Esteri

Il caso della Georgia, una dimostrazione di debolezza dell’Unione europea

18
Maggio 2024
Di Gianni Pittella

La scorsa settimana, la Georgia ha approvato in via definitiva una controversa legge sugli “agenti stranieri” che obbliga ONG e media indipendenti che ricevono oltre il 20% dei finanziamenti dall’estero a registrarsi come “organizzazioni portatrici degli interessi di una potenza straniera”. Questo provvedimento, simile a una legge russa in vigore dal 2012, è stato fortemente criticato dalle opposizioni e dalla società civile georgiana perché potrebbe limitare le libertà democratiche e allontanare il Paese dall’Unione Europea. La legge ha scatenato settimane di proteste di massa a Tbilisi, con migliaia di manifestanti che hanno sfondato le barricate intorno al Parlamento. La polizia ha risposto con idranti e cariche per disperdere la folla. Anche gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione, affermando che la legge va contro i valori democratici e minacciando di rivedere i rapporti con la Georgia se dovesse essere approvata definitivamente. Il Presidente georgiano Salome Zourabichvili ha posto il veto sulla legge, ma il Parlamento potrebbe annullare il suo veto con un’ulteriore votazione. Il Primo Ministro georgiano ha avvertito che, se la legge non passasse, la Georgia potrebbe condividere il destino dell’Ucraina.

Questo episodio non va sottovalutato, perché dimostra, ancora una volta, la difficoltà dell’Unione europea nel gestire una situazione complessa nel proprio vicinato, a maggior ragione se tali fatti avvengono a ridosso delle elezioni europee. In un momento in cui la situazione in Ucraina sta diventando critica per la resistenza e l’asse tra Russia e Cina diventa sempre più forte, è evidente come l’approccio tradizionale dell’Unione europea verso i paesi confinanti, con la prospettiva di entrare nell’UE, sia diventato completamente obsoleto. Infatti, la promessa di un ingresso nella famiglia europea previa approvazione di riforme, anche impopolari, diventa sempre meno appetibile a fronte delle lusinghe di uno schieramento ormai rivale, che promette aiuti economici e alleanze strategiche senza la necessità di adeguarsi ad assetti istituzionali, prassi e valori dell’Occidente liberale.

Occorre quindi un totale cambio di paradigma, abbandonando la presunzione che basti il cosiddetto “potere normativo” dell’Europa per avvicinare a sé gli altri paesi e riflettendo su quale sia l’immagine che essa vuole dare di sé nel mondo, con un occhio non solamente al vicinato, ma anche all’Africa.

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