Una testata giornalistica, soprattutto una testata non di mera cronaca ma di opinione come The Watcher Post, ha tra i vari compiti quello di provare a portare avanti delle campagne, coerenti col mandato editoriale. Un mandato editoriale che ha sempre avuto come obiettivo quello di tutelare, di inseguire la libertà. Perché, come diceva Pietro Calamendrei “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. In questo senso va la collaborazione con ValoreD che da sempre è impegnata sul tema della Diversity & Inclusion. La battaglia sulla Gender Equality non è una delle tante “crociate” importate da oltreoceano con nomi inglesi altisonanti. Ne capitano molte, soprattutto in ambito ambientale. È una battaglia culturale che tocca ognuno di noi, come dimostra la storia che vi racconto. Mia sorella, figlia e nipote di ingegneri, decide, ormai quasi 30 anni fa, di frequentare la facoltà di ingegneria chimica. Fin qui nulla di strano, se non che ha dovuto incontrare lo scetticismo di mia (e sua) madre perché “è una facoltà difficile e ti si prospetterebbe un lavoro troppo impegnativo per una donna che vuole avere una famiglia”. Una visione che, accanto alla tenerezza e all’istinto di protezione tipico materno, racconta di un gap culturale enorme, che oggi in molte famiglie è ancora lungi dall’essere colmato. Oggi mia sorella lavora con successo come ingegnere chimico, ha pure preso l’abilitazione, si è sposata e ha un figlio. È stata un fenomeno? No, è stata determinata, ha contato sull’appoggio di altri famigliari, ha sudato, certo, ma ha conciliato gli ambiti come voleva. È stata insomma libera. Perché di questo si tratta quando si parla di gender equality, di libertà.