Food / In Parlamento
Fiscalità, burocrazia e sostenibilità, i problemi dell’agricoltura nei programmi elettorali. Intervista a Nevi (FI)
Di Alessandro Caruso
L’agricoltura negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare problematiche importanti, dal caro energia, alla fiscalità, agli attacchi europei al made in Italy, fino alla questione del lavoro. La campagna elettorale è un momento di confronto anche su questi temi. Ma quali risposte propongono i programmi elettorali. Abbiamo iniziato a parlarne con l’onorevole Raffaele Nevi (FI), responsabile agricoltura del suo partito e candidato nell’uninominale di Terni.
L’attuale crisi inflattiva ha introdotto l’aumento considerevole del costo degli alimenti per i consumatori. Per arginare il problema molte aziende agricole hanno proposto di poter accedere ai benefici sugli oneri fiscali legati al costo energetico. Qual è la posizione del suo partito e della sua coalizione in merito a questo tema?
«Certamente, come FI abbiamo spinto e stiamo spingendo affinché il Governo inserisca nel prossimo decreto aiuti bis il tema della defiscalizzazione degli oneri per quanto riguarda soprattutto il costo dei carburanti agricoli e della pesca. In più abbiamo chiesto che si rivedano le aliquote IVA per cercare di tamponare questa inflazione che è sia a carico delle imprese che dei consumatori».
Il settore dell’agricoltura da tempo lamenta la troppa burocrazia legata al lavoro, dal taglio del cuneo fiscale al sostegno delle aziende che assumono. Quale approccio avrà la vostra proposta elettorale su queste problematiche?
«La burocrazia è il tema più importante che riguarda l’agricoltura, soprattutto la burocrazia legata alle erogazioni dei piani di sviluppo rurali regionali, al funzionamento della AGEA che è l’agenzia dei pagamenti. Certamente nella nostra proposta ci sarà un taglio del cuneo fiscale a sostegno delle aziende che assumono, perché siamo convinti che l’occupazione possa nascere solo se renderemo conveniente il lavoro rispetto all’assistenzialismo. Noi siamo per rivedere il reddito di cittadinanza e cercare di utilizzare le risorse per favorire l’accesso di chi non ha lavoro al mondo del lavoro, attraverso, certamente, le defiscalizzazioni che rendano tutto questo conveniente sia da parte degli imprenditori che dei lavoratori».
Le lungaggini burocratiche, inoltre, stanno rallentando gli ingressi previsti dal decreto Flussi e il settore agricolo ha bisogno di manodopera. Quali soluzioni propone il vostro programma?
«L’agricoltura ha bisogno di manodopera, dobbiamo rendere i contratti di lavoro più flessibili, nel nostro programma inseriremo la riproposizione dei voucer che sono stati degli strumenti molto importanti per il lavoro stagionale. Poi dovremmo certamente favorire, attraverso i famosi “corridoi verdi”, l’ingresso nel nostro paese di immigrati che vengono per lavorare in agricoltura».
Molte aziende agricole lamentano l’inesistenza di una politica di sicurezza alimentare comune, che diminuisca le distanze a livello europeo. Qual è la vostra idea di politica agricola comune?
«Un impegno grandissimo per quanto riguarda FI è stato e sarà in Europa, siamo convinti che in Europa ancora ci sia da combattere molto per fare in modo che si affermi una politica agricola comune che miri ad aumentare la redditività delle imprese agricole attraverso la definizione di misure che non siano solo dei divieti con il solo scopo della salvaguardia dell’ambiente. La salvaguardia dell’ambiente per noi è un pilastro ma va bilanciata con la necessità di avere la sostenibilità economica».
Sul sistema di etichettatura si sta svolgendo una grande discussione da mesi a livello europeo. Il problema è molto importante perché riguarda l’intera filiera della produzione agricola. Il vostro schieramento più volte si è pronunciato con forza in favore della protezione del made in Italy e del Nutrinform. Quali sono le vostre proposte per supportare concretamente quest’orientamento anche a livello comunitario?
«Noi continueremo a combattere per evitare che ci siano delle etichette sul modello del Nutriscore che sono l’esatto contrario di quello che serve, perché non danno un messaggio equilibrato e prescinde dalle quantità ingerite. Sappiamo perfettamente che la quantità dei prodotti che vengono mangiati è fondamentale per stabilire se un cibo fa bene o fa male. Proprio di recente, tramite il Presidente Tajani, abbiamo inviato una lettera alla commissaria alla salute, per evitare che continuino in questa direzione, con etichette allarmistiche anche sul vino, che invece è provato che, se consumato in modiche quantità fa addirittura bene alla salute».
In un periodo storico in cui vi è un grave problema relativo alle materie prime, lei crede che lo strumento degli ‘accordi di programma’ possa rappresentare un valido supporto all’industria agricola italiana? Recentemente, per quanto concerne specificatamente le colture tabacchicole, sono stati stipulati accordi pluriennali finalizzati a garantire agli agricoltori stabilità economica nel lungo periodo e formazione. È un modello che ritenete utile e percorribile anche per altre filiere?
«Noi riteniamo che ci sia sempre più la necessità di un incontro tra il settore primario e il settore industriale, attraverso anche politiche di defiscalizzazione che rendano conveniente per l’industria approvvigionarsi con prodotti italiani, che devono essere sempre più tracciati e il consumatore deve essere sempre più consapevole delle modalità con cui viene allevato un animale piuttosto che coltivata una pianta. Un modello, quello delle filiere, che riteniamo importantissimo e sul quale investiremo nel prossimo futuro».
Nel processo di transizione verso la neutralità climatica gli agricoltori rivendicano un ruolo di primo piano. È possibile introdurre una metodologia comune per la certificazione degli assorbimenti di carbonio che consenta una forma di incentivo alle imprese agricole?
«Gli agricoltori, anche attraverso le piantagioni di alcune varietà di piante, possono contribuire significativamente al consumo di CO2 e quindi alla sua riduzione. Quindi assolutamente sì, anzi, dovremmo lavorare proprio su questo nel prossimo futuro».
Anche nella transizione energetica le imprese agricole hanno una funzione strategica. Qual è la strategia da voi proposta per continuare a sostenere gli agricoltori coinvolti nella produzione energetica da biometano, biogas e rinnovabili?
«Noi abbiamo fatto e faremo nel futuro tutto ciò che è possibile per incentivare la produzione di energia dall’agricoltura, le cosiddette “bio-energie” pensiamo siano una prospettiva molto interessante, anche per aumentare la redditività delle imprese agricole. Su questo siamo da sempre impegnati e continueremo ad esserlo, soprattutto per il bio metano, biogas, le rinnovabili e anche la filiera del legno».
Avete sviluppato delle idee per incentivare l’imprenditoria agricola femminile? E quella giovanile?
«Per l’imprenditoria femminile, la collega Maria Spena è stata promotrice di una proposta di legge che, purtroppo, a causa della interruzione anticipata della legislatura, non riuscirà a nascere anche se è passata già alla Camera. Per quella giovanile siamo molto impegnati anche attraverso delle facilitazioni per quanto riguarda l’accesso ai fondi Europei che ci sono e sono anche molto sfruttati, e sono responsabili anche della grande quantità di giovani che si stanno avvicinando a questo settore».