italia ancora sconta rispetto ai principali partner europei?
«Anzitutto dobbiamo riflettere sul nostro assetto istituzionale. A livello di Governo occorre un rafforzamento del Ministero della Transizione Digitale, meglio se con portafoglio e con deleghe in più come quelle sulle telecomunicazioni. È necessario inoltre rendere effettive le deleghe sul coordinamento delle politiche dell’innovazione al fine di evitare sovrapposizioni e conflitti di competenza tra ministeri diversi. Con questa regia sarà più facile realizzare un’agenda al passo con i tempi, mettendo in campo iniziative dedicate alle singole tecnologie avanzate strategiche per il Paese. Ne faccio quindi innanzitutto una questione di metodo e poi di merito. Per ultimo è necessario un governo che colga l’importanza strategica di questo settore per lo sviluppo del Paese e la cosa non è scontata».

Quali ritiene che possano essere le misure principali da mettere in campo per sostenere le imprese che decidono di investire per rafforzare i propri sistemi di cybersecurity?
«Penso che finalmente l’Italia abbia imboccato la strada giusta in ambito cybersecurity. Il completamento dell’Agenzia e il framework relativo al perimetro di sicurezza nazionale danno alla pubblica amministrazione e al mercato chiarezza nelle norme e nei processi».

Per contrastare la crisi derivante dall’aumento dei prezzi dell’energia, una delle ipotesi sul tavolo è che venga allargata la platea delle aziende cd. energivore (e che quindi abbiano benefici fiscali), ad esempio le aziende delle telecomunicazioni, uno dei settori industriali a maggior consumo energetico. Che cosa ne pensa?
«Sono favorevole agli interventi immaginati sino ad oggi ma è innegabile che di tratti di misure temporanee in un contesto che richiede interventi strutturali e una risoluzione della crisi alla radice».

La filiera delle telecomunicazioni riveste un ruolo strategico per il Sistema-Paese. Tuttavia, da anni gli operatori registrano forti difficoltà in termini di sostenibilità economico-finanziaria, a causa di un mercato ipercompetitivo e di calo strutturale dei margini e dei ricavi. Quali misure strutturali ritiene siano prioritarie per arginare tali difficoltà e permettere alle aziende di continuare ad investire per completare la diffusione delle reti e dei servizi di connettività su tutto il territorio nazionale e raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione previsti dal Pnrr?
«Sappiamo che sarà difficile rispettare le tempistiche Pnrr rispetto alle telecomunicazioni. In questo senso mi auguro che il nuovo governo non stravolga l’impostazione del piano. Abbiamo poi inserito nel nostro programma il diritto di accesso alla rete veloce tra i diritti costituzionali. Non si tratta di un intervento di mera forma. Questa misura potrebbe far scaturire investimenti e attenzioni sull’argomento essendo di rango costituzionale».




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