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Estrazione di gas nazionale, normativa incompleta. Resta bloccato 1 mld di metri cubi

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Marzo 2023
Di Alessandro Caruso

Il 31 marzo scadono i bonus bollette previsti dalla legge di bilancio, un sostegno che ha evitato a molte famiglie di dover subire la stangata dovuta all’impennata del costo del gas. Mentre il governo ha già promesso di continuare la politica dei sussidi, anche se secondo modalità diverse, c’è un tema rimasto sospeso dal primo gennaio 2023 che potrebbe contribuire all’abbassamento del prezzo del gas. Si tratta della produzione di gas nazionale, su cui ultimamente sono stati fatti passi avanti ma senza arrivare del tutto a meta.

Facciamo un passo indietro. Nel decreto Aiuti quater, approvato a novembre, venivano introdotte disposizioni per l’incremento della produzione di gas naturale nazionale. In particolare sono state sbloccate le concessioni per i siti posti nell’alto Adriatico. Si tratta di una strategica opportunità per il Gestore servizi energetici per acquistare gas nazionale a buon mercato, per diversificare ancora di più le fonti di approvvigionamento con effetti positivi, di lungo termine, per le tasche degli italiani. Parliamo di giacimenti con che a pieno regime potrebbero produrre un quantitativo superiore a un miliardo milioni di metri cubi all’anno.

Ma i titolari delle concessioni sono ancora in attesa dei decreti attuativi che stabiliscano la corretta applicazione del decreto, soprattutto in merito a due punti chiave.

Il primo riguarda il prezzo del gas nei contratti tra Gse e titolari delle concessioni. Il Gse avrebbe dovuto, infatti, stipulare dei contratti di durata massima decennale con i titolari delle concessioni, che stabilissero il prezzo di acquisto del gas a copertura dei costi totali effettivi delle singole produzioni, inclusi gli oneri fiscali e di trasporto, nonché un’equa remunerazione. Tale prezzo, stabilito con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro delle imprese e del made in Italy, era definito applicando una riduzione percentuale anche progressiva, nei limiti compresi tra 50 e 100 euro per MWh. Ma ad oggi ancora non si ha contezza né dello schema di contratto tipo con il Gse, né della riduzione progressiva di prezzo, nonché della tipologia di garanzie a beneficio dei concessionari. Alla luce degli investimenti previsti per mettere in piena produzione queste riserve di gas, i concessionari hanno bisogno di capire inoltre se l’indicazione del limite minimo e massimo del prezzo resterà comunque valida per tutti i dieci anni.

Non solo. I concessionari si sono impegnati mettere a disposizione del Gse un quantitativo di diritti sul gas corrispondente al 75% dei volumi produttivi fino al 2024 e del 50% per gli anni successivi. Questo significa che per i primi anni, finché il volume produttivo non sarà arrivato alla sua massima espressione, saranno anticipati al Gse dei quantitativi di gas estratto in altri luoghi d’Italia. Per questo i concessionari sono in attesa di sapere se tali volumi di gas anticipati saranno poi stornati dal totale dei volumi attesi futuri. Per il momento, quindi, la situazione di stallo legislativo tiene bloccati gli investimenti necessari a mettere in produzione giacimenti con un volume potenziale da 500mln di metri cubi di gas. Motivo per cui anche la politica si sta muovendo. In particolare ci ha pensato a inizio marzo l’onorevole Giulio Cesare Sottanelli (Azione) che dalla Camera ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica per chiedere, in particolare, “quali siano le effettive tempistiche di emanazione dei decreti che stabiliranno il prezzo di ritiro del gas nazionale nei contratti tra Gse e titolari delle concessioni e se il Gse possa fornire uno schema di contratto da visionare”.

Considerata la potenzialità dei siti estrattivi sbloccati nell’alto Adriatico, gli operatori restano in attesa di una celere risposta da parte del ministro. Del resto il maggior utilizzo di gas nazionale potrebbe generare effetti positivi di carattere ambientale, economico e sociale: dalla riduzione della dipendenza energetica dell’Italia, all’abbattimento delle emissioni di metano, fino a un notevole contributo alla riduzione della volatilità del prezzo del gas. E certamente anche di questo si parlerà nel Consiglio dei ministri previsto la prossima settimana.