Esteri
Pensioni, Francia nel caos: bocciata la sfiducia al governo
Di Giuliana Mastri
In Francia il governo non va a casa e la sua riforma delle pensioni (che aumenta l’età pensionabile a 64 anni) resta in sella, ma per soli nove voti. Questa la differenza con cui è stata bocciata la mozione di sfiducia, sostenuta da tutte le opposizioni, che chiedeva la caduta del governo di Elisabeth Borne, espressione della visione di Emanuel Macron. La mozione era stata presentata dal partito centrista Liot e sostenuta da destra a sinistra. Sono mancati però i 287 voti necessari. Respinta anche la seconda mozione, quella del Rassemblement National di Marine Le Pen. Il leader de la France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, subito dopo il voto ha incitato le persone a protestare: «Quello che non è stato possibile raggiungere con un normale voto parlamentare, lo dobbiamo ottenere con le proteste, gli scioperi, le manifestazioni – ha detto ai microfoni di Bfm tv. Adesso è ora di passare a una sfiducia popolare». Gli scontri e le cariche contro la polizia sono infatti continuati dopo il voto, le autorità hanno riferito di 287 arresti nella giornata di ieri.
A far accendere la miccia l’articolo 49 della Costituzione francese, che consente all’esecutivo di approvare provvedimenti in materia di finanza o di previdenza sociale senza il voto parlamentare, salvo mozione di sfiducia approvata dal parlamento nelle 24 ore successive. Il meccanismo fu Introdotto da de Gaulle con l’avvio della quinta repubblica nel 1958, l’articolo puntava ad arginare l’instabilità parlamentare. Utilizzato ben 100 volte, l’articolo 49 è sempre più additato come uno strumento antidemocratico. Non si ritiene giusto infatti che per opporsi a un provvedimento si debba arrivare alla crisi di governo. Una strada discutibile politicamente ma anche spesso fallimentare, come in questo caso in cui a fare da ago della bilancia sono stati i deputati del partito repubblicano (comunemente chiamati “gaullisti”), i quali hanno in parte votato contrariamente alle indicazioni del capo di partito salvando il governo Borne e Macron. La situazione comunque resta incandescente, ecco perché alle 13 di mercoledì Macron rilascerà un’intervista televisiva.
Sui temi della finanza pubblica e della previdenza, negli ultimi anni in Europa si sono consumati aspri confronti e divisioni. Se ciò accade, è perché le società europee più ricche e avanzate devono fare oggi i conti con l’invecchiamento della popolazione sempre più marcato, con anziani che vivono più a lungo, all’interno di una tendenza demografica a ribasso, che rende la sostenibilità del sistema a rischio. Al di là di questi elementi oggettivi, però, chi protesta sostiene generalmente che la rotta può essere migliorata e gradualmente invertita se si puntasse ad ottenere maggiore occupazione stabile, rivedendo insomma i capisaldi dell’attuale modello di sviluppo troppo globalizzato e finanziarizzato. Negli ultimi tre decenni, a introdurre riforme pensionistiche sistemiche sono stati molti Paesi, tra cui l’Italia (1995), la Svezia (1998), l’Austria (2005) e la Finlandia (2005). Da quando lo scorso giugno la coalizione di Macron ha perso la sua maggioranza assoluta, il suo governo ha già dovuto affrontare diverse mozioni di sfiducia. Ma questa è la prima volta che i partiti di opposizione la presentano insieme. Se dovesse perdere, a Macron non resteranno che due strade: sostituire il suo Primo ministro (sarebbe il quarto in sei anni) o sciogliere il parlamento. Ma attualmente il presidente fa leva sul fatto che i repubblicani non vogliono un cambio di governo.