Esteri
L’effetto Ucraina avvicina i francesi al loro leader: Macron in vantaggio su Le Pen
Di Giampiero Gramaglia
Macron primo e (un po’) meglio del previsto. Le Pen seconda e come previsto. Mélenchon (un po’) meglio del previsto, ma non abbastanza da scavalcare Le Pen e arrivare al ballottaggio. Gli altri, tutti male, qualcuno – leggi la ex sindaco di Parigi Anne Hidalgo, candidata socialista – malissimo. L’esito del primo turno delle elezioni francesi si può così sintetizzare. Fin qui, tutto facile: il presidente uscente Emmanuel Macron, centrista ed europeista, e la candidata del Rassemblement national, l’estrema destra xenofoba e sovranista, populista e anti-europeista, vanno al ballottaggio; e la sinistra radicale ne resta fuori con un serbatoio di voti – uno su cinque – che sarà decisivo il 24 aprile.
«Neppure un voto a Le Pen», intima dal palco dell’eliminazione Jean-Luc Mélenchon, ben sapendo che molti suoi elettori – ultras dell’anti-establishment a ogni costo – possono benissimo fare “il salto della quaglia”. Ed è quel che teme Macron, sicuro di recuperare i suffragi dei verdi e dei socialisti e della destra tradizionale, mentre Marine Le Pen raccoglierà quelli delle altre destre. Determinanti saranno le scelte dei radicali e l’astensionismo.
Il risultato sarà determinante per la Francia, ma anche per l’Europa: l’Unione potrebbe non reggere una Francia sovranista in rotta di collisione con la Germania e pronta a fare comunella con la Russia di Putin. Pure l’Italia potrebbe sentire l'”effetto Le Pen”: la Lega, sua alleata nel Parlamento europeo, ne sarebbe galvanizzata e gli equilibri di governo ne sarebbero compromessi, mettendo a nudo limiti e contraddizioni dell’europeismo di comodo di alcune forze del “caravanserraglio Draghi”.
“Effetto Putin” sulle elezioni francesi?, o “effetto Ucraina”? Forse, né l’uno né l’altro, almeno al primo turno. Le Pen, putiniana doc nella vulgata comune, se l’è cavata mandando al macero manifesti elettorali imbarazzanti, lei e il presidente russo Vladimir Putin. La guerra pareva azzoppare Marine, che – proprio come il suo sodale europeo Matteo Salvini – ha un passato di testimonianze di ammirazione per Putin (e magari anche di dipendenza finanziaria); e l’ “anti-atlantista” Mélenchon, che veniva dipinto come una quinta colonna dell’autocrate russo..
Ma il protrarsi del conflitto, l’inanità degli sforzi di Macron per evitarlo – prima – e per farlo finire presto – poi – hanno un po’ cambiato le cose. E i risultati elettorali di domenica scorsa 3 aprile, quando i “putiniani de noantri” hanno vinto facile in Serbia – e va bene: lì non poteva essere altrimenti – e in Ungheria – dove i magiari non ne hanno mai abbastanza del loro Viktor Orban -, avevano infiltrato il dubbio che l’invasione dell’Ucraina, la paura della guerra, la corsa dell’inflazione e lo spettro della recessione avvantaggiassero gli “amici del giaguaro”.
La scarsa empatia di Macron con la gente comune e la sua albagia in campagna elettorale inducono Politico.eu a scrivere: “Ha motivi per sudare freddo”, non è più sicuro di vincere il ballottaggio. E l’ex premier Manuel Valls scrive su Le Journal de Dimanche: “Manca un minuto alla mezzanotte: Marine Le Pen potrebbe essere eletta presidente”. Ora, io sarei portato a fare spallucce, pensando che tutto questo allarme nasce dal rischio che, se tutto pare scontato, che tu vinci e gli altri perdono, finisce che i tuoi sostenitori vanno al mare invece di andare a votare – anche se in Francia la stagione non è proprio così avanzata – e tu finisci come Lionel Jospin. Nel 2002, il premier socialista era dato sicuro presidente; invece, rimase fuori dal ballottaggio, perché la sinistra s’era divisa fra cinque candidati. Così, in finale, si ritrovarono Jacques Chirac, presidente uscente poi confermato, e il Le Pen originale, il padre, Jean-Marie, che prese il 17% al primo turno e il 18% al ballottaggio: la Francia repubblicana gli si coalizzò contro (come fece, in modo meno netto, nel 2017 con la figlia).
Nel 2007 e nel 2012, lo schema tradizionale francese, destra repubblicana contro sinistra socialista, fu rispettato: Nicolas Sarkozy batté Segolène Royale e François Hollande, ex marito di Segolène, batté Sarkozy. Nel 2017, lo sfarinamento della sinistra storica e l’erosione della destra repubblicana produce Macron contro Le Pen, 21% al primo turno e quasi 34% al secondo, un elettore su tre. L’effetto Francia repubblicana ci fu ancora, ma meno forte. S’è ulteriormente attenuato? Il tabù non è più tabù?
Il sondaggio dei sondaggi di Politico.eu sulle elezioni francesi continua a dare Macron in testa con un margine solido, ma vede Marine in risalita da un mese in qua. Nicholas Dungan, analista dell’Atlantic Council, è però rassicurante: “In tempi di guerra, la gente tende a stringersi intorno al leader; e la figura di Macron corrisponde a ciò che i francesi pensano che il loro Paese debba fare, agire da Grande Potenza, farsi ascoltare, lavorare per la pace”.