Palazzo Madama ha approvato la conversione in legge del decreto, che proroga l’invio di armi ed equipaggiamenti all’Ucraina per tutto il 2024. Confermando l’impegno che i ministri competenti avevano già preso e che si collega al primo decreto sull’invio alle armi, approvato con Mario Draghi premier il 25 febbraio 2022, all’indomani dell’attacco russo.
Già allora vi fu molto risentimento, siccome la stesura del decreto non coinvolse il parlamento in un tema così importante, anche se poi il testo fu sottoposto a deputati e senatori per la prima conversione in legge avvenuta a marzo 2022, con emanazione ufficiale in data 5 aprile 2022. Quel 25 febbraio, comunque, Draghi parlò alle Camere trasmettendo un’informativa su quanto stesse accadendo e in merito alla situazione che come nazione avremo avuto davanti.
A due anni dallo scoppio del conflitto i malumori ci sono ancora e suonano ancora più duri. Perché l’occidente non nasconde più la sua stanchezza e le perplessità provenienti dall’osservazione del fronte bellico alimentano i contrasti nelle istituzioni.
Per non parlare delle opinioni pubbliche, insomma le persone, che nel tempo sono diventate sempre più fredde riguardo alla causa di Kiev. In Usa l’amministrazione Biden percepisce il poco sostegno al conflitto e ciò in ottica delle vicine elezioni è qualcosa da gestire, sapendo poi quanto sia bravo Donald Trump a cavalcare certe emozioni.
Gli italiani storcono il naso
Ma anche l’opinione pubblica italiana si distingue particolarmente per l’avversione al coinvolgimento, pur indiretto, nella guerra. Un recente sondaggio ha svelato che solo solo il 42% dei connazionali è favorevole all’invio di armi. Tra gli elettori dei partiti di maggioranza non si arriva al 50%, solo un terzo consensuale in chi vota Movimento Cinque Stelle, mentre nell’elettorato Pd la linea tiene con un 56%. Complessivamente è il dato più basso dall’inizio della guerra.
L’Odg della Lega
Lo hanno ormai capito i partiti. La Lega, infatti, attraverso il senatore Massimiliano Romeo, nel giorno dell’approvazione del decreto ha presentato un Ordine del giorno in cui, senza mettere in discussione il sostegno a Kiev, si chiedono sforzi per arrivare a una risoluzione del conflitto sfruttando le sedi internazionali. Il 5stelle ha votato l’Odg dicendo di condividerlo. Tuttavia, dalle ricostruzioni emerge come in origine il testo fosse molto più esplicito nell’esprimere una posizione non conciliante sui prossimi impegni dell’Italia. A quanto pare dopo un confronto in maggioranza si è preferito smorzare i toni e scegliere la cautela, visti i riferimenti della bozza ai risultati attuali del conflitto, alla disaffezione degli italiani e alle decisioni del Congresso americano.
La postura che l’occidente sta assumendo infatti è evidente. Dalle relazioni dei ministri della Difesa emerge l’idea che la guerra non stia andando come si voleva, con la Russia che deve limitare le sue pretese ma che ad ogni modo controlla i territori conquistati in partenza, senza che Kiev sembri in grado di riconquistarli. Anche stando alle ultime informazioni rese dal ministro Crosetto, ci si avvia a una “guerra di posizione” che può divenire prolungata con una strategia di logoramento da parte di Mosca.
Gli invii di armi, materiali ed equipaggiamenti si fanno sempre più difficoltosi in Europa, i Paesi dell’Ue hanno dato fondo alle loro risorse e rischiano, continuando ad aiutare, di privarsi di arsenali per loro necessari. E lo stop più eclatante è ovviamente quello degli Stati Uniti, dove attualmente «la linea è interrotta» per la mancanza di un accordo tra le parti politiche, anche a causa della scarsità dei fondi come è stato detto dal portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby.
Joe Biden ha la maggioranza al Senato, diversa la situazione nella Camera dei Rappresentanti, in cui si assiste all’ostruzionismo dei repubblicani. L’ultimo pacchetto di aiuti da 175 miliardi risale a dicembre e potrebbe essere l’ultimo, anche se Biden ha avviato colloqui con i leader per riuscire a sbloccare un altro pacchetto da 61 miliardi, che si crede sarebbe varato in cambio di nuove misure sull’immigrazione volute dai conservatori. Intanto è giallo per il report del Pentagono che denuncia la perdita di tracciamento di oltre un miliardo di aiuti.
Londra vuole fare la sua parte. Rishi Sunak ha promesso a Zelensky aiuti per 2,5 miliardi, ma potrebbe trovarsi abbastanza solo se la situazione non si dirime. Zelensky vuole comunque continuare a combattere, si è detto più aperto a una soluzione diplomatica ma allo stesso tempo sottolinea l’importanza di essere preparati alle vie militari. Il messaggio è stato accolto dai Paesi baltici, i più esposti e preoccupati dall’azione della Russia. Loro potrebbero decidere di aiutare Kiev autonomamente.
La soluzione del conflitto è ancora un rebus
La faccenda diviene complessa quando si considerano i diversi punti di vista anche dei Paesi alleati. Usa e Ue hanno sempre dato man forte ma non vogliono che l’Ucraina colpisca sul suolo russo, anche si trattasse soltanto di basi di lancio. A sua volta la Russia avverte che l’abbattimento di suoi bersagli genererebbe una reazione molto violenta e pericolosa. Il tutto nel quadro in cui un po’ tutti cominciano a disperare delle possibilità ucraine e vogliono cessare le ostilità. Difficile però capire come arrivare concretamente a una fine. Putin sarebbe anche disposto a trattare, ma non sappiamo quando. Forse non ora che la controffensiva ucraina è fallita. Al contrario, come accennato sopra, potrebbe avere in mente una lunga guerra di logoramento per ottenere quanto più possibile. Dove si fermerà? Ma anche: su cosa è disposta a cedere l’Europa? Quanto territorio accetterebbe di perdere Kiev? Se non si trova una risposta chiara a questi interrogativi la guerra continuerà senza accordi. Anche perché, se è vero che con le armi l’Ucraina prosegue a battersi, senza forniture la Russia avanzerebbe maggiormente.