Esteri
Trattato Italia-Francia: Libia riunificata e Mediterraneo sicuro
Di Giampiero Cinelli
Il Trattato del Quirinale è stato ratificato dalla Camera e ora passa al Senato. Il documento comprende varie tematiche su cui Italia e Francia intendono cooperare. Un capitolo è dedicato alla politica da intraprendere nel Mediterraneo e di questo il Cespi (Centro studi di politica internazionale) ha voluto parlare in un webinar trasmesso stamattina, a cui ha preso parte, tra rappresentanti istituzionali e studiosi, anche la presidente della Commissione Esteri del Senato Stefania Craxi.
Proprio la Craxi ha aperto, sottolineando che il Trattato del Quirinale ha sollevato non pochi dubbi nel mondo politico, visti i rapporti non sempre armoniosi tra Roma e Parigi, e in memoria delle frizioni in Libia, in cui ci si è fatti «concorrenza sleale». Ma proprio per questo adesso si è sentita l’esigenza di fissare dei punti comuni e ridurre la conflittualità. Anche perché sul tema Mediterraneo la strategia comunitaria non ha dato i risultati sperati e gli Stati Uniti sono ora più concentrati sul versante indo-pacifico. Dunque è tempo di tornare ad avere più presenza dopo i tanti avvenimenti dal 2011 ad oggi. «Non abbiamo letto il conflitto intra-arabo e intra-sunnita – ha detto la Craxi – affermando che per l’Italia una strategia sul Mediterraneo non è una scelta ma l’unica strada». Anche in ragione della diversificazione delle fonti energetiche. La presidente ha poi posto l’accento sullo sviluppo dei cavi sottomarini nei quali passano non solo le fonti fossili ma i dati.
Alfredo Conte, del Ministero degli Affari Esteri e Direttore Centrale Area Mena, ha fatto sapere che tra il nostro Paese e i cugini d’oltralpe si sta lavorando meglio. «Non è retorica ma lo conferma anche l’ambasciata italiana. Sulla Libia abbiamo vedute parzialmente divergenti. Loro vogliono soluzioni troppo rapide. Se il Paese fosse pacificato ci sarebbero molti benefici sull’approvvigionamento energetico. Un tema che stiamo portando avanti anche con l’Algeria. Deve essere chiaro – ha proseguito Conte – che accordi con Paesi meno sviluppati di noi devono ormai tenere conto anche dei loro interessi. Noi possiamo portare all’Algeria la tecnologia delle rinnovabili e strumenti per far fronte alla siccità».
Ovviamente per la riuscita delle relazioni la sicurezza è fondamentale. Perché l’instabilità di certe aree ha ripercussioni immediate. Così Conte: «Siamo infatti molto preoccupati per la Tunisia, su cui puntiamo che venga approvata la nuova costituzione nel referendum di luglio e che si possa andare a nuove elezioni entro l’anno. Le finanze sono prossime al dissesto ma siamo attivi con la Francia e i Paesi del G7. Il FMI è già in campo. La guerra poi mette in crisi le catene alimentari. Ecco perché in data 8 giugno organizzeremo con il Ministro Di Maio un dialogo ministeriale con i paesi del Mediterraneo per la sicurezza alimentare. Sarà presente anche la Francia tramite una sua rappresentanza». In ultimo il funzionario ha ricordato come i rapporti con la Turchia siano molto positivi negli ultimi anni. Meno buoni i rapporti con l’Egitto, ma appunto il trattato con la Francia, che invece dialoga bene con il Cairo, può indirettamente aiutarci.
Il Consigliere di politica estera presso l’Ambasciata di Francia in Italia, Raphael Dang, in merito al Trattato ha confermato l’accelerazione nei rapporti e la possibilità di fare più cose insieme. Sull’ambiente si lavorerà alla tutela della biodiversità marina e alla neutralità dal carbone. Obiettivo del Trattato per Dang è la convergenza generale. La Libia resta una priorità, con differenze di metodo rispetto all’Italia ma concordanza su analisi e obiettivi. Sia Italia che Francia dicono no alla divisione territoriale della Libia.
In chiusura Stefania Craxi ha sottolineato che l’Italia dovrebbe concretamente fare di più per aiutare economicamente Tunisi e favorire la transizione democratica del Paese. La debolezza del sistema parlamentare tunisino è data anche da influenze esterne, dalla penetrazione di idee estremiste e dall’uscita ancora da consolidare dalla dittatura di Ben Ali. L’attuale plenipotenziario Saied ha comunque un buon consenso tra la classe imprenditoriale. Tutti hanno convenuto sull’idea che una cooperazione efficiente sia utile in virtù della concorrenza che in Africa stanno facendo e faranno Russia e Cina, molto impegnate nelle Terre Rare da cui ricavano il materiale per i semiconduttori. E la regione del Sael può essere un teatro fondamentale nel dopoguerra ucraino perché Mosca potrebbe decidere di espandersi lì per ammortizzare i traumi del conflitto e perseguire nuovi interessi.