Food

Un secolo di storia commerciale con gli USA, Ambrosoli rassicura: «Keep calm»

16
Aprile 2025
Di Giampiero Cinelli

(Intervista di Giampiero Cinelli pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Vendere un prodotto è molto più di una transazione di merci e denaro. Vuol dire scambio di fiducia e di saperi. Se poi lo si fa da 100 anni, gli acquirenti arrivano a condividere una storia, un senso. Per questo Alessandro Ambrosoli, Presidente dell’omonima azienda di miele e dolciumi, varcata la soglia dei 90 anni, ci dice che sui dazi di Trump bisogna restare calmi. Lo ripete in inglese – “Keep calm” –, lui che l’America l’ha conosciuta fin da giovane, per scoprirne le tendenze e i gusti. Ambrosoli esporta in USA da decenni e il forte impulso alla richiesta da oltreoceano si ebbe tra gli anni ’60 e ’70, quando l’impresa di Ronago affinò l’intesa con la ditta importatrice che ancora oggi rimane la stessa, preziosa per i consigli sulle tendenze dei consumatori a stelle e strisce. Così nacque l’idea di una caramella speciale, prodotta solo per gli Stati Uniti. A quel punto un mercato così vasto sembrò solcabile, crebbero i flussi di caramelle frizzanti, al miele e balsamiche, fino al consolidamento del marchio nell’immaginario degli americani.

Alessandro Ambrosoli lo fa capire: «Il mercato americano è grandissimo, fatto anche molto di canali digitali, forte non solo nei supermarket delle grandi città ma pure in provincia. Ci vogliono anni per consolidare la collaborazione con clienti rilevanti, allora è giusto non fare mosse azzardate. Se il prezzo sale ma in modo ragionevole il mercato lo accetterà. Tenete a mente che fino ad oggi il dazio sull’import di prodotti dolciari era già del 5,6%. Penso che sulla nostra categoria merceologica alla fine l’aliquota sarà bassa, perché i nostri articoli non hanno un prezzo impegnativo. I costi comunque aumenteranno anche per gli altri e bisogna vedere se a distanza di un anno-anno e mezzo, gli americani saranno ancora in grado di sostenerli. Tariffe di questo tipo portano inevitabilmente inflazione».

Ad ogni modo Ambrosoli ritiene che la trattativa con il governo americano sia indispensabile, lui si augura portata avanti dall’Europa unita, anche perché gli squilibri abbracciano un po’ tutte le aree del mondo e i costi maggiorati si spalmano sulle catene del valore globali. Se servirà il tutto per tutto per evitare un eccessivo danno, il presidente è pronto a trovare un punto d’incontro con gli importatori e a capire quanto si riesce a contenere l’aumento del prezzo finale.

Le ditte con cui lavora da tanto tempo gli hanno assicurato collaborazione, e qui torna l’importanza dei rapporti oltre gli interessi personali, come pure lo status che è stato sviluppato. Perché le esportazioni di Ambrosoli in America hanno continuato a crescere dal post-pandemia ad oggi e anche in questi mesi le aspettative sono ottimistiche. Dopo il Covid la materia prima del miele era salita di prezzo, ma la ditta ha deciso di non alzare subito i listini negli Stati Uniti. Insomma Ambrosoli e gli Stati Uniti hanno un legame, è a New York che Alessandro Ambrosoli è volato per presentare il volume sul centenario dell’azienda, ricevendo una calorosa accoglienza all’Istituto Italiano di Cultura.

L’apprezzamento ottenuto con pazienza, passo dopo passo, anche attraverso la scelta del packaging, dei colori, dei sapori; parte dei prodotti sono stati adattati al mercato statunitense, ma sempre cercando di far comprendere la qualità italiana, basata sulla naturalezza dell’ingrediente e sulla sua bontà. Un know-how che via via i compratori hanno colto, tanto che ora Ambrosoli vanta in Usa grandi clienti anche tra chi cerca prodotti per la gola e per il benessere in senso ampio.

Ascoltando il presidente Alessandro Ambrosoli si intuisce la rilevanza del bacino USA, fino al messaggio esplicito: «Questo mercato non può passare in secondo piano, aprire nuovi sbocchi è auspicabile ma un processo complesso e lento». Sul fatturato della ditta gli Usa pesano per il 20-25% e, se anche si volesse puntare di più sulla domanda interna, il mercato italiano può riassorbire secondo Ambrosoli fino a un 10% della quota. «Siamo tranquilli. Basta metterci nelle condizioni di lavorare».