Esteri

Trovato l’accordo sulle targhe tra Serbia e Kosovo. Scende la tensione

28
Novembre 2022
Di Giuliana Mastri

Kosovo e Serbia hanno raggiunto l’accordo sulle targhe automobilistiche che aveva fatto scoppiare disordini tra i due Paesi. Anche il rappresentante Ue per gli affari esteri Josep Borrell ha espresso tutta la sua soddisfazione in un tweet.

«La Serbia smetterà di emettere targhe con le denominazioni delle città del Kosovo e il Kosovo cesserà ulteriori azioni relative alla reimmatricolazione dei veicoli», si legge nella nota ufficiale.

«Le parti in questi giorni sono invitate a discutere le fasi successive nel quadro della proposta con l’obiettivo di presentare i risultati entro il prossimo gruppo speciale sulla normalizzazione con il Kosovo e l’aggiornamento sul capitolo 35 per la Serbia. In caso di ostruzione, l’Ue può porre termine al processo. Borrell e Lajcak si impegnano infine a continuare a facilitare il processo di normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo ed aggiornare regolarmente gli Stati membri dell’Ue e i partner sui progressi compiuti». Il primo novembre sarebbero dovute scattare le multe per tutti i cittadini che non avessero reimmatricolato la loro automobile secondo le norme kosovare, ma le pressioni del governo americano avevano spinto il premier Kurti a rinviare la decisione di 48 ore.

L’antefatto

A fine luglio il confine tra Serbia e Kosovo si era agitato a causa delle regole sui documenti. In particolare il governo di Pristina (che è frutto dell’indipendenza dalla Serbia), non accettava più l’immatricolazione di vetture con targhe emesse in Serbia dal 1999 al 2022 e denominate con città kosovare. Precisamente quelle delle vecchie province ora autonome quali Pristina, Prizren, Pec, Djacovica etc. Quindi indicando che fosse necessario registrarle nuovamente con una targa della Repubblica del Kosovo, dalla sigla Rks. Il governo kosovaro aveva detto che in Serbia era stato fatto lo stesso e le loro scelte fossero assolutamente legittime giuridicamente. Difficoltà c’erano già nel passare la frontiera, visto che un normale documento non era sufficiente e c’era bisogno di un’ulteriore certificazione autorizzante. Il presidente serbo Vucic aveva puntato il dito, sostenendo che si trattasse soltanto di scuse per cacciare via i membri dell’enclave serba. La frizione aveva portato a spari e sbarramenti con il serio rischio che si degenerasse in un conflitto.