È notizia del 9 agosto che William Ruto dovrebbe essere il prossimo Presidente del Kenya. Il condizionale è d’obbligo a causa del polverone alzatosi intorno alle elezioni presidenziali. A quanto pare il vincitore ha raggiunto l’obiettivo con il 50,5% dei voti, con un distacco minimo rispetto al suo rivale Raila Odinga che, invece, ha ottenuto il 48,8%. E fino a questo punto i numeri parlano chiaro.
L’annuncio della fine dello spoglio è stato dato mentre i sostenitori di Odinga urlavano al broglio elettorale creando scompigli e tafferugli. Ad un osservatore esterno potrebbe sembrare tutto normale, ma in realtà il quadro non si presenta proprio cristallino.
Stando alla Bbc quattro dei sette membri della commissione elettorale si sono rifiutati di firmare il risultato riportato. Juliana Cherera, vice presidente della Commissione elettorale, ha dichiarato: «Non ci possiamo assumere la responsabilità del risultato che verrà annunciato a causa della natura opaca di quest’ultima fase delle elezioni generali».
A quanto pare la contrapposizione delle parti dei due candidati getta le basi sul governo precedente. Uhuru Kenyatta, Presidente uscente in carica dal 2013 e figlio del primo Presidente (Jomo Kenyatta, leader dell’Unione nazionale africana del Kenya) eletto dal Paese una volta proclamato Repubblica nel 1964, aveva scelto come vicepresidente proprio William Ruto. Una carica che, il papabile futuro Presidente, ha ricoperto per dieci anni.
Passata una decade ha deciso di intraprendere una linea autonoma nonostante il Presidente Kenyatta avesse espresso il proprio sostegno a Odinga. Tra vecchie rivalità e nuove prese di posizione il Kenya dovrà aspettare il 30 agosto per sapere chi guiderà il Paese.
Motivo per cui vale in maniera marginale il discorso del 9 agosto di Ruto che dopo aver ringraziato la commissione ha dichiarato di voler essere «Il presidente di tutti – per un paese che vuole concentrarsi sul futuro -. A chi era contro di noi voglio dire che non ha nulla da temere. Non ci sarà vendetta. Non possiamo permetterci il lusso di guardare indietro».
Il contestato esito delle elezioni presidenziali apre a nuove tensioni in uno stato che non gode di equilibrio politico. Se da una parte i sostenitori di Ruto hanno fatto sentire il proprio giubilo nella Rift Valley, dall’altra le proteste dell’avversaria si sono fatte sentire nella città di Kisumu e in alcune parti della capitale Nairobi.
In attesa del giuramento al capo di stato il 30 agosto ci si aspetta che arrivino ricorsi e contestazioni giudiziarie dei risultati ma con il timore che le tensioni si alzino anche a livello imprenditoriale. La Farnesina guarda con particolare attenzione a questo scenario viste le numerose imprese italiane ad avere interessi in merito.
A vedere il bicchiere mezzo pieno è l’amministrazione americana che, guardando all’alta affluenza alle urne (75%), si dice soddisfatta dello svolgimento generale del voto politico. Ma per capire se queste elezioni possano entrare a far parte in maniera significativa del percorso di democratizzazione del Kenya bisognerà aspettare la fine del mese.