Grazie al mio ex consigliere politico Francesco Ronchi ho ritrovato il Resoconto dell’ incontro con Jaques Delors , recentemente scomparso, incontro tenuto presso la Fondazione Notre Europe, a Parigi, l’11-6-2010.
Negli stralci che seguono emerge l’attualità’ del pensiero di uno dei padri della Europa!
Pittella esprime la sua preoccupazione per gli effetti sociali ed economici che la crisi finanziaria sta producendo sull’Europa. In particolare, formula i suoi dubbi rispetto all’adozione di politiche di bilancio esclusivamente restrittive. Si profila infatti il rischio di una stagione unilaterale di “lacrime e sangue”. In questo senso, egli ricorda di aver proposto, a più riprese, l’emissione di euro-bond in grado di finanziare politiche di rilancio dell’economia a livello europeo.
Jacques Delors dichiara di concordare con la visione di Pittella.
La crisi dell’Europa é ora messa a nudo dalla crisi finanziaria.
In proposito, Delors osserva che va riconosciuto che, sin dall’introduzione dell’Euro, c’é stato un vizio di costruzione : la parte monetaria dell’Europa era ben fatta mentre quella economica insufficiente. In altri termini, l’Euro non funzionava che su una gamba. Ora bisogna rinforzare la gamba economica.
Delors si dichiara in linea di massima favorevole al progetto di dedicare un semestre all’analisi dei bilanci statali.
Tuttavia, secondo Delors, è importante che cio’ porti davvero a un più incisivo coordinamento europeo. La crisi gerca nasce soprattutto da un difetto di coordinamento europeo a livello europeo e non semplicemente dall’elevato debito pubblico greco.
Perché possa realizzarsi questo coordinamento europeo a livello economico è importante distinguere i due livelli : l’Europa dei 16 da quella dei 27.
Non é possibile riunire il lunedi’ 16 paesi e prendere determinate decisioni- dichiara Delors- e poi riunire il martedi’ 27 paesi per discutere gli stessi temi.
Si sta inoltre assistendo ad un’operazione ancora più pericolosa : gli anglosassoni stanno cercando di affossare l’Euro e con esso il progetto di costruzione europea nel suo insieme.
Dietro l’ostilità anglosassone, emerge un problema culturale : essi infatti non sono in grado di pensare ad alcuna soluzione che vada oltre il modello dello Stato nazionale, come nel caso inglese, o quello federale come nel caso americano. L’Unione Europea è invece una soluzione intermedia tra questi 2 modelli, « terza », e che per questo gli anglosassoni vogliono sabotare.
Ma- si chiede Delors- l’affossamento di questa Unione Europea a cosa porterebbe ?
Di certo non aumenterrebbe quella cooperazione necessaria per affrontare i problemi attuali.
E’ in atto-denuncia Delors- un’offensiva molto grave da parte del mondo anglosassone che rischia di avere effetti drammatici. Sarebbe infatti un errore pensare che la crisi sia finita. Al contrario, ci sono segnali che ci dicono che essa potrebbe riesplodere, anzi forse sta cominciando a riesplodere. Basta vedere i depositi record delle banche europee alla BCE registrati nei giorni scorsi.
Le banche preferiscono depositare le proprie liquidità in facilità di deposito alla BCE, remunerate a un tasso di remunerazione inferiore, ma più sicuro rispetto a quello che potrebbero ottenere se prestassero ad altre banche. In questo modo, si riduce la liquidità sul mercato interbancario e cio’ puo’ alimentare una nuova crisi.
La virulenza dell’offensiva contro l’Euro impone 3 mosse, secondo Delors :
1) lottare contro la speculazione finanziaria.
2) Adottare misure di regolamentazione dei mercati finanziari. Su questo punto è importante una precisazione : anche se a livello mondiale non si dovesse trovare un accordo, l’Europa non dovrebbe rinunciare a tale regolamentazioen e dovrebbe applicarla anche autonomamente.
3) Perseguire una politica economica che non affondi la crescita ma che tenga conto dell’aspetto sociale.
Pittella concorda con Delors e ricorda l’importanza del metodo comunitario, troppo spesso dimenticato. Serve aggiunge Pittella una forte volontà politica di rilancio di tale metodo.
Delors concorda e cita l’esempio del fallimento del vertice di Copenhagen. Mentre per quanto riguarda la politica commerciale, vi è una sola voce europea, pur con tutti i limiti e le difficoltà che conosciamo, a livello di politiche climatiche ogni Stato parla con la propria voce. Il risultato- aggiunge l’ex presidente della Commissione- lo abbiamo visto a Copenhagen : i paesi europei sono stati completamente marginalizzati.
Di fronte a questo declino dell’Europa, non bisogna tanto chiedersi “que faire”, cosa fare, quanto piuttosto “comment le faire”, come fare, e in questo senso il rilancio del metodo comunitario è fondamentale.
In questo quadro a tinte fosche, per Delors, vi è tuttavia un elemento positivo : il ruolo del Parlamento Europeo che si configura sempre più come spazio di pluralismo.
L’attivismo del Parlamento in questo senso è molto importante. Si puo’ prendere ad esempio il caso della direttiva Bolkenstein. In questo caso, grazie al Parlamento si è riusciti a conciliare il principio della libertà di prestazione con quello della difesa degli interessi sociali.
Per Jacques Delors, l’asse franco-tedesco ha smarrito la propria forza propulsiva. Tuttavia, anche rispetto al passato, l’apporto della coppia Parigi-Berlino non va sovrastimato. Delors ricorda che, quando era a capo della Commissione, spesso si trovava schiacciato tra le posizioni di Francia e Germania, di Kohl e Mitterrand. Egli pero’ poteva contare sul sostegno fondamentale di altri Paesi. Il ruolo storico dell’Italia e del Benelux nel processo di costruzione europea andrebbe rivalutato. Delors cita il contributo italiano, in particolare quello del governo Craxi che ebbe un ruolo fondamentale nel rilancio dell’Europa grazie al Consiglio Europeo di Milano del 1985 che approvo’ il Libro Bianco della Commissione relativo al completamento del mercato interno e quello del governo Andreotti che, nel dicembre 1990, al Consiglio Europeo, diede avvio alle due conferenze intergovernative sull’Unione economica e monetaria e sull’Unione politica .
Pittella sottolinea la fine delle grandi leadership europeiste. Dopo Jacques Delors, appare difficile individuare leader carismatici in grado di coinvolgere le opinioni pubbliche nazionali nel processo di costruzione europea. Oggi, da sola, l’Europa non ce la fa. Bisogna trovare delle nuove modalità, cambiare il modo di fare politica affinché i cittadini, e soprattutto i giovani, possano impegnarsi nella battaglia per l’Europa.
Jacques Delors condivide la diagnosi di Pittella e valuta che, effettivamente, oggi vi è un deficit di partecipazione popolare nel processo di costruzione europea.