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La pasta a fuoco spento, una questione di scienza, politica e gusto

12
Settembre 2022
Di Giampiero Cinelli

Con il caro energia e una guerra in corso si deve fare di necessità virtù. Ma guai a rinunciare alla pasta. Il nobel per la fisica Giorgio Parisi ha ricordato che si può cuocere la pasta anche a fuoco spento. All’inizio questo dettame ha generato una valanga di incomprensioni. C’è chi ha pensato che bastasse l’acqua fredda. No, è sufficiente solo ad ammorbidire il grano, non a cuocerlo. In realtà, il messaggio degli esperti era questo: necessario il calore, non l’ebollizione. Che la pasta possa cuocersi anche se l’acqua non continua a bollire o a salire di temperatura lo spiegava dal 2011 anche Davide Scabin, uno degli chef stellati più famosi in Italia. Lui spegne il fuoco dopo un minuto, poi lascia la pentola senza calore per il restante tempo di cottura, aggiungendo un minuto in più. Dato che non tutte le paste sono uguali e la cottura è comunque una pratica da adattare a ogni esigenza. La formula Scabin è quella 10/100/1000. Ovvero dieci grammi di sale per 100 grammi di pasta che cuociono in 1000 grammi di acqua (un litro). Lo chef infatti è anche certosino per quanto riguarda l’esatta quantità di sale, che lui predispone in apposite capsule.

La spiegazione scientifica

Gli scienziati hanno giustamente difeso Parisi, specificando che alcune variabili potrebbero comunque inficiare il processo fisico. Ad esempio la qualità della pasta, riscontrabile anche dal fatto che rilascia troppo amido rendendo bianca l’acqua, o della pentola. Inoltre, a volte capita che si utilizzino coperchi non idonei alla pentola stessa o non in grado perfettamente di imprigionare il calore. In quel caso la temperatura scende e costringe a usare più calore. Tuttavia, la legge scientifica non può essere messa in discussione. Come detto, il calore, e non l’ebollizione in sé, è sufficiente a causare la gelatinizzazione degli amidi, che avviene al di sopra dei 60°, e la denaturazione e coagulazione del glutine, quando si raggiungono tra i 70° e gli 80°. Vediamo che sono tutte temperature al di sotto dei 100 gradi, la temperatura comunemente assunta per l’ebollizione dell’acqua. Come volevasi dimostrare. E da qui arrivIamo a un’altra cosa che molti non sanno. Ossia che l’acqua non ha necessariamente bisogno di 100 gradi per bollire. 100 sono indispensabili al livello del mare, ma più si sale più ne servono meno. Da 97 fino ai 93 di Sestiere, il Comune italiano più alto (2000 metri rispetto al mare).

Divertente notare come il consiglio di Parisi abbia portato con sé varie reazioni tutte sociologicamente interessanti. Una risposta potremmo dire politica, che considerava il risparmio energetico dovuto a tale pratica irrilevante, l’anticamera dell’iconica frase “i problemi sono altri”. Poi una reazione dovuta al bisogno d’identità, intimando al chimico di non impicciarsi nella tradizione e di mettere in dubbio l’abilità dei cuochi italiani, i quali, in realtà sono in gran parte edotti circa le dinamiche di cottura. Per poi andare a un piano più individuale, emotivo e nostalgico: mia nonna mi ha insegnato così, non voglio rovinare i ricordi. Ma la scienza non può essere condizionata dall’emotività, né riesce ad accontentare tutti come la politica vorrebbe suggerire nei giorni di campagna elettorale. La questione torna spesso ad interrogarci e a dividerci, sulla falsa riga della recente e complessa vicenda pandemica.

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