Esteri
Ucraina: punto, aspettando la controffensiva, fronte in stallo, diplomazia in fermento
Di Giampiero Gramaglia
Un’iniziativa di pace annunciata a sorpresa da Papa Francesco e non confermata né da Kiev né da Mosca. Il giallo di un voto all’Onu di Cina e India che potrebbe indicare una correzione di rotta di Pechino e Nuova Delhi sulla guerra in Ucraina. E ulteriori indicazioni dell’intelligence statunitense che appesantiscono il bilancio delle perdite russe (il Cremlino le bolla come “cifre fantasiose”).
L’imminenza della controffensiva di primavera ucraina, che potrebbe partire a giorni, se non è già partita, è contrappuntata di informazioni contraddittorie, che fanno comunque trasparire un fermento della diplomazia, dopo un anno di traccheggi e ‘ammoine’. Sono invece invariate, le cronache di guerra: lo stillicidio di bombardamenti e una strage di civili a Kherson, mentre il fronte di terra è praticamente immobile. A Bakhmut, il capo dei mercenari Wagner, Evgheny Prighozin, minaccia di ritirare i propri uomini, che non hanno sufficienti munizioni, e sostiene che gli ucraini produrranno il loro sforzo a metà maggio.
Un deposito di carburante viene distrutto nel porto di Sebastopoli, in Crimea, probabilmente per l’attacco di un drone ucraino. E tra martedì e mercoledì brucia un serbatoio a Volna, nell’area di Krasnodar, al confine con la Crimea. Dopo il primo episodio, forse per ritorsione, i russi avevano pesantemente bombardato Kherson, spingendo gli ucraini ad attuare un piano d’evacuazione di massa dei civili, e diverse altre località, facendo decine di vittime.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ribadisce che con la sua controffensiva Kiev punta a liberare anche la Crimea: l’obiettivo non appare verosimile all’intelligence occidentale, ma suscita preoccupazioni a Washington e a Bruxelles, perché – a parte le posizioni di facciata – gli alleati temono che la Crimea sia per il presidente russo Vladimir Putin una linea rossa, varcata la quale c’è il rischio di un’escalation nucleare.
Significativa, in merito, una dichiarazione del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che accusa la Germania di essere sempre più coinvolta nel conflitto: le armi di Berlino – dice – “sono già usate per colpire il territorio russo, perché il Donbass è una regione russa”, dopo l’annessione dell’anno scorso con i referendum farsa.
Il comandante delle forze della Nato in Europa, il generale Usa Christopher Cavoli, riferisce al Congresso che la coalizione occidentale ha già consegnato all’Ucraina il 98% delle armi e delle munizioni promesse.
Zelensky continua, però, a fare pressione sull’Occidente per altre armi, ma anche per il grano, mentre Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria, dove gli agricoltori sono in subbuglio, chiedono limitazioni all’import di cereali dall’Ucraina in dumping rispetto ai prezzi nazionali. La solidarietà degli europei sul grano, subordinata ai propri interessi, delude Kiev: Zelensky se ne lamenta direttamente con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
L’iniziativa di pace del Vaticano: qualcosa si muove, nonostante le smentite
La Russia e l’Ucraina smentiscono l’esistenza di una trattativa per la pace in Ucraina condotta segretamente dal Vaticano: ne ha brevemente parlato Papa Francesco il 30 aprile, dialogando con i giornalisti sul volo di ritorno dall’Ungheria, dove aveva incontrato il capo del governo Viktor Orban e il metropolita Hilarion, molto vicino al patriarca Kirill, prima d’essere escluso a giugno da ogni incarico dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa, per avere espresso subbi sull’invasione dell’Ucraina.
Detta una frase, Francesco s’era poi trincerato nel riserbo, come se si fosse reso conto d’avere già rivelato troppo: «Ne parlerò quando sarà ufficiale», aveva tagliato corto, senza fornire ulteriori elementi. Una fonte vicina a Zelensky citata dalla Cnn afferma: “Il presidente non ha mai dato il consenso a una discussione di questo tipo per conto dell’Ucraina. Se colloqui ci sono, stanno avvenendo senza che noi ne siamo a conoscenza e senza la nostra benedizione”.
In Ungheria, il Papa, fra tante esortazioni alla pace, aveva denunciato “i solisti della guerra”. Fausto Gasparroni, l’inviato dell’ANSA al seguito del pontefice, ricostruisce puntualmente i contenuti della chiacchierata di 20’ con i giornalisti: «Credo che la pace si fa sempre aprendo canali, mai si può fare con la chiusura. Invito sempre ad aprire rapporti, canali di amicizia».
A una domanda sui colloqui con Orban e Hilarion, Francesco risponde: «Abbiamo parlato di tutte queste cose, non certo di Cappuccetto Rosso… A tutti interessa la strada della pace. Io sono disposto a fare tutto il necessario. Adesso è in corso una missione: ne parlerò quando sarà pubblica». E prosegue: «C’è in sospeso l’incontro col patriarca Kirill che dovevamo avere lo scorso anno in giugno a Gerusalemme. È stato sospeso per la guerra, ma questo incontro si dovrà fare. Con Kirill, ho parlato una sola volta dall’inizio della guerra, 40 minuti. Poi tengo i rapporti tramite il metropolita Antonij, che ha preso il posto di Hilarion».
La contabilità della morte non torna mai
Da settimane, intelligence occidentali, fonti ucraine e pure fonti russe sciorinano ‘contabilità della morte’ nel conflitto ucraino fra di loro contraddittorie. Secondo John Kirby, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, sono “cento mila i soldati russi” caduti o feriti negli ultimi quattro mesi (i deceduti sarebbero 20 mila, metà dei quali miliziani del Wagner, privi di adeguato addestramento e di corretta disciplina).
Sergej Shoigu, ministro della Difesa russo, replica: «Nell’ultimo mese, i soldati ucraini uccisi sono stati 15 mila». E Peskov dal Cremlino nega che le stime degli Usa siano affidabili e parla di “cifre a casaccio”.
Per l’Amministrazione Biden, che non dà dati su morti e feriti ucraini, le cento mila perdite russe sono un segnale di fallimento, anche perché esse non sono valse nessuna nuova avanzata territoriale. Ma, nelle ultime settimane, l’intelligence occidentale ha fatto filtrare, più o meno volontariamente, indicazioni contraddittorie.
Delle fughe di notizie e della loro gestione, Zelensky s’è lamentato con il Washington Post: “La Casa Bianca non ci ha informato dei ‘Discord leaks’”, dal nome della piattaforma su cui vennero inizialmente diffuse in grande quantità informazioni riservate dell’intelligence Usa. «Quanto accaduto – osserva il presidente – non ci avvantaggia. E non giova alla reputazione né della Casa Bianca né degli Stati Uniti».
L’atteggiamento intrigante di Cina e India all’Onu
Il 26 aprile, Cina e India, finora contrarie a condannare la Russia per l’invasione dell’Ucraina, votano una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sui rapporti tra Onu e Consiglio d’Europa che fa esplicito riferimento alla “aggressione della Federazione russa all’Ucraina”.
Il voto coincide con la prima telefonata dall’inizio dell’invasione russa del presidente cinese Xi Jinping a Zelensky. A marzo Xi era stato a Mosca e aveva presentato a Putin una sorta di piano di pace cinese in 12 punti, accolto freddamente a Kiev e in Occidente perché considerato ‘filo-russo’.
Il via libera alla risoluzione Onu, approvata con 122 voti favorevoli, 5 contrari (i soliti Russia, Bielorussia, Siria, Nicaragua e Corea del Nord) e 18 astenuti, è stato interpretato dal capo della diplomazia europea Josep Borrell – il primo a notarlo, ma solo qualche giorno dopo – come un cambio di rotta diplomatico di Cina e India, e pure Brasile e Indonesia, nei confronti della Russia.
In realtà, dal sito dell’Onu risulta che la Cina e altri si astengono, come finora sempre fatto, sulla condanna, ma, diversamente dal solito, approvano la risoluzione nel suo insieme. È forse poco per parlare di una prima crepa nella vicinanza tra Xi e Putin, ma può comunque essere una messa in guardia a Mosca e un segnale d’apertura a Kiev, specie in coincidenza con la telefonata tra Xi e Zelensky.
Il passaggio cruciale è una riga nelle premesse di una risoluzione di 11 pagine in cui si parla di tutt’altro: “Considerando ugualmente che le difficoltà senza precedenti che l’Europa deve attualmente affrontare in seguito all’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina, ed in precedenza contro la Georgia, e alla cessazione dell’adesione russa al Consiglio d’Europa, richiedono una cooperazione rafforzata tra le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa…”.
Nella telefonata con Zelensky, avvenuta oltre un mese dopo l’incontro con Putin, Xi aveva indicato che il reciproco rispetto di sovranità e integrità territoriale è “la base politica delle relazioni tra Cina e Ucraina”. Il giorno dopo, il Cremlino aveva puntualizzato che Putin e Xi non avevano parlato di un ritorno ai confini del 1991 tra Russia e Ucraina.
Un frutto della telefonata Xi–Zelensky è stato il reciproco invio di rappresentanti diplomatici a Kiev e a Pechino, mentre la comunità internazionale, pur con tutta la prudenza del caso, vi vedeva “un passo importante” nella ricerca di una soluzione negoziata al conflitto.