Esteri

Margelletti: entreremo in guerra, serve commissario Ue alla Difesa

29
Marzo 2024
Di Ilaria Donatio

Giorni dopo l’attentato al Crocus City Hall di Mosca rivendicato dall’Isis, Putin non si rassegna ad abbandonare la pista ucraina a cui attribuisce responsabilità se non altro parziali e indirette per rinvigorire la propaganda interna: «C’è una bella differenza tra pensare l’attacco progettato dentro capanne tagike oppure attribuirne la paternità alla filiera ucraino-americana, con la Cia che fa da burattinaio». Parla Andrea Margelletti, presidente CeSI – Centro Studi Internazionali – e consigliere, dal 2012, per le Politiche di Sicurezza e di Contrasto al Terrorismo del Ministro della Difesa.

Quanto al duty to warn dell’intelligence americana – avvenuto alcuni giorni prima dell’attacco e rimasto inascoltato – Margelletti ammonisce dalla tentazione di leggere i fatti secondo immaginari blockbuster: «Il dovere di allerta che la Cia ha esercitato contro un comune nemico – il terrorismo – è un fatto molto tecnico. I russi avranno pensato di trovarsi di fronte a una minaccia poco attendibile». D’altra parte, «il dittatore non ha tempo di occuparsi tutto, potrebbe non averlo mai saputo».

Ma al netto dell’attualità la cui lettura, dice l’analista, potrebbe essere fuorviante senza la profondità della storia, «l’Occidente e l’Europa si scoprono estremamente deboli di fronte alla proposta putiniana: noi abbiamo un nemico ma non abbiamo una visione e, si sa, individuare un nemico permette alle classi dirigenti, al contempo, di aggregare e di fare appello allo scontro ideologico per agire in fretta, operare scelte veloci, spesso, schiacciate sul presente». 

Ma per quanto in fretta vogliano agire, le democrazie – «sistemi imperfetti per eccellenza ma i migliori che abbiamo» – sono appesantite da processi decisionali per definizione lenti, perché sempre alla ricerca di sintesi accettabili. A differenza dei regimi autoritari che «non hanno fretta e possono fare a meno dell’urgenza, ma dove non c’è ricerca del consenso perché l’opposizione o non esiste (si pensi alla Cina che è una dittatura sistemica con un uomo al comando indicato da un gruppo che ha una strategia di lungo termine) oppure – come in Russia – se esiste, viene eliminata o silenziata».

Ora, il recente Consiglio europeo ha valutato l’ipotesi di confiscare miliardi di euro di interessi su asset e fondi russi congelati dall’inizio del conflitto. Ma se fosse realistica, perché non realizzarla prima? Secondo Margelletti, la risposta è tutta nella prudenza che ispira qualsiasi dialettica che investe il gigantesco tema degli interessi in gioco: «Quando si sente dire che “noi non siamo contro la Russia ma contro Putin”, è perché ovviamente i russi hanno i loro avvocati in Europa», interessi che sopravvivranno alla guerra più sanguinaria.

Lo scenario per l’Europa è questo: «Noi entreremo in guerra: innanzi tutto, perché non siamo più certi dell’appoggio incondizionato degli Usa. Poi, per evitare che i soldati russi vengano a casa nostra e per questo, già si stanno organizzando – sentendola come imminente – paesi come Francia, Germania e Polonia. Altri si preparano a questo scenario». Come? «Parlare di esercito europeo sarebbe una truffa: le forze armate sono figlie di una governance che in Europa ancora manca». Piuttosto, per Margelletti, «sarà determinante l’industria della difesa: l’Italia deve essere capofila nel percorso di individuazione di un Commissario Ue alla Difesa».

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