Esteri
Ucraina: fronte quasi fermo, intelligence e diplomazia fanno danni
Di Giampiero Gramaglia
A Bakhmut, in russo Artemivsk, nell’ovest del Donetsk, nel Donbass, si combatte da mesi senza che il fronte si sposti. La Russia ora fa ‘terra bruciata’ con l’artiglieria e gli aerei: vuole assicurarsi il pieno controllo della città, che prima della guerra aveva quasi 80mila abitanti e che oggi ne conta appena 10mila. A Mosca come a Kiev, a Bruxelles come a Washington, gli analisti sono convinti che prendere o meno Bakhmut non cambi le sorti del conflitto. Eppure, ogni giorno, le forze ucraine sostengono decine di attacchi russi; e ci sono perdite pesanti dalle due parti, caduti, feriti.
Dallo scorso dicembre, le posizioni sono sostanzialmente immutate, in quella che è divenuta una guerra tipo Grande Guerra. All’uscita dall’inverno, s’attendeva una nuova offensiva russa che di fatto non c’è stata; adesso, s’aspetta la controffensiva ucraina che continua a essere procrastinata, subordinata all’arrivo di munizioni e di armi dall’Occidente. Gli avanzamenti sul terreno sono rari e praticamente ininfluenti, ma i combattimenti sono sanguinosi e bombe e missili continuano a fare vittime fra la popolazione civile.
Dal terreno, il fronte del conflitto sembra essersi spostato ai giochi dell’intelligence e all’intreccio d’informazioni e contro-informazioni, mentre la diplomazia pare più attiva che in passato, ma non sortisce risultati. La missione semi-congiunta in Cina del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen desta divisioni in Occidente più che innescare progressi verso la pace, in attesa dei risultati della visita del presidente brasiliano Inàcio Lula da Silva.
L’attenzione si concentra sulla messa in circolazione, non si sa ad opera di chi, di grandi quantità documenti segreti, non è chiaro se e quanto autentici e neppure se e quanto affidabili: il frutto d’un’azione d’intelligence può essere al contempo autentico e inaffidabile. Notizie e smentite increspano le acque e mescolano le carte. Così, c’è chi pone in discussione che Kiev possa lanciare la controffensiva e possa ottenere riconquiste territoriali: le difficoltà ucraine nell’ammassare truppe e nel disporre di munizioni ed equipaggiamenti potrebbero impedire il recupero almeno parziale delle aree sotto occupazione.
Il Pentagono avverte che la fuga di notizie, la più grave dalle rivelazioni di Wikileaks nel 2010, comporta rischi molto gravi per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e occidentale. Da una parte, si cerca di tamponare le falle, senza però sapere bene quante e dove siano; dall’altra, si fanno esercizi di ‘damage control’. Perché i documenti filtrati sui social, specie Twitter e Telegram, dopo essere stati inizialmente condivisi su un social di nicchia Discors già tra febbraio e marzo, rivelano, fra l’altro, che gli 007 Usa non spiano solo i rivali, ma anche gli alleati, pure Volodymyr Zelkensky – nessuno se ne stupisce, ma tutti se ne mostrano scandalizzati -.
E i ‘files’ confidenziali scoprono pure qualche magagna. Ad esempio che l’Egitto, il cui regime è sostenuto dagli aiuti occidentali, progettava, in gran segreto, di produrre 40 mila missili e di fornirli alla Russia: il presidente golpista Abdellatif al-Sisi avrebbe dato personalmente disposizioni perché non lo si sapesse “per evitare problemi con l’Occidente” – Il Cairo nega e Mosca pure, per coprire forse il doppio gioco del desposta egiziano -. Sarebbe, invece, una bufala la voce avallata dai russi che gli Emirati Arabi Uniti “collaborano con loro contro le agenzie d’intelligence statunitensi e britanniche”. È però un fatto che, all’Opec, spesso Russia ed Emirati si ritrovano d’accordo.
Ridda di smentite ed ammissioni a confondere il quadro
L’Ucraina smentisce una notizia della Cnn che la fuga di documenti riservati l’abbia costretta a cambiare i piani della controffensiva programmata per la primavera. Anzi, il ministro della Difesa Oleksiy Reznikov annuncia che Kiev sta preparando un attacco alle navi russe nel Mar Nero, rivelatesi già in passato bersagli vulnerabili – esattamente un anno fa, il 13 aprile, l’affondamento della nave ammiraglia, l’incrociatore Moskva, diede un segnale di riscossa agli ucraini e intaccò l’assurda protervia dei vertici russi -.
Ma le carte del Pentagono finite sui social aprono finestre di realtà scomode: la contraerea ucraina non ha munizioni sufficienti. Come conferma il New York Times, tra metà aprile e inizio maggio, le scorte di missili per i sistemi di difesa aerea S-300 e Buk dell’era sovietica saranno esaurite. Ciò significa che, senza ingenti forniture occidentali, Kiev non sarà in grado di contrastare gli attacchi dell’aviazione russa, la cui forza è ancora intatta. E questo, secondo la Cnn, suggerisce a Zelensky cambi di strategia.
Forse meno imbarazzata di Washington, Mosca usa l’arma dell’ironia: il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov risponde, a chi gli chiede del possibile coinvolgimento di agenzie russe nella fuga del materiale ‘top secret’: «Ormai c’è la tendenza di incolpare la Russia, sempre e per tutto». Analisti militari consultati dal New York Times ritengono che i documenti abbiano subito alterazioni in passaggi cruciali, ad esempio sulle stime sulle perdite ucraine e russe – le prime sarebbero sovrastimate, le seconde sottostimate -. Ciò induce a pensare che la fonte della fuga siano i servizi russi.
La Reuters pubblica le cifre contenute nei documenti filtrati: fino a 354.000 soldati russi e ucraini uccisi o feriti, secondo una valutazione dell’intelligence miliare Usa; i russi oscillano tra 189.500 e 223.000, di cui 35.500 – 43.000 caduti in combattimento; gli ucraini tra 124.500 e 131.000, di cui 15.500 – 17.500 caduti.
Supposizioni, ipotesi e fatti s’intrecciano e si sovrappongono. Mosca vieta ai funzionari governativi di lasciare il Paese – teme forse defezioni? – e dà un giro di vite alle norme sulla leva. Il consigliere di Zelensky Mikhailo Podolyak, riduce tutto a un bluff russo: i documenti forniscono solo statistiche e “molte informazioni artefatte”, fra cui –si dice a Kiev– quella della presenza in Ucraina di centinaia di istruttori Nato. Desta orrore un video che mostra la decapitazione di due prigionieri ucraini ad opera di russi: i mercenari del Wagner negano ogni responsabilità.
Ma il conflitto, oltre che sui fronti di guerra e dell’intelligence, ha rivoli e risvolti. Washington e Mosca si accusano a vicenda, ma intanto negoziano, sulla vicenda dell’inviato del Wall Street Journal Evan Gershkovich, arrestato, accusato e imprigionato per spionaggio – probabilmente, si prepara un nuovo scambio di prigionieri, come quello avvenuto a dicembre tra la cestista Usa Brittney Griner e il mercante d’armi russo Viktor Bout -. E, intanto, la Russia accusa l’Ucraina dell’attentato a San Pietroburgo costato la vita a inizio aprile al blogger pro-Putin e pro-guerra Vladen Tatarsky – Kiev nega e parla di complotti interni alla cricca putiniana -.