Ne servivano 360. Ne ha raccolti 401, ben 41 in più del quorum. Molti di più dei 9 di scarto di cinque anni fa. Con questo risultato elettorale Ursula Von der Leyen è, di nuovo, la Presidente della Commissione europea. Il progetto “maggioranza Ursula” vede rinnovato il sodalizio moderato che lo sostiene. L’establishment resta identico al passato (anche la Metsola è stata riconfermata alla guida del Parlamento europeo). Quello che era cambiato sembrava essere il vento. Quel vento di destra che dai Carpazi, dagli Appennini, dalle valli del Reno, dalle Ardenne e dalle Alpi pareva poter invertire gli equilibri. Ma così non è stato.
La lettura della stampa nel day after è sostanzialmente concorde nel riconoscere che questo esito è il risultato di un “cordone sanitario” che, sul modello delle elezioni in Francia, ha voluto scongiurare il rischio di un viramento a destra. Von der Leyen ha vinto grazie ai tre partiti della maggioranza Ursula, Popolari, Socialisti e Liberali. Ma ha vinto soprattutto grazie ai Verdi. Non a caso nel suo discorso ha rinnovato il suo impegno sul green deal. Ora dovrà gestire un insieme di quattro gruppi uniti dalla fedeltà all’Europa e all’Ucraina ma non certo segnati dalla coesione, soprattutto sul Green Deal. Eppure Ursula ha raggiunto il primo dei suoi obiettivi: basare il suo mandato su un “centro democratico” dando un calcio a qualsiasi deriva estremista della sua maggioranza. La scelta di Giorgia Meloni di non appoggiare la Von der Leyen si prospetta rischiosa, sia perché potrebbe relegare il partito – e quindi l’Italia – ai margini delle dinamiche europee, sia perché all’interno dei Conservatori ci sono almeno due delegazioni, quella ceca e quella olandese, che invece hanno deciso di dare il proprio appoggio. La neo Presidente deve ora assemblare il suo team di commissari. Le mosse che farà nelle prossime settimane determineranno come l’UE difenderà il mercato interno dall’inflazione e dalle crisi economiche, come l’Europa rafforzerà l’industria della difesa di fronte a una potenziale seconda presidenza di Donald Trump e come si assicurerà che l’Unione raggiunga gli obbiettivi climatici previsti entro il 2050.
La settimana è stata importante anche per un’altra investitura, quella di Trump alla convention repubblicana, che lo ha lanciato ufficialmente come candidato alla Casa Bianca. La nomina di Trump era un risultato ampiamente previsto e al tempo stesso di grande rilevanza simbolica, anche per via dell’attentato da lui subìto pochi giorni fa, durante un comizio a Butler, in Pennsylvania. Più attesa invece la nomina del suo vice e il profilo di Vance corrisponde a quello cercato da Trump per questo incarico: una figura energica, ambiziosa – ma non troppo da mettere in ombra l’ex Presidente – e possibile erede dello scettro del Tycoon. Secondo Politico, la scelta di J.D. Vance come compagno di corsa suggerisce che Trump sta seguendo con più convinzione gli istinti di politica economica che lo hanno aiutato ad ottenere il suo primo mandato nel 2016 e che non sente più il bisogno di compiacere il genere di conservatori liberisti che hanno dominato il partito per decenni. Pochi repubblicani sono stati infatti più critici di Vance nei confronti delle moderne convenzioni economiche del partito, che ha abbracciato le politiche sui i dazi, l’aumento del salario minimo e l’innalzamento delle barriere alle fusioni aziendali. La nomina è anche un’ulteriore prova che Trump intende addentrarsi più a fondo nella politica industriale, dove il governo gioca un ruolo molto più attivo nel dare forma all’economia con strumenti come i dazi. I sondaggi vanno presi per qualche giorno con cautela, in attesa che riflettano le reazioni all’attentato a Trump e agli esiti della convention di Milwaukee. Però comincia a farsi più chiara la situazione post-dibattito, con un Trump in vantaggio ma di poco su scala nazionale e un Biden che ha l’obbligo di vincere in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Inoltre, gli spari di Butler che potrebbero consacrare Trump a eroe o martire dell’anno, hanno anche cambiato tutta la dinamica della campagna elettorale introducendo un tema di “unità del Paese” che finora non esisteva e che potrebbe abbassare il livello dello scontro in atto tra repubblicani e democratici. E in questa nuova atmosfera, la figura anziana ed esperta – se così percepita – di Biden potrebbe anche riacquistare tutto un altro peso.