Esteri

Jacinda Ardern, le dimissioni di una Premier «umana»

19
Gennaio 2023
Di Flavia Iannilli

«Sono umana». Le due parole con cui Jacinda Ardern, Premier della Nuova Zelanda, ha sancito le proprie dimissioni questa mattina. Due parole che spesso portano all’ammissione di un errore. Due parole che i più scettici rifiutano di sentir pronunciare dalle posizioni di potere. Sono le due parole che lasciano spazio ai cinici, coloro che vispi rimangono in attesa che lo scandalo faccia capolino. O forse due parole che gli empatici prendono per quello che sono, ossia accostabili al «non ho più l’energia».

Quella che aveva portato Jacinda Ardern a partecipare alle elezioni del 2017 in cui era diventata primo ministro in un governo di coalizione. Quella forza con cui traghettò il partito laburista ad una schiacciante vittoria nelle elezioni del 2020. Quell’energia di cui si erano rallegrati i sostenitori della gender equality; quella di una donna di 37 anni che diventava la più giovane premier al mondo. Una gioventù che ha guidato la Nuova Zelanda negli attentati di Christchurch, introducendo leggi restrittive sulle armi. Una forza che ha tracciato la strada per rispondere alla pandemia con ottimi risultati. Una madre che portava con sé quella sensazione del “si può fare”.

Dimissioni che sorprendono quelle di una leader che in questi anni si è conquistata apprezzamenti e ammirazione. Merito del suo stile di governo personale ed empatico. Valutazioni condivise dai più e nonostante il bilancio degli anni in carica non sia stato totalmente positivo, la personalità della Ardern ha prevalso su alcuni nei del proprio mandato.

Ma la decisione della Premier neozelandese, che concluderà il proprio percorso il 7 febbraio, trascina con sé delle domande. Perché quando si parla di umanità è difficile fare delle distinzioni. Non importa il genere o il lavoro o il ruolo che si ricopre: dove si trova il confine tra il fascino del potere da cui pochi riescono ad allontanarsi e il peso della carica che si ricopre? Dove finisce il pensiero di insoddisfazione e invece inizia la coscienza o l’autocritica di non poter dare di più? Di sicuro è insito nella natura della persona, nel carattere dell’individuo che arriva ad un traguardo così grande. Ma dov’è il confine tra accettazione e giudizio? Forse non si tratta solo di tracciare una linea netta. Probabilmente la differenza è data da cosa quella persona, in questo caso il Premier di una nazione, mette al centro nel portare avanti il proprio lavoro.

In queste dimissioni c’è da chiedersi se nell’affermare «sono umana» la Ardern abbia posto in quel centro sè stessa o il futuro della nazione per cui si è battuta fino ad oggi.

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