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Made in Italy, i provvedimenti per combattere il conflitto russo-ucraino

25
Marzo 2022
Di Flavia Iannilli

Rispetto alle poche centinaia di milioni di euro impiegate nel 2019 per le imprese italiane nel mondo, ad oggi la Farnesina ha stanziato 5,7mld di risorse per sostenere il made in Italy. Un impegno e un risultato derivante dalla riforma del 2020 che fa convergere tutte le deleghe relative all’internazionalizzazione nel ministero degli esteri.

Sono più di 1800 le iniziative per il settore agroalimentare approvate tra il 2020 e il 2021, con un importo di circa 540mln di euro, divisi tra fondo perduto e crediti agevolati. Queste le cifre portate in evidenza dal sottosegretario agli esteri Manlio Di Stefano durante l’audizione del 24 marzo sul rilancio del made in Italy. Ma le proposte deliberate nel quadro del Pnrr non potevano tener conto dell’invasione russa.

Per questo, su input del ministro degli esteri, Luigi Di Maio, è stata istituita una unità di crisi, che vede coinvolti la Farnesina, il Ministero dell’Economia e il MISE (Ministero per lo Sviluppo economico), per sopperire alle conseguenze del conflitto russo-ucraino sull’export italiano.

Una struttura che monitorerà la situazione relativa agli interessi economici degli italiani nelle aree in cui le ostilità sono attive. Una unità che non si limiterà al rilevamento ma fornirà informazioni sulle limitazioni degli scambi, derivanti da sanzioni o misure adottate da Mosca, e individuerà strumenti che le imprese potranno utilizzare per attenuare la contrazione delle attività. Un progetto che prevede anche di sostenere, attraverso iniziative promozionali straordinarie, la ricerca di mercati alternativi.

Provvedimenti che devono far fronte ai problemi che si stanno riscontrando a danno dell’operatività delle imprese, da quelle logistiche a quelle finanziarie, con particolare attenzione all’approvvigionamento delle materie prime. Difficoltà che si erano già riscontrate con le contro-sanzioni russe adottate da Putin dall’occupazione della Crimea nel 2014.

Di Stefano specifica: «L’export italiano di prodotti agroalimentari verso la Federazione russa ha raggiunto nel 2021 il valore di 669 milioni, in aumento del 17% rispetto ai 571 del 2020». Ad oggi le criticità più grandi si registrano nel rifornimento di grano tenero, mais, olio di girasole e fertilizzanti, non a caso l’epiteto dell’Ucraina è “Granaio d’Europa”. E non solo per noi paesi “vicini” ma, sia Russia che Ucraina, garantiscono la maggioranza del fabbisogno mondiale di grano. Lo scoppio del conflitto ha fatto schizzare immediatamente il prezzo del mais che, recentemente, ha raggiunto la soglia dei 400 euro a tonnellata.

A dimostrazione dell’impegno della Farnesina, tiene a sottolineare Di Stefano, il 15 marzo si è tenuto un tavolo di ascolto del settore agroalimentare, da questo confronto sono emerse molte indicazioni utili al Ministero degli Esteri per capire quali siano le aree di intervento più importanti su cui attivarsi.

Il quadro delle conseguenze dell’invasione russa sta già danneggiando le prospettive di ripresa economica globale che erano state avanzate a seguito della pandemia. Problematiche che colpiscono il funzionamento dei traffici commerciali e questo costringe i Paesi occidentali a cercare strade diverse per rendersi indipendenti dai fornitori ritenuti “ad alto grado di rischio” come la Russia. Questo comporta un ripensamento delle filiere, diversificando le catene di approvvigionamento e ampliando la rete di rapporti commerciali dell’Unione europea.

Si spera che la riconsiderazione degli iter arrivi in maniera tempestiva, poiché, mentre i ministri del commercio dei paesi del G7 trovano una soluzione, il Granaio d’Europa brucia.

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