A due settimane di distanza dal primo attacco di Hamas contro Israele il clima è quello di una tragica e drammatica attesa. Un’attesa della reazione delle forze armate israeliane via terra. Un attacco che il mondo occidentale sta cercando di scongiurare, per le gravi conseguenze che potrebbe determinare. In questi giorni è già successo di tutto, quanto basta per tenere in allarme il mondo intero. L’acme della follia si è toccata con il bombardamento dell’ospedale palestinese, un raid di provenienza ancora ignota in cui sono morte 471 persone e che ha innescato una spirale d’odio, culminata nel giorno della rabbia, indetto da Hezbollah. Mentre Onu e Ue chiedono che i fatti siano accertati, le proteste arabe dilagano, dal Nord Africa all’Asia, passando per la penisola arabica. A Istanbul, a Teheran e altrove sono stati presi di mira consolati e sedi israeliane; ad Amman, in centinaia hanno tentato di fare irruzione nell’ambasciata d’Israele; e migliaia di egiziani sono scesi in piazza in diverse città per solidarietà con i palestinesi della Striscia di Gaza. Il presidente al-Sisi ha minacciato: “Se chiedo al popolo egiziano di scendere in piazza, saranno milioni”.
Il presidente Usa Joe Biden è stato in Israele per appena otto ore, ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma non ha visto, come progettava, gli interlocutori arabi, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, il re di Giordania Abdullah II e il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al-Sisi. Il bombardamento dell’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital di Gaza, rifugio di molte famiglie, ha acceso reazioni pro Palestina nel mondo arabo, nonostante la dinamica della tragedia non sia chiara.
Peggiora pure la situazione al confine tra Israele e il Libano: negli ultimi due giorni ci sono stati scambi di colpi lungo la Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi. La tensione è palpabile, anche in Europa, soprattutto dopo l’attentato terroristico di Bruxelles e gli episodi di violenza a Parigi. L’Italia sta intensificando i suoi contatti diplomatici (Tajani è stato in Tunisia, Crosetto in Qatar e Arabia Saudita, la Meloni ha ricevuto i re di Giordania e Bahrain). La strategia di Palazzo Chigi è quella di schierarsi apertamente in sostegno delle istanze israeliane, pur non interrompendo la linea del dialogo con il mondo arabo.
Il governo intanto questa settimana ha messo a segno un importante risultato: l’approvazione in Consiglio dei ministri della legge di bilancio, che sarà ufficialmente varata entro il 31 dicembre con il voto delle Camere. Quest’anno, probabilmente, l’Italia potrebbe fare la “prima della classe” in Europa, approvando la sua manovra anche in anticipo rispetto alle scadenze. Una manovra in cui verranno allocati circa 24 miliardi, di cui 15 in deficit, motivo per cui il governo ha già individuato le fonti di risparmio e maggiori entrate da 8 miliardi per il 2024. Inoltre, in tre anni punta a raccogliere 20 miliardi dalle privatizzazioni. Le principali misure riguardano fisco, con il taglio del cuneo, con 4,1 miliardi destinati all’intervento sull’Irpef, che passa da 4 a 3 aliquote (Fino a 28.000 euro di reddito l’aliquota è 23%, oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro è il 35%. Oltre 50.000 euro è il 43%). A livello politico, invece, la peculiarità di quest’anno sta nella stretta sugli emendamenti: niente concessioni particolari ai partiti, questa la direzione. La situazione economica non è florida, non è questo l’anno per esaudire le promesse elettorali. Per quelle ci sarà tempo e il sentiment governativo è positivo: di tempo a disposizione ce ne sarà a sufficienza.