Brutta storia se quello moderato, con le idee meno peggio, risulta essere Donald Trump. JD Vance, la sua spalla, candidato alla vice presidenza, è uno dei membri più protezionisti e isolazionisti del partito repubblicano. Incarna l’ala dura del movimento Maga (Make America Great Again), sospettoso verso l’Unione Europea, la Nato ed è ostile agli aiuti all’Ucraina. A questo punto viene facile farsi prendere dallo sconforto. Un conto però è la campagna elettorale, un altro la responsabilità di governo. Anche a Trump, se vince, non converrà servire una mano troppo favorevole a Putin: sarebbe controproducente perché dietro la Russia, ricordiamocelo, c’è la Cina, oggi il grande nemico degli Stati Uniti.
C’è un piano negli ambienti repubblicani
Trump dice che se verrà eletto porrà fine alla guerra in 24 ore. Ma che cos’ha in mente davvero? Viktor Orban è andato a trovarlo a Mar a Lago, e ha detto che l’ex presidente avrebbe un piano per negoziare la pace. Questo piano, stando ad Orban, ricalcherebbe grosso modo un documento pubblicato sull’America First Policy Institute da due alleati di Trump, Keith Kellogg e Fred Fleitz. I quali, riporta il Financial Times, potrebbero ottenere ruoli di altro profilo nella sicurezza nazionale se Trump vincesse le elezioni di novembre.
Le opzioni
Orban non è esattamente un interlocutore affidabile, e sappiamo quanto Trump sia volubile e cambi idea in fretta. Tuttavia la strategia di Kellogg e Fleitz non è quella di far vincere Putin. I due propongono che l’America continui a sostenere militarmente l’Ucraina, ma a una condizione: Kiev deve trattare con Mosca. L’obiettivo: un cessate il fuoco alla “coreana” sulla base delle linee attuali del fronte (ma senza un riconoscimento legale dei territori annessi dai russi). Allo stesso tempo, gli Usa direbbero a Putin che qualsiasi rifiuto di negoziare si tradurrebbe in un maggior sostegno americano all’Ucraina.
Le contraddizioni attuali
È un piano così sbilanciato a favore della Russia? Ed è così lontano dalla strategia attuale di Biden e alleati? In parte decisamente sì, l’Ucraina verrebbe spinta con un ricatto al tavolo del negoziato. Nei fatti, però, l’appoggio all’integrità territoriale dell’Ucraina oggi è solo formale, perché Europa e Stati Uniti non hanno dato abbastanza armi per cacciare indietro i russi. Né hanno dato il permesso di distruggere i centri logistici e le basi da dove partono gli attacchi, colpendo in profondità il territorio russo. La strategia sembra quella di mettere Kiev in una posizione di “non debolezza”, aspettando che arrivino le condizioni per un compromesso. Il compromesso è questo: l’Ucraina rinuncia a dei pezzi di territorio in cambio di garanzie di sicurezza. Kiev vorrebbe entrare nella Nato, e le è stato promesso che davanti a sé ha un percorso “irreversibile” verso l’adesione. Non c’è però una tempistica precisa dato che Stati Uniti e Germania si oppongono a un ingresso rapido. Il piano Kellogg/Fleitz suggerisce di posticipare l’adesione dell’Ucraina per un periodo “prolungato”. C’è una differenza, ma è davvero così grande?
Putin vuole vincere
Il vero problema è che Putin non sarebbe d’accordo, in ogni caso. Non vuole congelare il conflitto perché è convinto di stare vincendo e ha già respinto più volte l’idea di rimandare l’adesione dell’Ucraina alla Nato. Vuole escludere questa possibilità tout court. In generale, Putin non vuole solo guadagnare territori. Mira alla capitolazione dell’Ucraina, ad assicurarsi che torni a essere uno Stato “amico”, che in sostanza fallisca l’idea di una democrazia legata all’Occidente.
Il bivio di Trump
Anche Trump, forse, non sarà disposto a dare a Putin questa vittoria (e tanto meno lo sarà il Pentagono). La speranza è che si renda conto che lasciare l’Ucraina in pasto a Putin lo farebbe sembrare debole. E Trump detesta sembrare debole. Quanto all’Europa dovrà comunque farsi carico di più della propria sicurezza.