Esteri
Vertice di Granada: allargamento, migranti, futuro dell’Unione, parole parole parole
Di Giampiero Gramaglia
Il vertice informale a Granada della Comunità politica europea, una sigla senza storia, senza potere e senza coesione, si chiude con una serie di nulla di fatto, dopo una fitta serie di riunioni plenarie e d’incontri bilaterali e settoriali che hanno -forse- contribuito a migliorare la reciproca comprensione fra i Paesi partecipanti. Di fermo, c’è la conferma del sostegno all’Ucraina: importante, dopo il voto che, in Slovacchia, una settimana fa, ha premiato i filo-russi.
Per il veto di Polonia e Ungheria, la Dichiarazione finale non è stata approvata nella sua integralità ed è stata sostituita, per quanto riguarda l’immigrazione, da una dichiarazione della presidenza: escamotage spesso usato, quando c’è da mascherare un flop; ma che autorizza Politico a chiedersi se la Comunità politica europea, nata un anno e mezzo fa, non sia già cerebralmente morta.
“Il dibattito sull’immigrazione ci ha permesso di consolidare l’accordo ottenuto in settimana dai 27 su un testo che permette di organizzare meglio l’accoglienza di chi si trova sul nostro territorio, cioè la dimensione interna”, dice il presidente francese Emmanuel Macron, echeggiando giudizi positivi della premier italiana Giorgia Meloni.
Ma Eunews ridimensiona l’importanza dell’intesa fra i 27: “Tanto rumore per nulla: il testo ora concordato è quasi uguale a quello già messo a punto a luglio… Scompare l’articolo, inviso all’Italia, sulle operazioni delle Ong, ma saltano pure – come voleva la Germania – le feroghe sull’accoglienza. Più che una vittoria degli uni o degli altri, è un pareggio, per di più ridimensionato dai no di Polonia e Ungheria.
No ripetuti tra ieri e oggi a Granada. Mateusz Morawiecki, premier polacco, motiva l’opposizione alle conclusioni sui migranti: “Sono responsabile della sicurezza della Polonia e dei suoi cittadini. Pertanto, respingo la dichiarazione del vertice sulla migrazione. La Polonia è e rimarrà sicura sotto il governo del partito Diritto e Giustizia”. Il messaggio è in chiave elettorale: domenica prossima, 15 ottobre, in Polonia si vota e l’attuale maggioranza è insidiata da una coalizione europeista, chiamata Piattaforma civica, guidata dall’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.
A Granada, del resto, non c’erano da attendersi decisioni, al massimo orientamenti in prospettiva, sia per il carattere informale della riunione che per la natura fluida della Comunità, nata nel 2022 essenzialmente per iniziativa di Macron, nel semestre di turno francese di presidenza del Consiglio dell’Ue. La Comunità non ha i confini dell’Unione: ambisce a riunire tutti i Paesi europei.
Chi sperava in passi avanti a margine, ad esempio sul dissidio nei Balcani tra Serbia e Kosovo, due Paesi candidati all’adesione all’Ue, o sul conflitto nel Nagorno-Karabakh è pure rimasto deluso. Anzi, il leader azero non s’è proprio fatto vedere, così come il turco -. Invece, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky c’era: allarmato dagli scricchiolii a Bratislava, s’è precipitato a sollecitare, e ad incassare, una conferma del sostegno europeo al suo Paese ed a chiedere ancora armi.
Granada: immigrazione e allargamento
I nodi dell’integrazione, a partire dall’approccio all’immigrazione, restano dunque irrisolti. Meloni ne ha parlato in bilaterale con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, dopo i recenti dissapori; e, prima, con i leader di Gran Bretagna, Albania, Francia, Olanda e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – un formato composito, con Paesi Ue, Paesi che sono usciti dall’Ue e Paesi che vogliono entrarvi, senza alcuna capacità decisionale -.
Il governo italiano – e non è il solo nell’Ue – sta cercando soluzioni europee per fermare o almeno regolare i flussi migratori irregolari. Meloni “comprende” la posizione di Polonia e Ungheria: difficile dire altro, visto che sono i due partner politici a lei più vicini nell’Unione -. E sottolinea, come il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che c’è intesa sulla lotta ai trafficanti d’esseri umani.
Il presidente del Governo spagnolo, Pedro Sanchez, fresco di reincarico, svicola: “Immigrazione? Non eravamo qui per questo, ma per l’agenda strategica e l’allargamento”. Però, assicura risultati sui migranti entro la fine del semestre di presidenza di turno spagnolo, partendo dall’accordo sostanzialmente conservativo delineatosi in settimana a Bruxelles. Michel dice che sono stati fatti “passi avanti importanti”. Von der Leyen sottolinea i progressi sull’energia.
Anche sull’allargamento dell’Unione, le posizioni non sono ancora allineate, nella contrapposizione tra approfondimento dell’integrazione e ampliamento delle dimensioni dell’Ue: in lista d’attesa ci sono da anni i sei Paesi dei Balcani occidentali, Serbia, Montenegro, Bosnia, Albania, Kosovo e Macedonia del Nord -; e ci sono ora – ben più ingombranti, politicamente ed economicamente – l’Ucraina e la Moldavia.
Granada: le attese della vigilia
Il bilancio di Granada è, dunque, conforme alle attese di chi conosceva i limiti del formato e dell’ora, ma ben inferiore alle speranze suscitate, alla vigilia, dai messaggi delle Istituzioni europee. Michel aveva scritto nella lettera d’invito ai leader dei 27: “Granada è il momento di guardare indietro e di valutare criticamente i progressi compiuti nel rafforzamento della nostra sovranità europea, identificando i risultati ottenuti e le aree che richiedono ancora la nostra azione politica. È anche il momento di guardare avanti, identificando le sfide future che dovremo affrontare e definendo la strategia per cogliere tutte le opportunità … per garantire la resilienza e la competitività dell’Ue in questo ambiente geopolitico in evoluzione”.
Michel proseguiva: “Oltre all’agenda strategica, una parte intrinseca di questa discussione riguarda il futuro di un’Unione europea allargata e le conseguenze che questa espansione può avere, per noi e per i Paesi aspiranti. È fondamentale riflettere sulle dinamiche future dell’Unione, sulle politiche e sul processo decisionale, tra le altre cose, per garantire il continuo successo dell’Ue. In particolare, affronteremo domande cruciali quali: Cosa facciamo insieme? Come decidiamo? Come possiamo far coincidere i nostri mezzi con le nostre ambizioni?”. Tutti interrogativi che restano senza risposte.
In vista del Vertice, la Commissione europea aveva fatto il punto sui risultati fin qui ottenuti e aveva individuato i settori in cui – diceva – “è necessario intervenire per costruire un’Europa più resiliente, competitiva e sostenibile”, inserendosi nel filone della dichiarazione di Versailles dell’11 marzo 2022, atto di nascita della Comunità, con cui i leader dei 27 si erano impegnati ad assumersi maggiori responsabilità per la sicurezza dell’Ue, a rafforzare le capacità di difesa e ad adottare ulteriori misure per costruire la sovranità europea, diminuire le situazioni di dipendenza e progettare un nuovo modello di crescita e investimento.
La comunicazione della Commissione indica settori specifici in cui sono necessari maggiori sforzi, come la costruzione di un mercato unico più innovativo e interconnesso, la salvaguardia della coesione interna, la promozione di alleanze con i partner internazionali e lo sviluppo delle capacità dell’Ue in qualità di garante della sicurezza dei cittadini e della regione. L’Unione – si dice – deve continuare ad adoperarsi per ridurre i rischi e rafforzare la propria base economica e industriale, proteggendo al contempo la propria sicurezza economica e il proprio modello sociale, unico nel suo genere.