Esteri

Ucraina: punto, fronte statico, diplomazia febbrile, Zelensky apre su Crimea

29
Agosto 2023
Di Giampiero Gramaglia

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky apre a “una soluzione politica”, piuttosto che militare, sulla Crimea, che, annessa da Mosca nel 2014, Kiev rivendica. In un’intervista, dice: “Quando saremo” ai confini della penisola, “penso che sarà possibile forzare la Russia a smilitarizzarla”.

Il presidente russo Vladimir Putin si appresta a ricevere, proprio in Crimea, ma a Sochi, costa inequivocabilmente russa, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan – l’incontro avverrà la prossima settimana -. Al centro dei colloqui ci sarà la ‘pace del grano’, da cui la Russia è uscita: Erdogan – dicono fonti turche – intende “contribuire a prevenire una crisi alimentare globale”.

E, davanti allo stallo del conflitto, l’Unione europea, secondo Politico, ipotizza iniziative per la pace in Ucraina a settembre. Kiev – osserva il Washington Post, dal punto di vista statunitense – sta esaurendo le opzioni per recuperare significative porzioni del territorio occupato e “cresce l’ansia che la stasi al fronte possa erodere il sostegno internazionale”.

Quanto al Vaticano, gli sforzi di pace di Papa Francesco sono senza posa: invita i giovani cattolici russi “a spargere semi di riconciliazione, che non germoglieranno ora, in questo inverno di guerra, nel terreno ghiacciato, ma che fioriranno in una futura primavera”. E il pontefice dice ai giornalisti di tutto il Mondo: “La mia speranza è che si dia spazio alle voci di pace, a chi si impegna per porre fine a questo come a tanti altri conflitti, a chi non si arrende alla logica ‘cainista’ della guerra, ma continua a credere, nonostante tutto, alla logica della pace, del dialogo, della diplomazia”.

Fra Nato e Kiev, divergenze strategiche e nuovi timori
Notte dopo notte, da settimane, da mesi, i bollettini di guerra registrano attacchi di droni reciproci, quelli ucraini in territorio russo, quelli russi spesso su obiettivi ucraini, mentre il fronte di terra è sostanzialmente statico. Le fonti di Kiev già spostano l’orizzonte del conflitto alla primavera 2024, quando – dicono – gli F-16 promessi da Olanda, Danimarca e altri Paesi Nato potranno essere affidati a piloti e tecnici ucraini, nel frattempo addestrati negli Stati Uniti.

Secondo l’intelligence occidentale, 18 mesi di guerra sono costati 500 mila perdite, più russe che ucraine. I comandi militari degli Stati Uniti fanno filtrare ai media Usa che la controffensiva sta fallendo perché gli ucraini non hanno seguito i loro consigli: invece di concentrare mezzi e truppe per tagliare le linee di rifornimento russe nel sud, i generali di Kiev hanno distribuito le loro unità su tutto il fronte, così da non avere in nessun punto una concentrazione di forze adeguata a sfondare le linee nemiche.

Il Guardian racconta che una delegazione della Nato ha incontrato per cinque ore i generali ucraini – c’era anche il capo di Stato Maggiore dell’esercito, Valerii Zaluzhnyi – al confine con la Polonia, per discutere del mancato avanzamento nei settori occupati dalle truppe di Mosca. S’è anche parlato dei consigli offerti dagli occidentali e ignorati dagli ucraini e delle difficoltà delle truppe a muoversi seguendo tattiche loro inconsuete.

Secondo fonti d’intelligence occidentale citate dai media Usa, le forze ucraine, ostacolate nell’avanzata dai campi minati allestiti dai russi tra l’autunno e la primavera, non riprenderanno Melitopol e, quindi, non romperanno la continuità territoriale tra i territori occupati e la Crimea.

Intervistato da Politico, l’ammiraglio James Stavridis, ex comandante delle forze Usa in Europa, denuncia il rischio di un conflitto allargato nel Mar Nero: da una parte, c’è la caccia alle navi che aiutano la Russia a eludere l’impatto delle sanzioni; dall’altra, c’è il rischio di una crisi alimentare mondiale dopo la fine, a luglio, della ‘pace del grano’. L’Ucraina cerca di assicurare le navi che continuano ad assicurare l’export di cereali, ma i relativi costi sono un ulteriore fattore di aumento dei prezzi sui mercati mondiali.

Dopo la morte di Prigozhin, il fronte interno russo
A Mosca, i test del Dna confermano che Evgheny Prigozhin, il fondatore e il capo della Wagner, è fra le vittime dello schianto di un aereo in un campo a nord-ovest di Mosca il 23 agosto. Tutte e dieci le persone a bordo sono state identificate: fra esse, c’erano pure Dmitry Utkin, braccio destro di Prigozhin, e Valeriy Chekalov, altro suo stretto collaboratore. Le conferme ufficiali sono venute dalla commissione d’indagine russa: la tragedia è accaduta a 18 mesi esatti dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina e a due mesi esatti dal fallito ‘putsch’.

Sulle cause dello schianto, invece, ancora nessuna conclusione definitiva: solo una ridda di ipotesi. Scartato – per indicazione del Pentagono – il fuoco amico d’un missile tirato dalla contraerea russa, si parla di un ordigno a bordo, ma su come vi sia giunto e ad opera di chi ancora non si sa. Illazioni a parte, non c’è per ora prova di un coinvolgimento del Cremlino e di altri apparati di potere russi.

Le conferme ufficiali pongono fine – o dovrebbero farlo – alle supposizioni sulla sorte di Prigozhin, che, tra il 23 e il 24 giugno, aveva brevemente guidato una marcia su Mosca dei suoi uomini, dopo avere per mesi polemizzato con i vertici militari e il ministro della Difesa Sergej Shoigu. Non era, infatti, escluso che l’ex ‘chef di Putin’ avesse ‘messo in scena’ la propria morte, sentendosi, comunque, minacciato e braccato dopo la sfida al Cremlino.

La popolarità di Prigozhin fra i russi, che attribuiscono a lui ed ai suoi uomini i principali successi militari della campagna d’Ucraina, non accenna a calare. Per il Washington Post, ciò costituisce “una sfida per Putin”. Per gli analisti del quotidiano statunitense, la Russia stava già preparandosi “alla vita dopo la Wagner”, prima della scomparsa di Prigozhin, mentre fazioni interne al Gruppo e altre forze paramilitari ad esso esterne cercavano d’acquisire il controllo del lucroso impero globale delle guerre mercenarie che la Russia conduce dalla Siria all’Africa.

Putin stesso ha riconosciuto che, come leader mercenario, Prigozhin s’era dimostrato “brutalmente efficace”. Ma l’atto di ribellione di giugno ha toccato un tasto molto sensibile, quello della lealtà: parlando per la prima volta di quanto accaduto, un giorno dopo lo schianto, il presidente definiva l’ex sodale un uomo “di talento” che ha fatto “gravi errori”. Ora, un decreto impone a tutti coloro che combattono con le forze russe di giurare fedeltà al Cremlino.

Di fatto, il nome di Prigozhin va ad allungare la lista già notevole di quanti si sono opposti a Putin e sono morti in circostanze misteriose. Il presidente Usa Joe Biden non formula accuse, ma dice: “Non so che cosa sia accaduto, ma non ne sono sorpreso… In Russia non accade molto senza che ci sia Putin dietro… “. Zelensky è meno cauto: “Tutti sanno chi ha a che fare” con quanto successo.

La popolarità di Putin è poi stata intaccata anche dal fallimento, domenica 20, della sonda lunare Luna-25, la prima missione lunare russa in quasi mezzo secolo: la sonda s’è schiantata un giorno prima del previsto allunaggio vicino al Polo Sud del nostro satellite, un’area finora inesplorata. L’insuccesso russo è stato acuito dalla riuscita, poco dopo, di un’analoga missione indiana.

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