Esteri
Trump 2: mannaia sui dipendenti federali, via libera a Muro di Ferro in Cisgiordania
Di Giampiero Gramaglia
La mannaia del Trump 2 cade sui dipendenti federali negli Stati Uniti, mentre Washington avalla l’operazione Muro di Ferro lanciata da Israele in Cisgiordania, meno di 48 ore dopo l’inizio della tregua con Hamas nella Striscia di Guerra.
La certezza del sostegno del presidente Usa Donald Trump rende più facile per il premier israeliano Benjamin Netanyahu aprire un nuovo fronte in Cisgiordania, a rischio di compromettere la tenuta della tregua.
L’operazione Muro di Ferro ha fatto, solo ieri, una decina di vittime, 35 feriti e 60 arrestati, a Jenin: obiettivo, colpire i gruppi militanti islamisti locali, «un altro passo per rafforzare – dice Netanyahu – la sicurezza in Giudea e Samaria», come la destra religiosa chiama la Cisgiordania, che rivendica.
In Israele, dove il capo di Stato Maggiore Herzi Halevi annuncia che si dimetterà il 6 marzo, riconoscendo le sue responsabilità nella mancata prevenzione dei raid terroristici del 7 ottobre 2023, tutti capiscono che l’offensiva in Cisgiordania serve a Netanyahu proprio per rabbonire la destra, contraria alla tregua. Hamas replica incitando «all’escalation in Cisgiordania … contro il terrorismo dei coloni e di Israele».
Sospesi o ‘degradati’, le purghe del magnate
Più che sull’estero, a Washington, però, l’attenzione è concentrata su quanto sta avvenendo dentro gli uffici federali, dove sono già cominciate le epurazioni: messi in congedo retribuito, in attesa d’essere riassegnati o licenziati – i dipendenti che s’occupavano di diritti di genere e disuguaglianze; rimossi e ‘degradati’ quelli ritenuti ostili.
I congedi retribuiti, decisi con un ‘memo’, sono un effetto della priorità ‘trumpiana’ di smantellare tutti i programmi intesi a ridurre le disparità di genere, di colore e di censo. Rimozioni e demansionamenti vengono, invece, segnalati soprattutto al Ministero della Giustizia – sarebbero una quindicina i funzionari già toccati -.
L’ammiraglio comandante la Guardia costiera, una donna, Linda Fagan, è stata rimossa senza ulteriori spiegazioni: un’avvisaglia, secondo i media, di ulteriori avvicendamenti ai vertici militari.
Misure con o senza conseguenze, contestate o meno
Molte del centinaio di misure adottare tra lunedì e martedì, alcune delle quali forse incostituzionali – la sospensione dello ius soli, ad esempio –, sono destinate a essere contestate nei tribunali d’ogni ordine e grado fino alla Corte Suprema: 18 Stati e numerose organizzazioni non governative hanno già fatto ricorso proprio per lo ius soli. Contestata anche l’autorizzazione ad arrestare migranti senza documenti nelle chiese e nelle scuole, finora considerati dei ‘santuari’.
Sul Washington Post, Amber Phillips intervista uno specialista in presidenze degli Stati Uniti, Andrew Rudalevige, secondo cui le prime mosse del Trump 2 sono state «ambiziose ed aggressive»: alcune delle misure adottate – osserva Rudalevige – avranno più impatto di altre e le più efficaci saranno probabilmente oggetto di contestazione davanti a un giudice.
Fra le decisioni che, nell’immediato, cambiano poco o nulla c’è il ripristino della pena di morte federale, cancellando la moratoria voluta da Biden nel 2021: prima di lasciare la Casa Bianca, infatti, Biden aveva praticamente svuotato i bracci della morte federali, commutando in ergastolo tutte le condanne a morte pronunciate tranne quelle di tre terroristi.
Sono invece già tornati in libertà, con la fedina penale pulita, caporioni e facinorosi della sommossa del 6 gennaio 2021, fra cui i due leader degli Oath Keepers Stewart Rhodes e dei Proud Boys Enrique Tarrio. Jacob Chansley, lo ‘sciamano’, ha già fatto sapere che non vede l’ora di comprarsi un’arma, adesso che può di nuovo farlo.
Washington Post: una nuova era della competizione globale
Il Washington Post legge nei primi passi del Trump 2 «la nascita di una nuova era della competizione globale». Ieri, ricevendo alla Casa Bianca gli amministratori delegati di OpenAI, Oracle e SoftBank, il presidente ha annunciato investimenti privati per 500 miliardi di dollari destinati a costruire nuovi centri dati per l’intelligenza artificiale. Investimenti che sarebbero stati decisi dopo la vittoria di Trump nelle elezioni di novembre.
Per il Financial Times, Trump minaccia una guerra globale sulle tasse alle multinazionali Usa: sta facendo studiare misure di ritorsione contro i Paesi che, con l’avallo dell’Ue, applicano prelievi «extraterritoriali» sulle multinazionali statunitensi – l’Italia è fra questi -.
Intanto, ci s’interroga sui motivi della decisione di Vivek Ramaswami di rinunciare a guidare, con Elon Musk, il Doge, il nuovo Dipartimento per l’efficienza dell’Amministrazione pubblica. C’è chi spiega che Ramaswami intende candidarsi nel 2026 a governatore dell’Ohio, cosa che era già nota e che non è necessariamente in conflitto con la guida del Doge, il cui mandato, del resto, dovrebbe esaurirsi proprio nel 2026. Un’altra voce, di cui si fa eco il Washington Post, parla di «profonde differenze filosofiche» tra Ramaswami e Musk, l’avanguardia degli screzi fra egocentrismi che segneranno il Trump 2.
Nel breve termine, l’uscita di scena di Ramaswami aumenta i margini di manovra, già molto ampi, di Musk.
Ombre si allungano sulle conferme, da parte del Senato, di Pete Hegseth a segretario alla Difesa – una sorella dell’ex moglie ne denuncia le violenze e gli abusi – e di Tulsi Gabbard a responsabile dell’Intelligence nazionale – con rivelazioni mediatiche sul suo incontro nel 2017 a Damasco con il dittatore siriano Bachar al-Assad quand’era deputata democratica –.