Esteri

Polonia, lo scudo della NATO a est. Parla l’Ambasciatore Franchetti Pardo

29
Agosto 2023
Di Flavia Iannilli

«Italia e Polonia sono allineate su dossier cruciali». Economia, difesa e cultura sono solo alcuni dei settori su cui si fondano i rapporti storici che legano Roma e Varsavia. Una partnership bilaterale che estende i propri valori all’interno dell’Unione europea, della NATO e delle Nazioni Unite. Dalle conseguenze della guerra in Ucraina, passando per gli interscambi commerciali, fino all’indipendenza energetica; l’intervista con Luca Franchetti Pardo, Ambasciatore italiano a Varsavia.

Italia e Polonia sono due territori di confine. Quali sono gli interessi in comune di questi due paesi tanto distanti quanto simili?
«L’impressione che ho maturato in questi primi mesi di permanenza in Polonia è che i nostri Paesi, nonostante la distanza, siano paesi vicini, dati i profondi vincoli storici, culturali, economici, di costume, che vanno ben oltre i comuni interessi contingenti e che si riflettono sulla forte amicizia tra i nostri popoli.

Non è molto nota in Italia, ad esempio, l’enorme comunanza di interessi economici. Basti pensare che a fine 2022 sono stati raggiunti 32,6 miliardi di Euro di interscambio commerciale, che abbiamo in Polonia 2700 aziende a capitale italiano e che queste danno impiego a circa 100.000 persone, come spiegherò più avanti in dettaglio. Tali interessi sono destinati peraltro a consolidarsi ulteriormente nella prospettiva futura della ricostruzione dell’Ucraina, quando le aziende italiane e polacche saranno chiamate ad operare insieme, e dove è verosimile che molte nostre ditte si appoggeranno, almeno inizialmente, alla Polonia come hub logistico.

La comunità italiana nel Paese si è moltiplicata in pochi anni, raggiungendo i 10.000 iscritti AIRE (ma il dato reale è certamente ben maggiore); sono molto sviluppati i contatti tra Università e centri di ricerca e la mobilità di docenti e docenti.

Sul piano culturale, le attività dei nostri Istituti Italiani di Cultura di Varsavia e Cracovia sono affiancate dal lavoro di 17 cattedre di italianistica presso le diverse Università del Paese, e di circa 400 scuole in cui si insegna l’italiano come lingua straniera: tutti fattori che contribuiscono alla straordinaria conoscenza dell’Italia e della lingua italiana. 

Passando su un piano diverso, e tornando alla Sua domanda iniziale, la situazione al confine orientale polacco e la crescente instabilità fanno sì che la sicurezza rappresenti uno dei maggiori interessi comuni tra i due Paesi, pur nelle diverse sfumature e differenti approcci legate ai contesti geografici di riferimento. Tale interesse comune cementa la collaborazione italo-polacca nell’ambito della comune appartenenza all’Unione Europea e all’Alleanza Atlantica. In particolare, l’Italia contribuisce alla sicurezza della Polonia attraverso le missioni di pattugliamento aereo dei cieli della Polonia e l’invio di navi nella missione NATO nel Baltico; la Polonia partecipa invece alle missioni destinate al fianco Sud dell’alleanza e alla Operazione UE Irini nel Mediterraneo, di cui l’Italia detiene il Comando.

Roma e Varsavia, in una logica volta ad affrontare le principali cause alla radice dei flussi immigratori illegali, sono convinte che sia necessario che l’Unione Europea dispieghi in Africa, e con l’Africa, un ingente programma di sostegno economico, finanziario e infrastrutturale, lungo le linee del nostro “Piano Mattei per l’Africa”».

La Polonia è il paese dell’Unione che ha subito di più le conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina, soprattutto sotto il profilo umanitario. Con quali strumenti Roma ha supportato Varsavia in questo scenario?
«Con il consistente afflusso di cittadini ucraini in fuga dalla guerra, la Polonia è diventata il secondo Paese dell’Ue per numero di profughi dopo la Germania. UNHCR stima che oltre 1.6 milioni ucraini hanno effettuato la registrazione per la protezione temporanea in Polonia. Secondo gli ultimi dati delle autorità polacche, sono attualmente circa 970 mila i profughi ucraini attualmente muniti di PESEL, ossia il numero identificativo polacco analogo al nostro codice fiscale. Peraltro, come mi ha detto nei giorni scorsi il Rappresentante della UNCHR per Polonia in occasione di una visita a progetti di sostegno finanziati dalla nostra Cooperazione, la gente continua a fuggire dall’Ucraina e solo nel mese di luglio sono stati registrati 22 mila nuovi arrivi.

L’Italia ha accolto circa 175.000 profughi ucraini sul territorio nazionale e si è adoperata a diversi livelli per venire incontro alle esigenze dei profughi ospitati nei Paesi contigui all’Ucraina, Polonia in primis. Ad esempio, nei primi mesi dopo l’inizio del conflitto si è registrata in questo Paese una consistente presenza di ong italiane (AVSI, INTERSOS, CESVI, Soleterre, per nominarne alcune). Il Dipartimento della Protezione civile nazionale ha collaborato con la Protezione civile polacca per il trasporto di malati ucraini in strutture ospedaliere italiane, nell’ambito del meccanismo europeo di solidarietà.

Anche i nostri connazionali qui residenti hanno realizzato un grande sforzo in tal senso. Penso ai cittadini impegnati in diverse associazioni di volontariato locali, che hanno fatto da tramite tra le iniziative di beneficenza sorte in Italia e il mondo dell’associazionismo polacco/ucraino. Penso anche ai nostri imprenditori, che hanno realizzato progetti di accoglienza e integrazione di profughi ucraini. È questo il caso dell’azienda italiana Partnerspol, che ha messo a disposizione una propria struttura alberghiera ubicata nella città di Lowicz, a 65 km da Varsavia, per l’accoglienza di profughi ucraini, soprattutto donne e bambini, e ha lavorato per la loro integrazione nel tessuto sociale ed economico locale. Tale iniziativa ha ricevuto anche il sostegno di altre realtà imprenditoriali ed associative italiane presenti in Polonia, oltre che alla stessa Ambasciata d’Italia, che nell’aprile 2022 ha organizzato una raccolta fondi destinata a sostenere il progetto».

Gli interscambi commerciali tra Italia e Polonia sono cresciuti costantemente negli ultimi anni dimostrando la complementarietà dei due sistemi economici e produttivi. Su quali settori strategici si regge la cooperazione tra i due paesi?
«La Polonia è un partner economico-commerciale strategico per l’Italia. Dopo l’inevitabile contrazione registrata nel 2020 a causa della pandemia, l’interscambio sta attraversando una fase di decisa espansione: dopo il record di 28 miliardi di Euro nel 2021 (dati dell’Ufficio Centrale di Statistica polacco o GUS: 14,6 miliardi Euro export ITA + 13,4 miliardi di Euro import ITA), a fine 2022 sono stati raggiunti 32,6 miliardi di Euro, con una crescita del 16,4 percento rispetto al precedente anno (dati GUS: 16,8 miliardi di Euro export ITA + 15,8 miliardi di Euro import ITA).

Nel 2022 l’Italia è risultata il 4° fornitore e il 5° cliente della Polonia a livello globale, con una quota di mercato pari al 4,7%, inferiore a quella tedesca (26%) e superiore a quella di Francia (3,4%) e Spagna (2,1%). Auspichiamo che questo trend positivo possa consolidarsi nel 2023. 

Le voci principali delle esportazioni polacche verso l’Italia riguardano metalli di base e prodotti siderurgici, macchinari e mezzi di trasporto. Le importazioni polacche dall’Italia sono costituite principalmente da mezzi di trasporto, prodotti alimentari, metalli di base e prodotti siderurgici.

La presenza imprenditoriale italiana nel Paese è solida e diversificata, con oltre 2700 società di capitale italiano. Le nostre imprese sono attive soprattutto nel settore automobilistico (Stellantis, Brembo, Magneti Marelli), difesa (Leonardo), edilizia e beni intermedi (Gruppo Mapei, Marcegaglia), bancario e assicurativo (Intesa Sanpaolo, Gruppo Generali), agroalimentare (Ferrero, CNH Industrial) ed energetico (Saipem). Siamo convinti che le nostre imprese potranno continuare ad offrire un prezioso contributo alla crescita del Paese, in particolare nel processo di transizione energetica e di ammodernamento delle infrastrutture. Da menzionare anche il reciproco interesse a rafforzare la cooperazione nel settore farmaceutico».

Giorgia Meloni dopo l’incontro con il premier polacco ha dichiarato: “Nei consigli europei ci basta uno sguardo”. Quali sono le battaglie europee nelle quali Polonia e Italia sono fianco a fianco?
«Italia e Polonia sono allineate su dossier cruciali. L’Ucraina, innanzitutto: non solo Roma e Varsavia sono perfettamente concordi nel sostegno incondizionato a Kiev, ma entrambi i Paesi sono stati tra i maggiori sostenitori della concessione all’Ucraina dello status di candidato all’adesione all’Unione Europea. Condividiamo inoltre l’obiettivo di garantire una concreta e solida prospettiva di integrazione europea ai Balcani Occidentali, in un’ottica di stabilizzazione della regione. Ho già avuto modo di far cenno alla comune attenzione alla dimensione esterna dei fenomeni migratori.

Le due Capitali concordano sulla necessità di rilanciare i temi della competitività e dell’industria europea, nel più ampio contesto dell’autonomia strategica. In tema di transizione verde e digitale, siamo entrambi convinti che la sostenibilità ambientale debba essere associata alla sostenibilità sociale ed economica e al rafforzamento della capacità industriale».

La Polonia vorrebbe raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia entro l’anno. Uno dei molti obiettivi che accomuna i due paesi. Quali sono i progetti attivi per raggiungere questo traguardo?
«Nel 2022 in Polonia circa l’80% di energia primaria derivava dalla combustione del carbone fossile (lignite compresa). In passato, non avendo mezzi finanziari sufficienti per sostenere un dinamico sviluppo della produzione di Energia da Fonti Rinnovabili, il governo polacco ha cercato di guadagnare tempo sostituendo, in caso di necessità assoluta, gli impianti a carbone con quelli a gas.

A seguito dell’invasione russa in Ucraina la Polonia ha subito un inevitabile impatto economico, con particolare riguardo al settore dell’energia. Nel Paese non arriva più gas russo e sono formalmente bloccate le importazioni del carbone dalla Russia. Situazione analoga riguarda il petrolio. Pero`, grazie alle infrastrutture costruite nell’ultimo decennio, la Polonia appare preparata ad importare idrocarburi da altri Paesi.

Il problema fondamentale resta comunque la transizione energetica verso le fonti rinnovabili e lo sviluppo di una capacità produttiva in questo settore. In tale prospettiva, in alcuni circoli si sta riaprendo la riflessione sul nucleare di nuova generazione e si guarda con forte interesse all’idrogeno.

E mi sento di dire che proprio il tema dell’idrogeno pare assai promettente per quanto concerne potenziali progetti di collaborazione italo-polacca, che dovrebbero ambire ad individuare soluzioni per produrre, a prezzi sostenibili, il cosiddetto “idrogeno verde”».

Il governo polacco ha deciso di portare al 4% del Pil nazionale la spesa per la difesa. Questo porterebbe Varsavia ad essere una delle maggiori potenze militari europee. Che ruolo intende svolgere la Polonia all’interno dell’Alleanza Atlantica?
«Come conseguenza della brutale e non provocata aggressione russa all’Ucraina, questi vertici politici, ad iniziare dallo stesso Presidente nella sua veste di Comandante in Capo delle Forze Armate, non fanno mistero di volere dotare la Polonia di una forza militare che possa rappresentare il primo baluardo a protezione dei confini orientali dell’Alleanza Atlantica. Ma vi è anche una dimensione nazionale: la storia pesa e la Russia ha sempre rappresentato una concreta minaccia alla stessa esistenza di uno stato polacco libero ed indipendente. Nei Polacchi, tanto più come riflesso della crisi ucraina, è pertanto diffuso il principio per cui, come mi è stato ripetuto più volte, “preferiamo essere in grado di difenderci anche da soli piuttosto che dovere per forza attendere di essere poi liberati”. Da qui l’esigenza, anche in termini di deterrenza nei confronti di Mosca, di dotarsi di un efficiente strumento militare. Oltre all’aumento del numero di effettivi, è stata quindi avviata una campagna di ammodernamento delle Forze Armate che offre importanti prospettive di cooperazione industriale anche con l’Italia».

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