Fill the gap
Giovani vittime dell’indifferenza: il grido d’allarme sul bullismo non è più ignorabile
Di Elisa Tortorolo
La tragica morte di Leonardo Calcina, un ragazzo di soli 17 anni di Senigallia, ha scosso l’Italia dalle fondamenta. Vittima di bullismo e ricatti insopportabili, nella notte tra il 13 e il 14 ottobre Leonardo ha deciso di togliersi la vita: un gesto drammatico e terribile che, purtroppo, è presto diventato il simbolo di una realtà che troppo spesso rimane sommersa. Il coraggio dei suoi genitori, i quali dopo la tragedia hanno lanciato un appello pubblico a denunciare, rappresenta un grido d’allarme, nonché un monito, per tutti noi.
Proteggere i ragazzi da un mondo che ignora il dolore altrui dovrebbe essere una priorità. Invece, questa scia di violenza continua a farsi strada. È sempre notizia di questi giorni che al Festival del Cinema di Roma, durante la proiezione per le scuole del film Il ragazzo coi pantaloni rosa – che racconta la storia di Andrea Spezzacatena, un altro giovane che si tolse la vita nel 2012 a causa del bullismo – alcuni giovanissimi spettatori hanno urlato insulti omofobi. In una classe di Treviso, poi, sono stati addirittura i genitori a bloccarne la proiezione, temendo un “impatto negativo” sui figli. In un clima in cui sono le stesse opportunità di sensibilizzare a trasformarsi in atti di violenza, questo genere di situazione sembra assumere i contorni del paradosso. E dimostra che nel Paese la strada verso l’accettazione e il rispetto dell’altro è ancora lunga e in salita.
All’indomani di tali vicende, le istituzioni hanno reagito. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha parlato del bullismo come un “cancro sociale” e ha promesso azioni decisive. Ha annunciato il potenziamento dei servizi di supporto nelle scuole e sportelli di ascolto psicologico. Ma basterà?
«I dati parlano chiaro: secondo il Sistema di Sorveglianza Hbsc Italia, circa il 15% dei nostri ragazzi ha subito episodi di bullismo, e il cyberbullismo, potenziato dalla pandemia e dall’uso dei social media, rende il tutto ancora più grave. I bulli si nascondono dietro schermi e pseudonimi, esercitando una pressione costante che acuisce il disagio delle vittime», commenta al The Watcher Post la psicologa scolastica Isabella Ippoliti.
«Le storie di ragazzi come Leonardo Calcina e Andrea Spezzacatena ci ricordano quanto sia urgente creare una rete di supporto per i nostri giovani. Le scuole devono diventare spazi sicuri e inclusivi, non solo attraverso programmi educativi, ma anche con la presenza di professionisti pronti ad ascoltare e intervenire», prosegue Ippoliti.
«Molti sono i programmi che vanno in questa direzione: penso per esempio al Patentino dello smartphone, progetto sperimentale che stiamo portando avanti in alcuni municipi della città di Milano, che mira a sensibilizzare gli studenti verso un uso consapevole del telefonino».
E le famiglie? «Hanno un ruolo cruciale: è essenziale che i genitori educhino al rispetto fin da giovanissimi, monitorino i comportamenti online e instaurino un dialogo aperto e sincero con i figli».
In sintesi, la lotta al bullismo è una battaglia che deve saper coinvolgere l’intera comunità: istituzioni, famiglie, scuole, social media. Ma, prima che un altro nome si aggiunga alla peggiore delle liste, è tempo di agire. Perché, come ha detto Viktoryia Ramanenka, madre di Leonardo Calcina, le parole offensive sanno far male. E non immaginarsi un futuro in cui chiedere aiuto è sinonimo non di debolezza, ma di coraggio, fa male ancora di più.