Esteri
Ucraina: Zelensky l’europeo a Roma, Berlino, Parigi, ‘scarica’ il Papa mediatore
Di Giampiero Gramaglia
Il week-end europeo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky – missioni istituzionali tra Roma, Berlino e Parigi – non avvicina la pace. Anzi, rende forse più imminente la controffensiva ucraina, di cui Kiev continua a rinviare l’inizio e ad ampliare gli obiettivi. Per farla scattare, “mi mancano ancora un paio di visite”, dice Zelensky, dopo avere incassato dal cancelliere tedesco Olaf Scholz l’ennesima generosa fetta di aiuti militari: una battuta per dire che ha ancora bisogno di altre armi, munizioni, equipaggiamenti.
Di tutti gli incontri che Zelensky ha avuto sabato a Roma e domenica a Berlino e in serata a Parigi, l’unico che potrebbe accelerare la fine del conflitto – o almeno una sospensione delle ostilità – è quello con Papa Francesco, che si colloca all’interno di un disegno negoziale. Il presidente ucraino, però, insiste che l’unico piano di pace praticabile è quello ucraino ed è piuttosto scoraggiante, quasi scostante, nei confronti dell’ipotesi di mediazione della Santa Sede.
Forse ringalluzzito dal coro di leader che dichiarano pubblicamente di volere essere “al fianco dell’Ucraina fin quando sarà necessario” – il che, a voler ben vedere, non significa nulla – e che chiedono “una pace equa” – e chi direbbe il contrario? -, Zelensky, dopo il colloquio in Vaticano, è netto: “Con tutto il rispetto per sua Santità, non abbiamo bisogno di mediatori… Il piano di pace deve essere il nostro – riconquistare i territori occupati, ndr – … Non intendo parlare con Putin, piccolo dittatore che uccide i propri cittadini…”.
L’unico ruolo ‘consentito’ alla diplomazia vaticana è quello di impegnarsi per restituire alle famiglie “i bambini rapiti”: un obiettivo umanitario significativo, ma che, come uno scambio prigionieri. non incide sulle sorti del conflitto; un gesto di carità più che un esercizio di diplomazia.
Invece Francesco è impegnato in un tentativo di dialogo fra le parti in guerra, unico sensato prologo a un’eventuale tregua: “La Madonna di Fatima, Madre di Gesù e nostra, ci aiuti a costruire vie d’incontro e sentieri di dialogo verso la pace, e ci dia il coraggio di intraprenderli senza indugio. Preghiamo insieme”, aveva scritto sabato mattina il Pontefice su Twitter, nell’anniversario dell’apparizione della Vergine a Fatima, parrocchia di campagna della diocesi di Leiria, nella conca d’Iria, in Portogallo: era il 1917, l’Europa era insanguinata dalla Grande Guerra e la Madonna invitò tre pastorelli bambini, Lucia do Santos e i cugini Francesco e Giacinta Marto, a pregare per la pace.
Bergoglio di sicuro lo fa e continua a sollecitare i fedeli a farlo. Ma tesse pure una tela di contatti e missioni. Ricevendo Zelensky, il Papa si è messo, agli occhi di Mosca, in una posizione di parte, esattamente come aveva fatto il presidente cinese Xi Jinping, agli occhi di Kiev, quando fece visita al leader russo Vladimir Putin il 20 marzo. Adesso, Francesco deve assolutamente riuscire ad avere un contatto con Putin, come Xi in capo a un mese è poi riuscito ad avere un contatto con Zelensky; altrimenti la missione di pace è fallita prima di cominciare – sempre che ci sia margine per portarla avanti -.
Più che ai 40′ di colloquio con il Papa, Zelensky sembra dare importanza agli incontri un po’ rituali e molto retorici con gli interlocutori italiani: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che parla di “pace giusta”, che “non somigli a una resa”; e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con cui è ‘Giorgia’ e ‘Vladi’, che va oltre, “L’Ucraina vincerà”. Zelensky la lusinga: “Oggi a Roma siamo diventati più forti”.
I media statunitensi, di solito un po’ disattenti nei fine settimana, quasi ignorano – almeno a livello di breaking news – l’andirivieni di Zelensky tra i palazzi del potere romano e poi tedesco e francese. Lo scoop Usa è del Washington Post, che, citando fonti d’intelligence, presta al presidente ucraino intenzioni bellicose.
“Zelensky – nota il WP – s’è guadagnato la fiducia dei governi occidentali impegnandosi a non usare le armi che gli sono state fornite per colpire la Russia in casa. Ma, in privato, il presidente ucraino ha proposto una direzione ben più audace, colpendo in territorio russo”. E, in particolare, Zelensky “ha ipotizzato l’occupazione di villaggi in Russia per avere più leva su Mosca, il bombardamento d’un oleodotto che porta petrolio della Russia in Ungheria e l’impiego di missili a lungo raggio così da colpire a Russia nei suoi confini”. Mosse che rischiano di coinvolgere l’Occidente nel conflitto, perché fatte con armi Nato.
Per i rapporti di intelligence citati dal WP, il presidente ucraino ha “un istinto aggressivo, che contrasta con l’immagine pubblica di uomo calmo e stoico che resiste all’invasione russa”. A fine gennaio, ha suggerito la possibilità di “condurre attacchi in Russia” mentre le truppe di terra ucraine “occupavano città di confine”, si legge in un documento ‘top secret’. In un altro incontro a febbraio, invece, s’è detto “preoccupato” perché l’Ucraina “non ha missili di lungo raggio capaci di colpire truppe russe in Russia” e ha “suggerito attacchi a distaccamenti a Rostov” con droni. E ha poi ipotizzato che l’Ucraina faccia “saltare” l’oleodotto Druzhba. Tutti piani bocciati da Usa e Nato, ma cui Zelensky ha solo in parte rinunciato.
Queste notizie possono, in parte, spiegare perché l’Occidente resta cauto sulla richiesta di Kiev d’avere aerei da combattimento, oltre che sistemi anti-aereo e carri armati.
Mentre le truppe russe ripiegano a Bakhmut, unico punto del fronte dove accade qualcosa, Zelensky s’è goduto a Roma la passerella rossa diplomatica sciorinata per lui al Quirinale e a Palazzo Chigi, oltre che quella mediatica offertagli dalla tv pubblica e non solo. La giornata romana s’era aperta con lo sbarco a Ciampino da un aereo italiano che l’aveva prelevato in Polonia. Nella città blindata, c’è stato il ‘faccia a faccia’ con Mattarella e il bilaterale, senza testimoni e senza interpreti – fa sapere Palazzo Chigi -, parlando di forniture di armi (una priorità per Zelensky) e di ricostruzione (un business per Meloni).
Nel pomeriggio, la puntata in Vaticano, dove il presidente ha donato al Pontefice una Madonnina fatta con i resti di un giubbotto antiproiettile. Francesco gli dice che “servono gesti di umanità”. Infine, il gran finale mediatico con uno show nel salotto di Bruno Vespa eccezionalmente allestito sul Vittoriale.
Meno ‘glamour’, ma più concreta la visita a Berlino, dove Zelensky incassa un mega-aiuto tedesco in armamenti per 2,7 miliardi, che possono essere determinanti per la sbandierata – e rinviata – offensiva di primavera. Da Parigi, il presidente ucraino twitta: “A ogni visita. Le capacità difensive e offensive dell’Ucraina si espandono, i legami con l’Europa si rafforzano e cresce la pressione sulla Russia”. Col presidente francese Emmanuel Macron, che promette mezzi blindati e addestramento alla truppe ucraine, c’è intesa su nuove sanzioni anti-Russia.
Kiev continuerà a ricevere dall’Occidente armi e aiuti, mentre i russi ‘regolari’ e mercenari litigano e si trovano sulla difensiva a Bakhmut, dopo essere stati per mesi all’attacco in modo inconcludente. Ma i desideri ucraini d’aderire all’Ue e alla Nato non sono sul punto di essere esauditi: media Usa rivelano che dal Vertice dell’Alleanza a Vilnius l’11 e 12 luglio non verrà un invito formale a Kiev, mentre i negoziati con l’Ue richiederanno tempo e, soprattutto, pace.