Esteri

Olanda: l’estrema destra vince, ma rischia di non guidare il governo

24
Novembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Una vittoria di Pirro, come è stata quella dei popolari in Spagna e dei nazionalisti in Polonia: primi alle urne, ma fuori dal governo. Ma, a volere sempre ‘dribblare’ il giudizio degli elettori, il rischio, in Europa, è di aumentare la sfiducia nei partiti e il distacco dalla politica, favorendo sovranisti e populisti, euro-scettici e xenofobi innvista delle elezioni europee del giugno 2024.

In Olanda, il Partito per la libertà (Pvv) di estrema destra, guidato da Geert Wilders, ha conquistato, nelle elezioni di mercoledì, 37 seggi su 150 della Camera bassa, con quasi il 24% dei voti, ben davanti alla lista congiunta Socialdemocratici-Verdi (PvDA-GL), guidata dall’ex vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, 25 seggi e 15,6%, ed ai liberali del Vvd, ‘orfani’ del premier uscente Mark Rutte e con una leader di origine curda Dilan Yesilgoz, 24 seggi e poco più dei 15%. Il Nuovo contratto sociale (Nsc) del cristiano-democratico dissidente Pieter Omtzigt ha 20 (quasi 13%). I liberali di sinistra del D66, al governo con Rutte, scendono a 9 seggi (6,2%).

Il fatto è che nessuno dei partiti dietro il Pvv si dice disposto ad allearsi con Wilders. Pronti a fare comunella col leader xenofobo, sono il partito dei contadini (Bbb), sotto il 5%, 7 seggi, e il Forum per la Democrazia (FvD) del populista Thierry Baudet, al 2,2%, 3 seggi. Mentre i maggiori battuti fanno insieme 78 seggi, una maggioranza.

Ma è presto per fare previsioni. Il Parlamento olandese è tradizionalmente frammentato, complice un sistema elettorale proporzionale, e le trattative per la formazione del governo sono minuziose: l’ultima volta, Rutte, che pure era alla quarta esperienza, ci mise 271 giorni a trovare la quadra. Wilders, che nelle ultime battute della campagna elettorale ha annacquato il messaggio anti-Islam e anti-migranti – vuole mettere al bando le moschee -, avrà modo di giocarsi le sue carte.

L’affluenza alle urne è stata del 77,7%, alto, ma in calo rispetto al 78,8% del 2021 – quando si votò in modalità Covid – e all’81,9% del 2019. In termini assoluti, sono circa 10,3 milioni gli olandesi che si sono presentati ai seggi sui 13,3 milioni aventi diritto.

Olanda: le reazioni a caldo dei leader dei partiti
In Olanda, Wilders esulta, ma deve pure tirare fuori l’abaco per fare i conti dei deputati che gli mancano per fare una maggioranza, 39. I contadini ci stanno: “Abbiamo al 100% fiducia che entreremo in una coalizione”, dice la loro leader Caroline van der Plas, lasciando la porta aperta, però, a tutte le formule. La proposta di vietare il Corano “è una china scivolosa” – nota -, perché allora potenzialmente potrebbe essere “messa al bando pure la Bibbia”.

Timmermans dice che “è giunto il momento di difendere la democrazia e lo stato di diritto”, ma riconosce di essere deluso dal risultato della sua coalizione. Yesilgoz esclude un governo Wilders, perché il leader del Pvv “non sarà in grado di formare una maggioranza… Ora, però, tocca a lui e deve provarci”. Per la ministra della Giustizia uscente, “le preoccupazioni delle persone non sono state ascoltate” e questo spiega il risultato.

L’ago della bilancia potrebbe essere l’Nsc di Omtzigt, tentato dalla prospettiva del potere: se sinistra e liberali dicono no a Wilders, nessuna maggioranza è possibile senza l’Nsc.

Olanda: le reazioni a caldo in Europa
Per capire in che direzione spira sull’Unione europea il vento olandese, basta vedere chi se ne rallegra e chi se ne cruccia. La Commissione europea, che teme la Nexit di cui Wilders parla, si trincera dietro formule rituali: “I Paesi Bassi sono un membro fondatore dell’Unione europea”; e Bruxelles “continua a contare sulla loro forte partecipazione” al processo d’integrazione. Del resto, “le elezioni si svolgono a intervalli regolari negli Stati membri e ciò di per sé non mette in dubbio l’appartenenza di un Paese all’Ue”.

Ma il capo del gruppo del Ppe al Parlamento europeo, il gruppo dei popolari, il più numeroso, suona l’allarme: “La sinistra in Europa si svegli su migrazione e inflazione – dice Manfred Weber -. Se non risolviamo i problemi, Wilders e gli altri continueranno a guadagnare terreno. Chiunque voglia combattere l’estremismo deve ascoltare le persone, prendere sul serio i loro problemi e portare soluzioni concrete”.

A fare festa sono, invece, i partner del Pvv nell’Assemblea di Strasburgo, fra cui la Lega in Italia e il Rassemblement National in Francia. Matteo Salvini si complimenta “con l’amico Wilders”, che sarà alla manifestazione del 3 dicembre a Firenze “per una nuova Europa”; Marine Le Pen esalta “una spettacolare prestazione”, che “conferma – dice – il crescente attaccamento alla salvaguardia delle identità nazionali”: “È grazie ai popoli che rifiutano di vedere spenta la fiamma nazionale che la speranza del cambiamento resta viva in Europa”.

Anche i nazionalisti di Germania, Spagna e Belgio si congratulano con il fondatore del Pvv. “Ovunque in Europa, i cittadini vogliono un cambiamento politico!”, scrive in un tweet Alternative fur Deutschland. Il leader dell’estrema destra fiamminga del Vlaams Belang, Tom Van Grieken, dice: “È chiaro: la popolazione desidera un cambiamento reale. Non solo nei Paesi Bassi, ma anche nelle Fiandre … Feste come la nostra stanno arrivando in tutta Europa”. Santiago Abascal, presidente di Vox, rileva: “Sempre più europei chiedono nelle strade e alle urne che le loro nazioni, i loro confini e i loro diritti siano difesi”.

E il premier ungherese Viktor Orban, popolare dissidente, alfiere della democrazia illiberale, s’invita al party: “I venti del cambiamento sono qui!”.

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