Food
Futurismo in cucina: a tavola brodo solare e carneplastico
Di Andrea Lombardinilo
Dinamica, sintetica, iconoclasta: la cucina vagheggiata da Marinetti e da Fillìa è un progetto provocatorio, da storicizzare in un contesto ideologico ispirato al contrasto all’esterofilia e all’autarchia. L’Antipasto intuitivo, il Carneplastico, il Pollofiat, il Brodo solare sono soltanto alcune delle creazioni elaborate dall’intellighentia futurista per accelerare un rinnovamento basato sull’azzeramento della tradizione, anche a tavola. Il pasto come happening sinestetico è un’intuizione evergreen, mutuata da alcuni chef stellati e artisti gourmet, per non parlare dei cibi liofilizzati, dei concentrati in polvere e in pillola, che anticipano l’alimentazione degli astronauti e degli atleti.
L’abolizione della pasta, «assurda religione gastronomica italiana», risponde a una strategia comunicativa tesa ad abbattere la retorica dei luoghi comuni e ad alimentare la narrazione dell’antimito. Le parole d’ordine sono dinamismo e reattività: nel Manifesto della cucina futurista (28 dicembre 1930) Marinetti sostiene che si debba seguire un’alimentazione che agevoli la digestione: «Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia».
Un mese e mezzo prima (15 novembre 1930) si era svolta la leggendaria cena futurista presso il ristorante milanese Penna d’oca, al termine della quale Marinetti aveva annunciato la traduzione francese del Manifesto della cucina futurista sulla rivista francese «Comoedia» (20 gennaio 1931). In linea con i dettami del manifesto fondativo del 20 febbraio 1909, pubblicato su «Le Figaro» al fine di «cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità», la rivoluzione della cucina futurista apre un nuovo versante di azione, forse agevolata dall’ascesa al potere di Mussolini, che determina tuttavia gli inevitabili compromessi riformatori. La nomina di Marinetti ad accademico d’Italia suona come una contraddizione in termini. Non è più il tempo di attentare ai luoghi dell’italianità, come paventato nel manifesto fondativo «Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria».
Accantonata l’intenzione di chiudere musei, scuole e università, Marinetti guarda al più “sacro” dei momenti di socializzazione, quello della tavola. La genesi della cucina futurista non è dettata da ragioni estetiche, ma anche pratiche: «Sentiamo inoltre la necessità di impedire che l’Italiano diventi cubico massiccio impiombato da una compattezza opaca e cieca». In effetti, il Manifesto della cucina futurista è redatto da Marinetti in chiave autarchica e propagandistica, sulla scorta del Manifesto della cucina futurista dello chef Jules Maincave1. Quel primo manifesto, scritto in francese, è tradotto e ampliato da Marinetti, nonostante veda la luce diversi anni dopo su «La fiera letteraria» (22 maggio 1927).
La strategia propagandistica che ispira il progetto della cucina futurista è scandito da una fitta serie di conferenze e banchetti in Italia e in Francia. Tappe fondamentali sono l’inaugurazione della taverna Santopalato e la pubblicazione, da Sonzogno, del volume La cucina futurista, a firma Marinetti e Fillìa (al secolo Luigi Colombo). Il libro dà forma a un progetto sospeso tra genialità e provocazione, sarcasmo e utopia, nel segno dell’invocata multisensorialità dell’esperienza gastronomica2.
Celebre ma infruttuoso il tentativo di italianizzare alcuni termini di origine straniera, con il cocktail che diventa una polibibita (da ordinare al quisibeve e non al bar), il sandwich ribattezzato tramezzino già da d’Annunzio, il dessert che diventa per alzarsi e il picnic pranzoalsole. L’autarchia non lede la carica rivoluzionaria del progetto gastronomico futurista, che il volume descrive nella sua dirompente carica comunicativa. Non è un caso che il libro esca qualche mese dopo la prima storica cena futurista presso la taverna Santopalato, inaugurata l’8 marzo 1931, «dopo una febbrile giornata di intenso lavoro nella cucina, dove i futuristi Fillìa e P. A. Saladin gareggiavano con i cuochi del Ristorante, Piccinelli e Burdese, nella preparazione delle vivande».
Fillìa sta alla cucina futurista come Sant’Elia all’architettura, come Balilla Pratella e Russolo stanno alla musica, Boccioni, Balla, Severini alla pittura e alla scultura, Cangiullo e Govoni alla letteratura. Tutti partecipano ad un piano di rinnovamento che vede nel manifesto e nel volantino un medium comunicativo agile e dinamico. Il battage pubblicitario e la cassa di risonanza della cena al Santopalato esaltano la dimensione provocatoria dell’operazione futurista, che è giocata su tre direttrici concettuali, sinestesia, analogia e italianità, e su alcuni accorgimenti ambientali: la fusione dei sensi, da ottenere con la diffusione di odori e aromi per accompagnare le portate; l’abbinamento dei piatti con suoni e rumori, anche con il ricorso al medium radiofonico; l’esposizione di dipinti e opere d’arte adatte a creare la giusta atmosfera; l’utilizzo di un linguaggio innovativo ed evocativo.
I ristoranti sono realizzati in pieno stile futurista, come nel caso del Santopalato, dove l’architetto Diulgheroff e il pittore Fillìa realizzano un ambiente dalle suggestioni spaziali, con le pareti rivestite d’alluminio: «una grossa scatola cubica innestata, per un lato, in un’altra più piccina: adorna di colonne semicolori interamente luminose e di grossi occhi metallici, pur luminosi, incastrati a metà parete; fasciata, per il resto, di purissimo alluminio, dal soffitto al pavimento». Tutto sembra rievocare una dimensione metallica, acuita dalla compenetrazione tra vivande, rumori e odori e dall’invocazione della chimica, con la realizzazione di «equivalenti nutritivi (gratuiti di Stato) in polvere o pillole». L’innovazione tecnologica è un tratto peculiare dell’esperienza gastronomica, sintetizzata dal menù del primo pranzo futurista:
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Antipasto intuitivo (formula della signora Colombo-Fillìa).
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Brodo solare (formula Piccinelli).
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Tuttoriso, con vino e birra (formula Fillìa).
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Aerovivanda, tattile, con rumori e odori (formula Fillìa).
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Ultravirile (formula P. A. Saladin).
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Carneplastico (formula Fillìa).
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Paesaggio alimentare (formula Giachino).
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Mare d’Italia (formula Fillìa).
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Insalata mediterranea (formula Burdese).
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Pollofiat (formula Diulgheroff).
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Equatore + Polo Nord (formula Prampolini).
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Dolcelastico (formula Fillìa).
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Reticolati del Cielo (formula Mino Rosso).
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Frutti d’Italia (composizione simultanea).
Vini Costa – Birra Metzger – Spumanti Cora – Profumi Dory.
Il Brodo solare, il Carneplastico, il Pollofiat, l’Equatore + Polo Nord, sono creazioni linguistiche dinamiche, ispirate all’ibridazione metaforica e analogica. Gli elementi organici e animali si compenetrano (almeno sul piano lessicale) con la componente meccanica, dando così vita ad una terminologia d’effetto, dal sicuro impatto. Rispetto al banchetto milanese del Penna d’oca (15 novembre 1930), «che voleva essere un elogio gastronomico del futurismo», il pranzo torinese del Santopalato si fa più sofisticato, anche nell’onomastica3: il Salmone dell’Alaska ai raggi del sole con salsa marte e la Beccaccia al Monterosa salsa Venere (Formula Bulgheroni, primo cuoco della Penna d’Oca) sono prima di tutto un’invenzione espressiva, in cui l’elemento cosmico o, per meglio dire, planetario, conferisce alla vivanda un’aura quasi sacrale. L’invenzione dell’aerobanchetto è il naturale sviluppo dell’utopia futurista di una cucina ispirata alle macchine. Durante gli aerobanchetti sono proposti piatti dai nomi iper-creativi, come Aerovivanda, il Decollapalato, il Bue in carlinga, l’Ammaraggio digestivo, il Pesce volante, i Volatili con carrello retratto, gli Accessori radionizzati e il Carburante nazionale ad alto numero d’ottano.
Quando l’onomastica futurista sposa la sintesi, la resa espressiva è garantita: si pensi al Pollofiat e, soprattutto, al Carneplastico, invenzioni lessicali che rispondono al principio della «gradazione di analogie sempre più vaste» enunciata nel Manifesto tecnico della letteratura futurista. L’impatto analogico del sostantivo doppio risponde alla necessità di cogliere le significazioni nascoste della materia, come lo stesso Marinetti sottolineava nel Manifesto tecnico della letteratura futurista a proposito delle gradazioni analogiche: «L’analogia non è altro che l’amore profondo che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e polimorfo, può abbracciare la vita della materia».
Dopo la policromia in pittura, il plasticismo in scultura e gli intonarumori in musica e radiodrammi, è la volta del polimorfismo dei piatti futuristi, in cui la sinestesia si sposa con il tattilismo e il poli-materico. La multisensorialità è uno stratagemma comunicativo, come conferma la stessa scelta di elaborare un manifesto a sé stante e la pubblicazione del volume del 1932, in un momento in cui «l’impopolarità» della rivoluzione futurista incontra invece il sostegno del regime, favorevole a iniziative contrastanti l’esterofilia.
Nel Manifesto della cucina futurista le nuove ricette descrivono la radicalità della rivoluzione gastronomica messa in cantiere da Marinetti: «L’originalità assoluta delle vivande» dipende proprio dall’originalità delle ricette, la cui descrizione acquista una decisiva funzione comunicativa, soprattutto se consideriamo le due ricette proposte nel Manifesto della cucina futurista, quelle del Carneplastico e di Equatore + Polo Nord [Marinetti, Fillìa, 2009, 32]
Esempio: Il Carneplastico creato dal pittore futurista Fillìa, interpretazione sintetica dei paesaggi italiani, è composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro disposto verticalmente nel centro del piatto, è coronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo.
Esempio: Il complesso plastico mangiabile Equatore + Polo Nord creato dal pittore futurista Enrico Prampolini è composto da un mare equatoriale di tuorli rossi d’uova all’ostrica con pepe sale limone. Nel centro emerge un cono di chiaro d’uovo montato e solidificato pieno di spicchi d’arancio come succose sezioni di sole. La cima del cono sarà tempestata di pezzi di tartufo nero tagliati in forma di aeroplani negri alla conquista dello zenit.
La ricetta futurista è un nuovo format divulgativo, che fa dell’analogismo un tratto peculiare. Per la prima volta Marinetti trasferisce alla quotidianità la missione rinnovatrice del Futurismo, investendo una sfera – quella alimentare – che non ha soltanto un valore vitale e sociale, ma anche culturale, economico, estetico, creativo. Fillìa ritiene che la dimensione gastronomica non sia meno estetica della dimensione pittorica, musicale, artistica: il piatto deve acquistare una cifra tattile e simultanea, e il gusto deve essere stimolato non soltanto dalla materia, ma anche dall’immaginazione. La ricetta futurista si afferma quindi come volano comunicativo, fondato sul potere della sintesi. Questo il marchio di fabbrica dell’utopia futurista, sospesa tra rinnovamento sociale e provocazione.
photo credits: So Wine so Food