Esteri

Lula equilibrista: affari con la Cina, sicurezza grazie agli USA

13
Aprile 2023
Di Paolo Bozzacchi

Rilanciare il Brasile a livello internazionale rafforzando la cooperazione già strutturata con la Cina, senza rinunciare alla sicurezza nazionale, garantita dagli Stati Uniti. Sembra questo l’obiettivo strategico della visita di Stato del presidente brasiliano Luis Inacio Lula, che torna in Cina per la terza volta. Il mood del presidente brasiliano è entusiasta: “Il Brasile ha un rapporto meraviglioso con la Cina, facciamo entrambi parte dei Brics, rafforzeremo il nostro rapporto”. D’altronde Pechino è il primo partner commerciale cinese, e il Brasile il primo paese sudamericano per investimenti diretti cinesi. La visita di Lula in Cina segue quelle di gennaio in Argentina e Uruguay e di febbraio negli Stati Uniti. A dimostrazione di come gli affari internazionali siano tornati centrali per il Brasile con la sua presidenza, dopo il pesante rallentamento con Bolsonaro. 

Come si rafforza ulteriormente l’asse Brasilia-Pechino

Obiettivo della visita di Stato brasiliana è la firma di 20 accordi bilaterali con Pechino: commercio, investimenti, reindustrializzazione del Brasile, transizione energetica, cambiamenti climatici e accordi di pace i dossier aperti. Sullo sfondo resta la mancata adesione del Brasile alla Belt and Road Initiative cinese. La delegazione brasiliana in Cina è molto nutrita. Si tratta di oltre 300 persone, di cui per la maggior parte rappresentanti delle imprese verdeoro. La Cina è già il primo partner commerciale del Brasile, con oltre 150 miliardi di dollari USA di controvalore degli scambi fatti registrare nel 2022. L’export brasiliano verso il gigante asiatico è composto principalmente da: soia, ferro, carne bovina, pollame, pasta di legno, carta da zucchero, cotone e petrolio greggio. Aziende cinesi stanno già realizzando decine di opere pubbliche in Brasile, tra cui la metro di San Paolo. 

I rischi di una posizione comune sulla via di pace per l’Ucraina

Il confronto Jinping-Lula potrebbe sulla carta offrire novità sul percorso verso la pace in Ucraina. Ma su questo tema Lula potrebbe finire in un cul-de-sac. Già la settimana scorsa ha fatto molto discutere la sua tesi secondo cui il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, “non può volere tutto”, suggerendo a Kiev di rinunciare a rivendicare la Crimea, che è stata annessa dalla Russia nel 2014. Con tanto di risposta durissima di Kiev. Il rischio per Lula è che il suo incontro con Jinping si terrà a pochi giorni da quando Pechino ha presentato il suo “position paper” sulla guerra ucraina che chiede, da un lato, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale e, dall’altro, il rispetto delle “preoccupazioni di sicurezza” di ogni paese (cioè, nel secondo caso, della Russia rispetto all’espansione Nato a Est). Lula potrebbe essere invitato caldamente ad aderire a questa posizione, dato che non ha mai condannato formalmente Mosca per l’invasione e ha più volte criticato l’Occidente per aver fatto poco o nulla per la pace. Ma la scelta comporterebbe il rischio immediato di una reazione USA, paese che garantisce da decenni la sicurezza esterna del Brasile. 

Dilma Roussef a capo della banca dei Brics

Nei giorni cinesi Lula ha incassato la nomina dell’ex presidente del Brasile, Dilma Roussef, alla guida della New Development Bank, la banca di sviluppo del gruppo Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) fondata nel 2014. “Una grande giornata per il Brasile e per i Brics”, il commento di Lula su Twitter. “La decisione di creare la New Development Bank è stata una pietra miliare nell’azione congiunta dei paesi emergenti. La creazione di questa banca dimostra che l’unione dei paesi emergenti è in grado di generare cambiamenti sociali ed economici rilevanti per il mondo”. La New Development Bank reperirà risorse nel mercato mondiale, in differenti valute. Quest’ultimo non è un particolare da poco, visto che l’obiettivo è finanziare progetti in valute locali, per privilegiare i mercati domestici Brics ed evitare ripercussioni negative provocate dalle oscillazioni dei tassi di cambio. Soprattutto rispetto al dollaro USA. “I Paesi Brics dovrebbero usare una valuta alternativa al dollaro da utilizzare nei propri scambi commerciali”, ha dichiarato Lula.

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