Con le elezioni europee alle porte è giunto il momento di stendere un bilancio dei cinque anni di legislatura europea appena trascorsi. Si tratta di una legislatura che ha affrontato tempi straordinari, che, da un lato, hanno costretto i leader europei a prendere decisioni coraggiose e lungimiranti, dall’altro, hanno fatto emergere la persistente incapacità dell’Europa di agire in un contesto globale.
I due temi più affrontati dal Parlamento europeo e dalla Commissione sono stati, in senso lato, la transizione verde e digitale. Per quanto riguarda le politiche per l’ambiente, la strategia senza dubbio più impattante, e che ha attirato su di sé critiche feroci, è il Green New Deal. Le politiche verdi dell’Unione degli ultimi cinque anni hanno riguardato aspetti diversi, tra cui la neutralità climatica, le politiche energetiche a sostegno delle energie rinnovabili (e, in una seconda fase della legislatura anche il nucleare), l’economia circolare (si pensi alle iniziative di riciclo e riuso e quelle volte a evitare gli sprechi), la lotta alla deforestazione e la protezione della biodiversità.
Dal punto di vista digitale, gli atti più rilevanti sono stati il digital markets act e il digital services act. Questi due atti hanno affrontato aspetti cruciali come le pratiche delle grandi aziende tecnologiche, la promozione della concorrenza, la tutela dei consumatori, la sicurezza dello spazio digitale, il bando degli AD targeted sui minori, la moderazione dei contenuti. Sulla fine della legislatura si è aggiunto anche l’AI act, la prima normativa a livello internazionale che regola l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Questa legislatura ha visto anche importanti progressi sul versante della governance economica, come chi legge questi articoli sa bene, dall’approvazione del next generation EU alla riforma delle regole europee di bilancio. Meno rilevanti sono state, invece, le iniziative di riforma istituzionale, con la conferenza sul futuro dell’Europa, i cui esiti sono ancora avvolti da un manto di incertezza, e la mancata applicazione del sistema degli Spitzenkandidaten.
Dal punto di vista della leadership, la Commissione europea sotto Ursula von der Leyen è stata sicuramente più riconosciuta e percepita da parte dei cittadini europei rispetto alle commissioni precedenti. Tuttavia, l’immagine della Commissione è uscita sfocata dai recenti scandali Pfizergate e Piepergate. Meno positive sono state le immagini del Consiglio europeo, Charles Michel, e della BCE, Christine Lagarde, entrambe poco apprezzate sia dagli addetti ai lavori che dall’opinione pubblica. Resterà, invece, sempre indimenticata la figura di David Sassoli.