Esteri
Ucraina: da Praga, molti sì a usare armi Nato contro basi russe; Italia e altri restano contrari
Di Giampiero Gramaglia
Gli Stati Uniti e diversi Paesi dell’Alleanza atlantica autorizzano l’Ucraina a colpire con le loro armi obiettivi militari in territorio russo, in particolare le basi da cui partono gli attacchi con missili e droni su Kharkiv, la seconda città ucraina, da settimane sotto una gragnola di colpi russi.
Ma le decisioni che escono dal Consiglio atlantico informale di Praga, una riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi della Nato che prepara il Vertice di Washington a luglio, nel 70° anniversario del Trattato dell’Atlantico del Nord, non sono collegiali: si procede per il momento in ordine sparso, con modalità diverse Paese per Paese.
Qualcuno, come la Polonia e i Baltici, ma non solo, aveva già allentato l’obbligo per Kiev ad usare le armi della Nato solo sul territorio ucraino, per liberarne porzioni dall’occupazione russa. Altri lo fanno adesso. Ma Paesi importanti, come Germania, Italia e Spagna, esitano o sono recisamente contrari a quella che, comunque la si presenti, è un’escalation verso il rischio di un conflitto globale.
Le reazioni che vengono da Mosca ne sono una conferma: il falco dei falchi Dmitry Medvedev, vice-presidente del Consiglio di sicurezza nazionale, ex presidente fantoccio ed ex premier, ammonisce l’Occidente a non dare per scontato che Mosca non ricorra all’arma nucleare, dopo avere già sottovalutato, 27 mesi or sono, l’eventualità dell’invasione. Dal Cremlino, però, vengono anche segnali di disponibilità al negoziato: il ministro degli Esteri Sergej Lavrov fa la colomba; i colleghi dei Paesi della Nato gli rispondono in modo scontato, “Se la Russia vuole la pace, non deve fare altro che ritirare le truppe”.
Per una volta, a dettare il ritmo delle decisioni alleate non sono gli Stati Uniti. Anzi, Washington resta allineata e coperta per una settimana, dopo che il segretario generale Nato Jens Stoltenberg aveva detto che l’Alleanza dovrebbe consentire agli ucraini di usare le armi loro fornite per colpire in Russia le basi da cui partono i raid.
La sortita di Stoltenberg, affidata a un’intervista all’Economist e forse concertata con Washington, per vedere l’effetto che faceva, aveva innescato reazioni variegate: positive in Gran Bretagna, Olanda, Polonia, nei Paesi baltici; possibiliste in Francia; prudenti, diffidenti o decisamente contrarie in Germania, Italia, Spagna.
Ai ministri, a Praga, Stoltenberg ripete che Kiev può respingere l’invasione solo con un forte aiuto Nato, mentre, in coincidenza con la riunione, dal fronte giungono notizie drammatiche: Volchansk, sulla via di Kharkiv, è in fiamme, si combatte casa per casa. Il ‘capo della diplomazia europea’ Josep Borrell s’allinea al segretario generale Nato: entrambi, però, sono a fine mandato. Al Vertice di luglio, dovrebbe essere ufficializzato l’avvicendamento tra Stoltenberg, norvegese, e Mark Rutte, premier olandese uscente.
Reduce da Kiev, il segretario di Stato Usa Antony Blinken offre un quadro meno drammatico: “Grazie al coraggio degli ucraini e al sostegno degli alleati, il fronte nell’Est si sta stabilizzando”. Ma desta allarme, nel Nord Europa, l’illazione che la Russia voglia modificare i confini marittimi nel Mar Baltico. E il Financial Times scrive che la Nato a Est dispone soltanto del 5% della difesa aerea necessaria a fermare un eventuale attacco russo.
L’Alleanza atlantica è arrivata alla riunione di Praga con uno schieramento composito, su cui Washington ha sganciato, giovedì sera, una ‘bomba’ diplomatica: dopo settimane di tergiversazioni, Joe Biden autorizza l’Ucraina a usare armi fornite dagli Stati Uniti per colpire obiettivi militari russi da cui partono gli attacchi su Kharkiv.
È un cambio di posizione importante, anche se le fonti della Casa Bianca tendono a mettere l’accento sul carattere limitato delle autorizzazioni date e collegano la decisione alla recrudescenza di attacchi su Kharkiv, che era stata parzialmente occupata nella prima fase dell’invasione, ma era poi stata abbandonata dai russi durante la controffensiva ucraina dell’autunno 2022.
A convincere Biden sono state le pressioni di alcuni partner europei, ma anche i rapporti ricevuti dopo la visita a Kiev del segretario di Stato Antony Blinken, che s’è convinto del pericolo di crollo delle difese ucraine a questo punto del conflitto.
A Praga, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani è stato esplicito: sostegno all’Ucraina, sì, ma senza l’invio di truppe e senza l’uso di armi italiane in territorio russo. Tajani, forse anche tenendo conto del tenore delle reazioni in Italia, s’è richiamato alla Costituzione, che impedirebbe l’uso di armi contro la Russia; ha assicurato che Kiev s’è impegnata a rispettare i vincoli posti all’uso delle armi italiane; e ha chiarito che la Nato non può imporre a nessuno l’uso delle armi, ma che ogni Paese è libero di decidere per sé.
Divisa sull’uso delle armi, l’Ue è invece unita nel varare nuove sanzioni anti-russe e nuove misure per ridurre ulteriormente l’ormai modesta dipendenza dal petrolio e dal gas russi. Secondo EuNews, le ultime riunioni dei ministri degli Esteri e della Difesa dei 27 hanno sortito “un sostegno tutto nuovo” all’Ucraina. Euronews vede emergere, nella Nato, “la volontà di eliminare i vincoli all’utilizzo delle armi occidentali contro la Russia”. Potrebbe maturare, a livello collegiale, prima del Vertice di Washington, se si troverà modo di ammorbidire le posizioni tedesca, italiana, spagnola. Che, una volta passate le elezioni europee dal 6 al 9 giugno, potrebbero anche mostrarsi meno granitiche di quanto non appaia oggi.