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Benessere, Forum Ocse: per l’Italia è una questione territoriale e di età
Di Giampiero Cinelli
Stamane a Roma, il settimo Forum mondiale dell’Ocse sul benessere ha rappresentato un’importante occasione per riflettere sui progressi compiuti e sulle sfide ancora aperte nel misurare ciò che conta davvero per le persone, affinché le politiche pubbliche possano mettere al centro il benessere e la qualità della vita.
Il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli ha inoltre evidenziato come la misurazione del progresso sia stata ampliata per includere dimensioni essenziali quali il benessere soggettivo, la coesione sociale, l’equità e la sostenibilità ambientale: «La misurazione del progresso è stata notevolmente ampliata e le metriche legate all’analisi del benessere soggettivo, della coesione sociale, dell’equità e della sostenibilità ambientale hanno fatto molti passi avanti, spingendo la statistica ufficiale a sviluppare strumenti innovativi e a produrre dati che possano cogliere le molteplici dimensioni del benessere».
Sul fronte nazionale, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha elogiato l’impegno italiano nella promozione del benessere, rimarcando il ruolo guida del Paese. «L’Italia è all’avanguardia nell’agenda del benessere. Non a caso, il Forum di oggi in Italia segna vent’anni dal suo primo incontro a Palermo nel 2004», ha affermato Giorgetti, intervenendo in videocollegamento. E ha aggiunto: «Non è solo una coincidenza, visto l’importante ruolo che l’Italia ha svolto nello sviluppo di un approccio multidimensionale alla misurazione del benessere e nel suo inserimento nel processo di policy-making».
Dal 2017, ha proseguito il ministro, l’Italia è uno dei primi Paesi dell’UE e del G7 a integrare un sistema di dodici indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) nei propri documenti di programmazione economica e finanziaria. «L’impegno va oltre il monitoraggio e comprende un esercizio di previsione di tali indicatori di benessere, basato su stime dell’impatto delle politiche governative. Ciò implica l’impegno a perseguire politiche che siano strumentali a far progredire i domini di benessere coperti dagli indicatori e a rendere conto al Parlamento dei risultati raggiunti». In questo contesto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha dato nuovo slancio a questo impegno.
Un recente studio dell’Istat, pubblicato in occasione del Forum, ha messo in luce le differenze territoriali nei risultati degli indicatori di benessere. «Le regioni del Nord presentano più spesso indicatori di benessere con valori migliori rispetto alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei domini del lavoro e delle relazioni sociali», ha rilevato lo studio, che evidenzia come il livello di istruzione sia un determinante cruciale per il benessere. Per esempio, la partecipazione culturale è pari al 64,6% tra i laureati di almeno 25 anni rispetto al 12,5% tra coloro che possiedono solo un titolo di scuola secondaria inferiore. Anche la formazione continua mostra differenze rilevanti: il 25,2% tra i laureati di almeno 25 anni rispetto al 3,2% di coloro con basso titolo di studio.
Lo studio segnala forti disuguaglianze intergenerazionali, che pongono i giovani adulti in condizioni di vulnerabilità economica. Gli studiosi indicano la necessità di strategie mirate per ridurre le barriere all’accesso al lavoro, garantire continuità lavorativa e migliorare le opportunità di crescita per le nuove generazioni: «Le disuguaglianze intergenerazionali pongono i giovani adulti in una condizione di vulnerabilità economica, che potrebbe avere ripercussioni nel lungo periodo, non solo a livello individuale ma anche per la coesione sociale e lo sviluppo del Paese», sottolinea il rapporto.
Riguardo alle disuguaglianze di genere, Istat segnala progressi in ambito educativo e culturale, ma permangono difficoltà nel mondo del lavoro. «Nonostante il maggiore investimento delle donne nell’istruzione, con un terzo delle giovani donne laureate nella fascia d’età 25-34 anni contro un quarto degli uomini, le donne continuano a essere penalizzate nel mercato del lavoro», si legge nel rapporto. Tuttavia, «il maggiore investimento femminile nell’istruzione costituisce un fattore di potenziale attenuamento di questa disparità in futuro, soprattutto se accompagnato da un parallelo ampliamento delle opportunità e degli strumenti di sostegno alla conciliazione dei tempi di vita».
Concludendo, Giorgetti ha sottolineato la necessità di una transizione inclusiva e giusta verso la decarbonizzazione: «Per quanto riguarda il cambiamento climatico, nel contesto della decarbonizzazione delle nostre economie, è fondamentale garantire una transizione giusta e inclusiva, affrontando gli impatti sociali e distributivi delle strategie di mitigazione del cambiamento climatico, nonché la loro accettabilità per la società in generale».