Fill the gap

Inclusione e parità di genere: le aziende italiane hanno uno strumento in più per fare davvero la differenza

07
Marzo 2025
Di Beatrice Telesio di Toritto

Che l’inclusione e la parità di genere non siano solo “buone intenzioni” ma leve strategiche di crescita, ormai lo sappiamo tutti. Eppure, quando si tratta di passare dalla teoria ai fatti concreti, molte aziende si bloccano davanti alla solita domanda: come si misura davvero il livello di inclusività di un’organizzazione? E soprattutto, da dove si comincia?

Proprio per rispondere a queste esigenze, da quasi 10 anni Valore D – prima associazione in Italia dedicata all’equilibrio di genere e alla cultura inclusiva – ha creato l’Inclusion Impact Index, uno strumento pensato per aiutare le imprese a valutare e migliorare le proprie politiche di Diversità, Equità e Inclusione (DEI). Nel tempo, lo strumento si è evoluto e oggi si chiama Inclusion Impact Index Plus: una piattaforma digitale che offre una fotografia completa dello stato dell’arte di ogni organizzazione rispetto ai temi DEI, utile anche per chi punta alla certificazione della parità di genere.

Ma cosa fa, concretamente, l’Index Plus? Analizza da una parte i numeri (con il supporto scientifico del Politecnico di Milano), monitorando gli equilibri di genere e la presenza di diverse fasce d’età nelle aziende. Dall’altra, traccia tutte le iniziative messe in campo in tema di inclusione, andando a mappare sei aree fondamentali: genere, età, disabilità, cultura, background e orientamento sessuale.

Il risultato? Un’autovalutazione chiara e personalizzata che permette alle aziende di capire dove sono, cosa funziona, cosa migliorare e come si posizionano rispetto al proprio settore di riferimento o al mercato in generale. E tutto questo senza costi, visto che Valore D mette gratuitamente lo strumento a disposizione di tutte le aziende, anche quelle non associate.

Insomma, una bussola preziosa per orientarsi in un panorama che, dati alla mano, ha ancora tanta strada da fare. Come ricorda Cristiana Scelza, Presidente di Valore D, infatti:

«Gli ultimi dati rilasciati dall’INPS mostrano chiaramente che la disparità di genere nel lavoro in Italia non è solo una questione salariale, ma un problema strutturale. Con un tasso di occupazione femminile fermo al 52,5% e un divario retributivo intorno al 20% in molti settori, le donne continuano ad avere meno opportunità di accesso, stabilità e crescita professionale».

Ed è proprio qui che emergono le criticità che conosciamo bene: in Italia, non è solo questione di stipendi più bassi, ma di un sistema che ancora fatica a garantire pari condizioni di partenza e di sviluppo. Dai contratti part-time spesso non scelti, alle carriere che si bloccano, fino al peso sproporzionato delle responsabilità familiari che continua a gravare sulle donne.

«Le cause sono note: una maggiore incidenza del part-time involontario (tre volte superiore rispetto agli uomini), minori possibilità di carriera e carichi di cura che ricadono ancora in modo sproporzionato sulle donne. Questo non solo penalizza le lavoratrici, ma limita il potenziale di crescita delle aziende e dell’intero Paese. Per cambiare questa realtà servono misure strutturali: incentivi per la condivisione delle responsabilità familiari, un congedo di paternità esteso, strumenti di welfare accessibili e politiche aziendali che promuovano davvero la parità. E serve misurare perché non si può migliorare ciò che non si misura. Valore D ha lanciato da quasi 10 anni l’Inclusion Impact Index che aiuta le aziende, associate a non, a misurare e i gap esistenti rendendolo un passaggio fondamentale propedeutico alla certificazione di genere. L’inclusione non è un obiettivo astratto, ma una leva concreta di sviluppo economico e sociale, e le imprese che la adottano ne vedono i benefici in termini di competitività e innovazione».

Ecco perché strumenti come l’Inclusion Impact Index Plus oggi non sono più un “nice to have”, ma un punto di partenza obbligato per chi vuole davvero fare la differenza e creare ambienti di lavoro più equi, inclusivi e capaci di valorizzare ogni talento. Perché lavorare sull’inclusione non significa solo “fare la cosa giusta”, ma investire concretamente nella competitività e nella sostenibilità a lungo termine della propria azienda.

Del resto, il legame tra diversità e performance ormai è chiaro: team eterogenei generano più innovazione, prendono decisioni migliori e riescono ad affrontare con più efficacia la complessità dei mercati globali. E chi pensa che la parità di genere sia solo una questione di numeri, forse dovrebbe iniziare a guardarla per quello che è davvero: una strategia di crescita, oltre che di giustizia sociale.

Perché, come ripete spesso Valore D, non si può migliorare ciò che non si misura. E allora, è davvero arrivato il momento di cominciare a farlo. Con gli strumenti giusti, con un approccio serio e con la consapevolezza che il cambiamento parte sì dalle persone, ma si costruisce giorno dopo giorno dentro le organizzazioni. E che ogni passo avanti, anche piccolo, può fare una grande differenza.