Esteri
Intervista con Pina Picierno: «La mia vicepresidenza è un segnale di ricambio nel Pd»
Di Alessandro Cozza
Tra i 14 vicepresidenti del Parlamento europeo, Pina Picierno è l’unica italiana. Una responsabilità importante che denota anche quanto il Partito democratico stia puntando sul ricambio generazionale delle sue prime linee, una delle mission di Letta da quando è alla guida del partito. Del resto, dice la Picierno «Letta non è uomo di avanspettacolo, sta lavorando affinché ciò avvenga». Dall’impegno per l’empowerment femminile a quello per il Mezzogiorno, ecco quali sono le sfide della parlamentare europea. In attesa di conoscere le deleghe.
Quali responsabilità comporta essere l’unica figura italiana tra i 14 vice della Presidente Roberta Metsola, e anche la più votata tra i socialisti e democratici a Strasburgo dopo l’austriaco Karas (Ppe)? Da dove partirà il suo mandato?
«È una responsabilità enorme, che sento tutta, che parte sicuramente da chi mi ha sostenuta dal primo istante, dal mio gruppo politico in Parlamento Europeo. Ma questi ruoli istituzionali comportano responsabilità che vanno ben al di là della rappresentanza di una parte politica. Quello che conta davvero in questi ruoli è svolgerli con onore e nel rispetto della funzione istituzionale. Per quanto riguarda il mio paese è un dovere e un onore in più. Soprattutto dopo l’esperienza della Presidenza di David Sassoli, che ha contribuito ad offrire del nostro paese un’immagine di credibilità e concretezza nelle istituzioni europee. Al contempo mi conforta rappresentare un’istituzione che in questi ultimi anni ha mostrato con solidità di rappresentare le esigenze dei cittadini europei».
È all’interno delle istituzioni europee dal 2014, come è cambiata e come si è evoluta l’Unione Europea in questi quasi otto anni? Quali sono secondo lei i temi sui quali si è fatto meno e ancora tanto si può fare? Con quali proposte?
«Di sicuro la pandemia è stata uno spartiacque. Molto spesso si dice che è nei momenti di crisi che la politica e le istituzioni possono fare un salto di qualità, tramutando le crisi in opportunità democratiche. In questo caso, fin qui, così è stato. Venivamo da anni duri, di scollamento diffuso tra la cittadinanza europea e le istituzioni comunitarie. Era l’Europa dell’austerità e del rigorismo, che non va confuso con il rigore. Era l’Europa che apriva le finestre ai venti del sovranismo nazionale. Next Generation ha cambiato l’Europa. La sospensione del Patto di Stabilità e delle regole sugli aiuti di Stato, anche. Quello che penso è che non si possa tornare indietro, al business as usual. Questi cambiamenti intervenuti vanno stabilizzati con una spinta riformatrice delle istituzioni e dei suoi meccanismi di funzionamento, a partire dal Patto di Stabilità e dalla possibilità di emettere bond europei. Non solo nelle emergenze. Sempre. Questo va accompagnato dalla sfida internazionale che ha di fronte l’Europa, a partire dalla crisi ucraina: rafforzare la politica estera e di difesa comune non è più rinviabile. Bisogna per questo superare la logica del diritto di veto e rendere il Parlamento e la Commissione il baricentro della nuova architettura istituzionale».
Nei suoi mandati da parlamentare europea si è sempre occupata, fra le altre cose, di diritti delle donne e violenza di genere. Quali saranno gli impegni delle istituzioni europee per favorire sempre più l’empowerment femminile nei Paesi dell’Unione?
«Molto è già contenuto nel Next Generation. Non bastano mai gli sforzi su questo tema, non sono mai sufficienti, ma dobbiamo saperlo: sarebbe tanto, ma davvero, “mettere a terra” i vari piani nazionali, a partire dal nostro PNRR, così come sono stati concepiti dai vari governi in accordo con la Commissione e con il Parlamento europeo. E dobbiamo essere più chiari, netti, decisi sulla violenza di genere e sull’applicazione della Convenzione di Istanbul. Empowerment femminile non significa solo ruolo nell’economia, pur essendo fondamentale. Ma significa ruolo nella società nel suo complesso. Non è possibile accettare ancora ritardi della Commissione e del Consiglio sulla definizione di violenza di genere quale reato riconosciuto uniformemente in tutta Europa, solo per fare un esempio. Su questo sarò inflessibile».
La sua elezione e quella del quarantenne Nicola Irto a segretario regionale del Pd in Calabria potrebbero segnare un piccolo segnale di svolta nel rigenerare il Partito Democratico soprattutto al sud. Quanto è importante anche per il rilancio del Mezzogiorno un cambio generazionale nella classe dirigente dem del sud?
«È la vera sfida che ha il Pd con tutto il fronte progressista. Mi faccia aggiungere che è la vera sfida che ha tutto il Mezzogiorno dinanzi a sé, al di là delle parti politiche, e che andrà di pari passo con la realizzazione degli investimenti e le riforme previste dal PNRR. Sono convinta che il Pd farà la sua parte. Guardi, Letta non è uomo di avanspettacolo, non declama rivoluzioni ai quattro venti: è uomo che giorno per giorno sta lavorando affinché ciò avvenga senza strappi e senza pause. L’elezione di Nicola a segretario ne è un esempio, ma lo sono anche le ultime elezioni amministrative che hanno segnato l’inizio di nuova stagione anche negli enti locali».
In queste settimane abbiamo assistito tutti ad un ricordo triste, commosso e assolutamente sincero del Presidente Sassoli. Possiamo chiederle un suo ricordo?
«David era una guida politica, un collega generoso e attento ma era soprattutto un carissimo amico. I ricordi sono tantissimi e non potrebbe essere altrimenti: le giornate spesso finivano con una cena o davanti a una birra. Ecco, su tutto, scelgo di ricordare la sua grande attenzione per le persone. Per ciascuna persona. Dai senzatetto al collega che aveva bisogno di un consiglio, David c’era. Sempre e per tutti».
Attribuzione delle deleghe. Quale spera di avere. E perché?
«In questi casi non si esprimono desideri, dipende molto dagli equilibri delle forze parlamentari che vanno sempre rispettati. Non mi nascondo dietro un dito però, troverei coerenti quelle sulle quali il mio impegno è risultato costante nel tempo, quelle su cui si è formata la mia esperienza di donna nelle istituzioni e nella politica, a partire dai temi di politica estera, del Mediterraneo e dei diritti umani».
La nostra testata si è fatta promotrice della proposta di intitolare l’aula di Strasburgo al compianto David Sassoli. Pensa sia un’istanza percorribile?
«Mi sembra una splendida idea! E certamente lavoreremo per renderla realtà».