Esteri

La Cina di Xi guarda più a Taiwan che all’Ucraina e adegua il suo marxismo. L’Ue è lontana

19
Ottobre 2022
Di Giampiero Gramaglia

Una Cina strabica sulla scena mondiale, che guarda più a Taiwan che all’Ucraina – per Pechino, è un conflitto regionale -, ma che soprattutto guarda alla propria crescita e ai propri problemi. Giunta all’ora dell’elezione del presidente Xi Jinping a un terzo mandato – non era mai accaduto -, la Cina può crogiolarsi nella soddisfazione per il sorpasso dell’Ue e degli Usa in fatto di Pil, ma deve pure fare i conti con il rallentamento dell’economia e una crescita per i suoi standard asfittica, il rialzo del debito e dell’inflazione, l’ossessione dell’autosufficienza tecnologica, il crollo delle nascite, l’impatto economico e sociale della politica ‘zero Covid’ che innesca fremiti di malumore.

Coi poteri concentrati nelle sue mani, e la presa sull’apparato del partito apparentemente rinforzata, Xi si appresta ad affrontare un quinquennio con tante incognite e con tanti rischi. La Russia, cui conferma vicinanza, è nella bufera della guerra; gli Stati Uniti, che restano rivali, sono al guado delle elezioni di midterm; nel mondo, i rapporti di forza stanno modificandosi: per Pechino, sono tutti fattori di cautela e diffidenza.

Il segno del XX Congresso del Partito comunista cinese, che s’è aperto domenica 16 per chiudersi domenica 23 con la rielezione di Xi e il rinnovo dell’apparato dirigente, è la continuità, certamente non il cambiamento. Xi vuole che l’apparato militare della Cina acquisti le dimensioni e l’efficacia di quello di una super-potenza e non intende modificare le politiche che creano frizioni con gli Usa e l’Occidente, l’obiettivo di riunificare Taiwan alla Madre Patria, la repressione del dissenso – specie a Hong-Kong -, il mancato rispetto dei diritti delle minoranze e della libertà d’espressione, per non parlare delle pratiche economiche e commerciali disinvolte ed espansioniste.

Verso la Russia, il ‘mood’ è più indulgente: Pechino e Mosca sono alleate nel mettere in discussione l’ordine internazionale e lo strapotere di Washington, ma Xi non vuole che il conflitto in Ucraina, nella sua escalation, si allarghi da regionale a mondiale. La Cina si dichiara favorevole al rispetto dell’integrità territoriale dei singoli Stati, ma dice anche che le esigenze di sicurezza della Russia devono essere prese in considerazione; e spinge per una soluzione negoziale, anche se non si espone in un ruolo di mediazione. L’Ue è lontana e forse marginale, ‘accerchiata’ e, in qualche misura, ‘neutralizzata’ dalla nuova Via della Seta, che ‘cinesizza’ molti Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina.

Il portavoce del Congresso Sun Yeli spiega che Pechino non paventa nei rapporti con Washington una ‘trappola di Tucidide’: un politologo di Harvard, Graham Allison, li interpreta come lo scontro tra Atene, potenza emergente, e Sparta, consolidata nella sua forza, ma che si sente minacciata. Sun è convinto che Cina e Usa “abbiano molto più interessi comuni che differenze” e sollecita i partner a “trovare il modo giusto per andare d’accordo”.

Taiwan è la linea rossa delle relazioni con gli Stati Uniti, come gli episodi degli ultimi mesi hanno ripetutamente dimostrato, dalle missioni a Taipei della speaker della Camera Nancy Pelosi e di altri esponenti statunitensi alle punture di spillo contrapposte delle esercitazioni militari. Nel solco di Xi, Sun afferma che il Pcc “non rinuncia all’uso della forza”: è “l’ultima risorsa” per la riunificazione” e un monito “alle interferenze esterne e alle spinte indipendentiste”. La riunificazione, che Pechino auspica pacifica, è cruciale “al ringiovanimento della nazione” e risponde “all’interesse di tutti, anche dei compatrioti di Taiwan”. “Lavoreremo per rivolvere la questione con sforzi sinceri”, dice Sun, ma “nessuno dovrebbe sottovalutare la nostra determinazione”: “L’isola è parte inalienabile” del territorio cinese.

Il tema è così sentito che Xi lo cita più volte nei cento minuti del suo discorso introduttivo (durato la metà di quello del 2017), davanti a oltre 2.300 delegati di circa 100 milioni di membri del Pcc. E, invece, non cita mai la guerra in Ucraina, né il presidente russo Vladimir Putin, che pure considera suo amico “senza limiti”.

Uno degli appalusi più convinti nell’auditorium della Grande Sala del Popolo, su Piazza Tienanmen, scroscia quando il presidente sottolinea che “noi non abbiamo mai promesso di rinunciare all’uso della forza e ce ne riserviamo l’opzione”. Un monito – precisa – “diretto solo contro le interferenze di forze esterne e dei pochi separatisti che cercano l’indipendenza di Taiwan”.

Sulla lotta alla pandemia, Xi rivendica il pieno successo delle misure draconiane della politica detta dello ‘zero Covid dinamico’, nonostante crescenti malumori nel Paese che sta pagando le restrizioni in termini sociali ed economici: il Pil s’attesta in crescita intorno al 3% nel 2022 – la pubblicazione dei dati è stata rinviata, per non impattare sul Congresso -.

Fra i passaggi del discorso più peculiari, c’è quello sui successi conseguiti nel suo decennio (Xi è presidente dal 15 novembre 2012, quando succedette a Hu Jintao): “Il Pcc – dice – ha portato la Cina dal rialzarsi ed essere prospera a diventare forte”, citando Mao Zedong a Deng Xiaoping e proponendosi come il Grande Timoniere del XXI Secolo, capace di rafforzare la guida del Partito e il marxismo e il leninismo. Nei progetti e nelle previsioni, la figura di Xi assume un rilievo che nessuno leader cinese aveva mai avuto dai tempi di Mao. 

E Xi evoca la ‘filosofia del nuovo sviluppo’ (che potrebbe essere inserita nella Costituzione del Pcc), messa a punto negli ultimi anni e che si discosta dall’approccio politico-economico da Deng in poi, più orientato al mercato. È un ritorno della visione marxista sull’economia, con la promessa, però, che saranno mantenute le aperture economiche ‘alla cinese’. Il calo demografico minaccia di fare saltare i piani di programmazione economica: si progetta “una politica per incrementare le nascite e contro l’invecchiamento della popolazione.

In tema di “prosperità comune” e “civiltà verde”, il presidente della Cina osserva che la protezione ecologica e ambientale “ha conosciuto un cambiamento storico: i cieli della nostra patria sono più blu, i monti sono più verdi e l’acqua è più limpida”. L’immagine è accolta da un applauso reso più convinto perché la giornata offre ai delegati un cielo eccezionalmente azzurro su Pechino.

“Il marxismo funziona – afferma Xi – e la nuova missione del Pcc è guidare le persone a conseguire il secondo obiettivo del centenario (una Cina moderna entro il 2049, ndr)”. I prossimi cinque anni, sotto la sua guida, saranno cruciali: “Il nostro futuro è luminoso ma abbiamo molta strada da fare ancora. Dobbiamo essere preparati ai pericoli e agli scenari peggiori, alle tempeste”.

Il XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese rinnoverà, per un quinquennio, le cariche (Comitato centrale, Politburo, Comitato permanente e Commissione centrale disciplinare) e definirà le strategie per centrare “l’obiettivo del centenario”.