Esteri
Vertice Ue, altro flop sul gas. Berlino fa da sé, le incognite nazionali
Di Giampiero Cinelli
Sul Consiglio Ue dei ministri dell’energia fissato oggi, di cui avremo il responso nella conferenza stampa, trapela già insoddisfazione. È chiaro che non si arriverà al tetto al prezzo del gas. All’ordine del giorno, come si legge dal comunicato, c’è la discussione su punti già esplorati: misure volte a ridurre la domanda di energia elettrica durante le ore di punta al fine di abbassare i prezzi dell’energia elettrica per i consumatori, misure volte a incassare i ricavi eccedenti derivanti dalla produzione di energia elettrica e un contributo di solidarietà dagli utili eccedenti generati dal settore dei combustibili fossili. In sostanza obbligatori razionamenti e tasse sugli extraprofitti. Sul tavolo anche il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello energetico.
Una riunione iniziata in un clima di malumore per via di un altro fattore. La variante tedesca. Proprio ieri il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato un maxi piano da 200 miliardi per far fronte al caro energia. Una strada tutta domestica che mira ad aiutare la popolazione tedesca in cui il tetto al prezzo è un’opzione molto probabile, che però si raggiungerebbe attraverso la copertura da parte dello Stato delle perdite delle compagnie. Sul modello già implementato dalla Spagna. L’insoddisfazione di Macron e Draghi inizia a trasparire. Tuttavia, se idealmente ci si può rammaricare per la chimera price cap, da un lato è positivo che un impianto tutto retorico costruito negli ultimi tempi stia venendo meno. Nella pratica, infatti, il tetto al prezzo è di difficile implementazione. Molto più realistico invece che gli Stati trovino un punto d’incontro con i principali fornitori, anch’essi coinvolti nella speculazione, in attesa che i movimenti della borsa olandese si plachino. A tal proposito, non giova affatto la rottura del Nord Stream, di cui i ministri hanno parlato per scambiarsi informazioni e pareri. Siamo in una fase in cui le regole del mercato potrebbero dover essere distorte a fine di interesse pubblico. Gli svantaggi sarebbero sostenibili per i colossi, ma ci sarebbero vantaggi per i rivenditori più piccoli. Per un periodo nuovi investimenti verrebbero scoraggiati e non si incentiverebbe lo scambio di energia tra nazioni dell’Unione Europea al di fuori dei player che trainano il mercato. Ma delle scelte coraggiose vanno fatte. Roberto Cingolani ha sempre individuato questi aspetti critici. Il prossimo ministro (se non sarà lui) dovrà scegliere un’impostazione.
La Germania, comunque, fa borbottare perché l’annuncio di questa ingente spesa in parte a debito lei può permettersela data la reputazione che ha sul mercato. Più difficile invece spendere per altri paesi che vedono i rendimenti dei titoli aumentare e sono più indebitate come l’Italia. Infatti in Europa sta tornando in auge il tema dello scudo anti-spread. Telegramma per Christine Lagarde.