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Garlatti: «La connessione dovrebbe essere un diritto universale»

23
Novembre 2024
Di Virginia Caimmi

In occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia, celebrata il 20 novembre, abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con Carla Garlatti, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. La sua voce rappresenta un punto di riferimento nella tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti in Italia.

Qual è il ruolo dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nella protezione dei diritti dei bambini e degli adolescenti nell’ambiente digitale?

«Il ruolo è quello che svolge in ogni ambito: verifica che ogni minorenne possa esercitare tutti i diritti di cui è titolare e denuncia situazioni di disparità e pregiudizio. Va detto però che quello digitale ha le sue peculiarità. Offre grandi opportunità per l’attuazione dei diritti di informazione, espressione e partecipazione dei minorenni. Allo stesso tempo presenta quattro tipi di rischio. Il primo è il rischio di contenuto, legato ad esempio a materiali inappropriati per l’età o inaffidabili. Il secondo consiste nella possibilità di essere ‘contattati’ da estranei o persone che nascondono la propria identità. Il terzo è legato all’uso inappropriato che fanno del digitale gli stessi ragazzi. Infine, ci sono rischi come il gioco d’azzardo, la pubblicità mirata e la profilazione nonché varie insidie di carattere commerciale. L’Autorità oltre ad aver più volte segnalato i rischi appena esposti, ha svolto campagne di sensibilizzazione mirate ai minorenni, anche ai più piccoli, e indirettamente anche ai loro genitori».

Quali sono nella sua esperienza le principali sfide nell’educare i bambini e le famiglie a un uso sicuro e consapevole delle tecnologie digitali?

«La maggiore sfida è far comprendere ai genitori e a tutti gli adulti di riferimento che il loro comportamento nel digitale ha effetti sull’educazione dei figli a un uso consapevole e quindi sicuro delle tecnologie. Fotografare e pubblicare online le immagini dei figli, ad esempio, non è un comportamento privo di conseguenze».

In un’epoca in cui il digitale è sempre più presente nella vita dei giovani, come possiamo garantire che l’accesso alla tecnologia sia sicuro e rispettoso dei loro diritti?

«L’evoluzione tecnologica ha una velocità tale che ogni soluzione rischia di apparire superata non appena viene introdotta. Per questo insistiamo nel ribadire che sono essenziali l’educazione dei ragazzi, la loro consapevolezza e un comportamento eticamente rispettoso dei diritti da parte dei fornitori dei servizi digitali. Non bastano i codici di autoregolamentazione o di co-regolazione, occorre un approccio che concretamente tenga conto della condizione di fragilità e delle esigenze di uno sviluppo armonico di ogni minorenne».

Qual è l’importanza del dialogo tra scuola, famiglia e istituzioni in ambito digitale?

«Tutti gli adulti hanno doveri, a partire dal dare esempi coerenti: non ha senso vietare il cellulare a scuola per finalità non didattiche quando poi sono gli adulti stessi a usarlo in classe per intrattenersi o relazionarsi con altri. Scuola, famiglia e istituzioni devono lavorare congiuntamente senza mettersi in contrapposizione. Ad esempio, il genitore che mette in discussione l’insegnante lo priva dell’autorevolezza che gli spetta. Inoltre, assumono un ruolo importante anche in questo campo, vista la dimensione onlife del nostro tempo, i patti educativi di comunità o qualunque altra forma di rete tra adulti».

Come possiamo garantire che tutti i bambini, indipendentemente dalla loro condizione socioeconomica, abbiano pari opportunità di accesso alle risorse digitali?

«È fondamentale che non ci siano differenze territoriali nell’accesso alla rete, soprattutto nelle scuole. La connessione dovrebbe essere un diritto universale, da assicurare gratuitamente attraverso scuole o biblioteche e agevolazioni economiche. Questo non significa che ai minorenni vada riconosciuto un accesso incontrollato, soprattutto senza essere accompagnati da un’educazione digitale o, a seconda dell’età, da un adulto di riferimento».

Quanto è importante la collaborazione internazionale nella protezione dei bambini nel mondo digitale?

«È fondamentale: servirebbero un accordo e una collaborazione che vadano oltre i confini dei singoli stati che definisca e attui i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in relazione digitale in maniera uniforme, mettendo in secondo piano l’interesse al profitto. Mi rendo conto che il mondo oggi è molto diviso e che questo accordo è di difficile conclusione, però ciò non significa che non debba essere cercato a tutela dei bambini e dei ragazzi del nostro tempo».

Quali sono le prospettive future per un mondo digitale più sicuro e inclusivo per i bambini?

«Il mondo digitale diventerà sempre più fondamentale, quindi educazione, istruzione e sensibilizzazione assumono un ruolo strategico. È essenziale che i giovani mantengano il proprio spirito critico, senza finire per appoggiarsi completamente e acriticamente alle risorse digitali. Non parlo solo di fake news, ma faccio riferimento anche al grande potenziale per l’umanità rappresentato dall’intelligenza artificiale».