La leadership del governo peruviano passa al vicepresidente Dina Boluarte, la prima donna a ricoprire la carica più alta del Perù. Un primato messo a tacere dalla crisi politica e dalle violente proteste che hanno portato a 42 morti nelle ultime settimane.
Una crisi esplosa con l’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo. L’8 dicembre 2022 Il Foglio ha intitolato “L’autogolpe fallito”. Uno spartiacque da cui scontri tra manifestanti e forze dell’ordine non si sono più fermati.
Ma come si è arrivati a questo punto? Le vicende susseguitesi negli ultimi mesi nelle sale dei piani alti del paese non sembrano assomigliare ad una partita di scacchi, bensì ad una lite tra bambini.
Il divieto di recarsi all’estero per richiedere asilo posto al Presidente Castillo è stata la prima manciata di sabbia lanciata sul bagnasciuga, l’obiettivo del Congresso del Perù era quello di destituire un presidente per la terza volta. Ma la risposta di Castillo non si è fatta attendere: nel tentativo di schivare la mossa decide di sciogliere il Congresso convocando elezioni per un’assemblea costituente.
Ma come succede spesso in spiaggia con le più semplici folate di vento la decisione è andata a svantaggio di Castillo. Il Congresso ha trovato la maggioranza (101 su 130) per destituirlo e, come da tradizione in America Latina, le forze armate hanno seguito gli ordini del Congresso. Dopo essere stato sottoposto a 2 tentativi di impeachment in 16 mesi e dopo essere stato costretto a sostituire 5 primi ministri e 80 ministri la sentenza “genitoriale” emessa è di 18 mesi di reclusione. L’accusa? Ribellione e tentato colpo di Stato.
Un epilogo che, purtroppo, sembra essere la normalità per il Perù. Dal 1986, infatti, tutti i presidenti eletti del paese sono finiti in carcere; fatta eccezione per Alan Garcìa, suicidatosi in seguito alla notifica di arresto relativa allo scandalo Odebrecht.
Dal governo argentino è giunta la “preoccupazione per la crisi politica che sta affrontando la sorella Repubblica del Perù”. Messaggi che a catena sono arrivati da molti esponenti istituzionali; l’ambasciatrice degli USA Lisa Kenna ha dichiarato: «Gli Stati Uniti respingono categoricamente qualsiasi atto extracostituzionale del presidente Castillo per impedire al Congresso di adempiere al suo mandato». Da parte del Messico arriva la richiesta di “rispetto per della democrazia e dei diritti umani”, mentre dal Ministero degli Esteri spagnolo è arrivata la ferma condanna “della rottura dell’ordine costituzionale in Perù”.
L’unico esponente a spezzare una lancia a favore di Castillo è stato il presidente messicano Obrador: “Riteniamo deplorevole che per gli interessi delle èlite economiche e politiche, dall’inizio della presidenza legittima di Pedro Castillo, sia stata mantenuta un’atmosfera di confronto e ostilità contro di lui, fino a portarlo a prendere decisioni che sono servite ai suoi avversari per consumare la sua destituzione con il precetto sui generis dell’incapacità morale”.
Probabilmente non importa quale sia lo schieramento politico o di pensiero, ciò che importa è schierarsi dalla parte del popolo peruviano, a ragion veduta stufo di alcuni giochi di potere.