È stata presentata ieri a New York al Palazzo di Vetro l’edizione 2022 del rapporto The State of Food Security and Nutrition in the World (SOFI), lo studio congiunto delle principali organizzazioni e agenzie specializzate delle Nazioni Unite che si occupano dei temi inerenti la sicurezza alimentare e la nutrizione. Il rapporto è stato pubblicato dalla FAO, dal World Food Programme, dall’IFAD, dall’UNICEF e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il quadro generale che emerge dal rapporto SOFI è significativamente negativo: il numero di persone che soffrono la fame è salito a 828 milioni nel 2021, con un aumento di circa 46 milioni rispetto al 2020 e addirittura 150 milioni dall’inizio della pandemia. Questo significa che Fame Zero, l’Obiettivo numero 2 dei 17 dello Sviluppo Sostenibile (SDGs) da raggiungere entro il 2030, si sta allontanando sempre di più.
I NUMERI DELLA CRISI
Il SOFI analizza oltre lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizioni nel mondo, anche le ultime stime sui costi e sul grado di accesso a una dieta sana per aumentare la resilienza delle popolazioni più deboli; in tal senso sono incluse nel report proposte ai governi per il sostegno all’agricoltura, per renderla sostenibile dal punto di vista economico e sociale. Lo scenario prospettato è catastrofico: detto del numero di persone che soffrono la fame, vediamo come la percentuale delle stesse rispetto alla popolazione mondiale ha raggiunto il 9,8 percento. Il 2021 ha visto ben 2,3 miliardi di persone (29,3 percento del totale globale) attraversare periodi di grave o moderata insicurezza alimentare, un aumento di quindi 350 milioni riferendoci al 2019, quindi allo scoppio della pandemia: di queste 924 milioni hanno affrontato gravi livelli di insicurezza alimentare.
Un tema questo anche di disparità di genere, con le donne che arrivano al 31,9 percento, rispetto al 27,6 percento degli uomini, ad aver patito l’insicurezza alimentare. La questione invece delle diete si allarga a quasi 3,1 miliardi di persone, che nel 2020 non hanno potuto permettersi una alimentazione sana, in seguito agli impatti economici devastanti della pandemia e delle misure restrittive messe in atto dai governi nazionali, che hanno portato l’inflazione dei prezzi dei generi alimentari alle stelle. L’UNICEF ha stimato che circa 45 milioni di bambini sotto i 5 anni hanno sofferto di deperimento; mentre sono 149 milioni gli infanti ad aver subito un deficit di sviluppo dovuto alla mancanza cronica di elementi nutritivi essenziali nella propria dieta, con 39 milioni di bambini in sovrappeso.
Le proiezioni per il 2030 non sono certo le più rosee. Si stimano quasi 670 milioni di persone che dovranno ancora affrontare affrontare la fame, con una diminuzione rispetto alla situazione attuale auspicando una ripresa economica globale. Siamo comunque molto distanti dallo Zero Hunger dell’Agenda 2030 lanciata nel 2015. Ad aggiungersi alla crisi pandemica, si stanno intensificando gli effetti anche della guerra in Ucraina, che stanno colpendo fortemente le catene di approvvigionamento già indeboliti da shock climatici estremi, scontri bellici ed economie sempre più in difficoltà.
La prefazione del rapporto SOFI, firmata dai cinque capi delle organizzazioni e agenzie specializzate ONU coinvolte, sottolinea come “Questo rapporto evidenzia ripetutamente l’intensificarsi di questi principali fattori di insicurezza alimentare e malnutrizione: conflitti, shock climatici estremi e economici, combinati con crescenti disuguaglianze. La questione in gioco non è se le avversità continueranno a verificarsi o meno, ma come intraprendere azioni più audaci per costruire la resilienza contro gli shock futuri”.
AGRICOLTURA: LE PROPOSTE PER PORRE FINE ALLA FAME
Il polo onusiano di Roma, comprendente la FAO, il WFP e l’IFAD ha fatto del sostegno al settore agricolo nei Paesi sottosviluppati ed in via di sviluppo una delle proprie prerogative sin dalla propria istituzione. Le politiche commerciali, di mercato e di sussidio hanno portato tra il 2013 ed il 2018 una media di circa 630 miliardi di dollari all’anno: ma questo sostegno spesso non raggiunge i singoli agricoltori, provoca danni all’ambiente e non è indirizzato verso la promozione di cibi nutrienti per una dieta corretta. Il rapporto constata come spesso i sussidi in questione sono rivolti alla produzione di alimenti come riso, zucchero e carni di vario genere, con il settore ortofrutticolo spesso dimenticato specialmente nei Paesi a basso reddito.
Ecco che tra le proposte per incentivare la ripresa economica, il sostegno verso le colture di alimenti nutrienti può essere la soluzione per favorire i livelli raccomandati di diete sane e dall’apporto nutrizionale corretto. I governi che attualmente stanno investendo risorse per la produzione, la fornitura ed il consumo di cibi nutrienti sta contribuendo a rendere le diete sane più convenienti ed eque per tutti. Un’altra indicazione contenuta nel rapporto prevede una riduzione delle barriere commerciali per frutta, verdura e legumi, parte integrante di un’alimentazione sana e bilanciata.
«I paesi a basso reddito, dove l’agricoltura è fondamentale per l’economia, per i posti di lavoro e i mezzi di sussistenza rurali, hanno poche risorse pubbliche da riconvertire», ha dichiarato il Direttore Generale della FAO QU Dongyu. A lui si è unita la voce anche di Maurizio Martina, dallo scorso anno vicedirettore generale della FAO: «Per far fronte a questa situazione in peggioramento occorre intensificare le politiche agricole soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Occorre un’iniziativa straordinaria, penso in particolare all’Europa. I passi che l’Europa sta facendo, in primis nella cooperazione con il grande continente africano, sono essenziali. Occorrerà essere molto concreti e molto operativi, spendere bene le risorse a disposizione e farlo soprattutto pensando ai piccoli e medi agricoltori di quelle terre».
Foto di copertina: WFP/Andy Higgins